di Romano Sacchi e Nicola Biscaglia*

Le alluvioni in Sicilia, Liguria e Toscana hanno riaperto il dibattito su prevenzione, gestione del territorio, tutela del patrimonio e preservazione delle strutture economiche. Per questi ultimi eventi si parla di centinaia di milioni di euro di danni, ma è ancora forte il ricordo dell’alluvione in Veneto (circa 1 miliardo di danni, la metà dovuta ai redditi perduti) e del terremoto dell’Aquila (14 miliardi). L’Italia è tra i pochi Paesi avanzati privo di una legge sulla copertura dei danni da catastrofi naturali. Lo Stato ricorre a decreti di urgenza ogni volta che si verifica una calamità, generando costi troppo alti senza assicurare servizi adeguati ai cittadini che attendono rimborsi non sempre proporzionali ai danni subiti, siano essi agli immobili o alla capacità di produrre reddito. È possibile stimare il valore totale del patrimonio immobiliare italiano in circa 4.000 miliardi di euro e in 22 milioni gli italiani che vivono in territori a rischio sismico. È un’evidente forte esposizione ai rischi catastrofali in un contesto economico in cui lo Stato ha evidenti difficoltà nel reperire e allocare risorse. Il danno medio annuo al patrimonio abitativo da eventi sismici e alluvionali è stimato in circa 2,8 miliardi. Inoltre, secondo un recente studio dell’Ania i danni annuali da sisma e alluvioni possono anche arrivare a 34,2 miliardi.

Alla luce di tali cifre è opportuno, dati i problemi della finanza pubblica, riflettere su come mettere la popolazione al riparo da rischi futuri. In Italia l’assicurazione delle abitazioni civili sulle catastrofi naturali stenta a decollare per carenze sia di domanda che di offerta.

Per quanto riguarda la domanda, i finanziamenti erogati a seguito di queste calamità hanno indotto i cittadini a ritenere, sbagliando, di aver diritto a un risarcimento causando una scarsa propensione ad assicurarsi. Inoltre, la sensibilità al tema è concentrata nelle aree a più alto rischio cosicché la scarsa domanda è altamente antiselezionata. Tuttavia, da una recente indagine del Cineas si evince come il 54% del campione intervistato si dichiari propenso a sottoscrivere una polizza sulla casa contro le calamità. Tale percentuale, se lo Stato prevedesse sgravi fiscali sui premi pagati, potrebbe crescere fino al 72%. Quanto all’offerta, è molto significativo lo sforzo necessario a far sì che aumenti la propensione dei cittadini verso questo tipo di copertura assicurativa. Riteniamo, quindi, indispensabile che parte dei costi sia distribuita tra le aree più a rischio e quelle a minor rischio e un’altra parte sia adeguata alla qualità del rischio. In questo quadro l’obbligatorietà (o semiobbligatorietà) di sottoscrizione di polizze contro i rischi catastrofali garantirebbe la possibilità di mutualizzarne il costo, mentre la possibilità in capo al cittadino/impresa di defiscalizzarne i premi assicurativi fungerebbe da volano a una rapida diffusione del prodotto.

L’esperienza europea è confortante. In Francia e Spagna sono in vigore da molti anni regimi semiobbligatori nonostante questi siano territori meno esposti dell’Italia alle catastrofi naturali, soprattutto a quelle di natura sismica, idrogeologica e legate all’abusivismo edilizio.

Va notato che se si volesse assicurare contro i rischi sismico e alluvionale tutto il patrimonio abitativo italiano al valore di ricostruzione la capacità necessaria ad avere un sistema sicuro al 99,95% sarebbe di circa 47,3 miliardi di euro. A puro titolo di esempio si consideri che oggi nel mercato assicurativo italiano danni il margine di solvibilità è circa 19 miliardi, cioè 2,85 volte il minimo richiesto dalla legge, anche se le compagnie stanno affrontando l’introduzione dei nuovi requisiti patrimoniali Solvency II. A tale cifra va aggiunta la capacità dei riassicuratori internazionali di assicurare questo tipo di rischio in Italia.

In conclusione, data la rischiosità del territorio italiano e la conseguente necessità di disporre di ingenti capitali, un sistema misto con la partecipazione dello Stato e delle assicurazioni private sembra una soluzione fattibile in tempi ragionevoli. Si possono sviluppare sistemi assicurativi sia con prezzi proporzionali al rischio territoriale, e quindi anche molto diversi da luogo a luogo, che con prezzi uniformi sul territorio. In quest’ultimo caso vanno istituiti fondi perequativi garantiti dallo Stato o consorzi assicurativi. Anche prezzi diversi per modalità costruttive e misure di prevenzione possono essere forti incentivi all’adozione di misure virtuose. In tale sistema le assicurazioni giocano un ruolo primario per la capacità di assumere rischi e gestire contratti. (riproduzione riservata)

*partner di Deloitte