di Roberto Sommella

 

Fatta la legge, trovato l’inganno. Vale per la riduzione degli stipendi dei parlamentari come per la scure sui doppi incarichi nel cda di banche e assicurazioni. Lo sconcerto dilagato da Mediobanca in giù per la norma inserita in manovra (e subito operativa) che vieta i doppi incarichi negli organi di gestione e sorveglianza delle aziende bancarie e assicurative a chi rappresenta contemporaneamente imprese concorrenti ha provocato un primo risultato: il Parlamento sta meditando di concedere più tempo al gotha della finanza italiana prima che cali la scure su tanti nomi noti del salotto buono.

Con un emendamento alla manovra presentato dai relatori, che dovrà essere approvato definitivamente nei prossimi giorni dall’aula della Camera, viene stabilito che gli istituti di credito e assicurativi avranno 120 giorni di tempo per far decidere ai consiglieri interessati per quale azienda rimanere in carica negli organi di controllo. La norma originaria, già entrata in vigore con il decreto salva-Italia, prevedeva tout court il divieto per tutti i titolari di cariche di rappresentare nei consigli d’amministrazione, in quelli di gestione e nei collegi sindacali (compreso il patto di sindacato) sia gli interessi dell’azienda A che quelli di una concorrente B. In futuro, se passerà l’emendamento della maggioranza che sostiene il governo Monti, che evidentemente è espressione di una forte opera di lobby da parte degli interessati, i «titolari di cariche incompatibili» dovranno optare, entro 90 giorni dalla nomina, per l’una o l’altra impresa bancaria ed assicurativa, pena la decadenza dagli incarichi. In particolare, viene stabilito che la decadenza dalle cariche verrà dichiarata dalla Banca d’Italia, dalla Consob o dall’Isvap (a seconda che siano banche, assicurazioni o sgr), una volta decorsi inutilmente i 90 giorni di tempo necessari alla scelta o comunque in presenza «dell’inosservanza del divieto». Ma lo stop ai big della finanza è stato ulteriormente ammorbidito dal successivo comma dell’emendamento dei relatori Pierpaolo Baretta (Pd) e Maurizio Leo (Pdl): «In sede di prima applicazione», si legge ancora nella proposta di modifica alla norma taglia-poltrone, «il termine per esercitare l’opzione è di 120 giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente legge (si tratta della conversione in legge del decreto, ndr)».

È evidente che questo cambio di prospettiva può far tirare un bel sospiro di sollievo in strutture come Mediobanca, in cui il doppio incarico, per via degli intrecci azionari anche un po’ incestuosi, è molto diffuso, tanto che i vertici di Piazzetta Cuccia hanno chiesto espressamente un parere alla Banca d’Italia. I numeri del terremoto che si abbatterebbe sui salotti della finanza senza la sordina Baretta-Leo sono lì a confermare quanto grande possa essere la soddisfazione di avere più tempo. Sono infatti 119 i big di banche e assicurazioni che rischiano di dover lasciare almeno un posto per ricoprire solo quello dell’azienda di provenienza. Secondo le ultime rilevazioni dell’Antitrust del 2010, al lordo degli ultimi cambiamenti, si tratta di 16 soggetti inGenerali (su 113 presenti in totale negli organi di governance), 15 in Premafin (su 94), 14 in Intesa Sanpaolo (su 69), 14 in Mediobanca (su 69), 14 in Ubi (su 106), 13 inUnicredit (su 89), 10 in Reale Mutua (su 18), 10 in Bpm (su 87). Parlare di ecatombe della doppia poltrona era quasi un eufemismo. A rischiare la doppia poltrona sono personaggi del calibro di Dieter Rampl, Fabrizio Palenzona, Ennio Doris e Carlo Pesenti, che siedono nel consiglio d’amministrazione di Mediobanca e che dovrebbero lasciare il posto forse già il prossimo 19 dicembre perché espressione di società concorrenti di Piazzetta Cuccia. È a rischio anche un altro santone della finanza italiana come Giovanni Bazoli, che oltre che presidente del consiglio di sorveglianza diIntesa Sanpaolo è anche consigliere di Ubi e Mittel. (riproduzione riservata)