I mercati festeggiano per il segnale di sostegno alla liquidità Ma per gli esperti la mossa di ieri non è decisiva e deve essere ora confermata da nuovi interventi della Bce per banche e Stati 

di Francesco Ninfole

Le sei maggiori banche centrali mondiali intervengono in sostegno della liquidità per le banche, soprattutto riguardo ai finanziamenti in dollari. Gli istituti europei potranno ora pagare tassi più bassi e fornire minori titoli in garanzia alla Bce per ottenere prestiti nella valuta Usa.

In questo modo sarà più semplice fronteggiare la riduzione dei prestiti verso l’Eurozona da parte degli investitori americani. La notizia è stata accolta dai mercati con entusiasmo: le borse sono schizzate al rialzo (Milano +4,4%) e i titoli bancari sono stati tra quelli con i maggiori guadagni (+4,35% l’indice europeo). Tutte le valute si sono ieri apprezzate nei confronti del dollaro: l’euro è salito oltre quota 1,34.

Gli analisti concordano nel ritenere la mossa non decisiva per il settore bancario dell’Eurozona, ma nello stesso tempo interpretano l’intervento come un segnale rassicurante sul supporto delle banche centrali alla liquidità del sistema finanziario. Gli occhi nei prossimi giorni resteranno puntati sulla Bce, che potrebbe estendere il sostegno alla liquidità con un nuovo taglio dei tassi di interesse e attraverso l’allungamento dei rifinanziamenti fino a 2-3 anni, sempre in attesa di una svolta sugli acquisti di titoli sovrani.

L’accordo di ieri è stato comunicato congiuntamente dalla Bce, dalla Fed e dalle banche centrali di Inghilterra, Giappone, Canada e Svizzera.

L’intesa prevede scambi di moneta tra gli istituti centrali, in modo che su tutti i mercati sia garantita liquidità sufficiente in ognuna delle sei valute, anche se al momento è stato precisato che c’è bisogno soltanto di dollari. Perciò molti osservatori hanno sottolineato il ruolo decisivo della Fed, il cui organo direttivo non ha tuttavia approvato la decisione all’unanimità.

Proprio riguardo alla moneta Usa, la Bce e altre banche centrali hanno ridotto il costo delle operazioni in dollari da 100 a 50 punti base oltre il tasso Ois (che ieri era vicino allo 0,1%): in sostanza, se ci fosse stata ieri un’asta, le banche avrebbero pagato circa lo 0,6% invece del precedente 1,1%. Il nuovo tasso sarà adottato nelle operazioni Bce in dollari, che hanno scadenza a una settimana e a tre mesi, a partire dal 5 dicembre fino al febbraio 2013. E questa non è l’unica novità. Il margine iniziale per le operazioni a tre mesi in dollari sarà ridotto dal 20 al 12%: ovvero le banche dovranno dare titoli in garanzia per 112 dollari (invece di 120) per ogni 100 dollari presi in prestito. Inoltre saranno effettuati aggiornamenti settimanali sul tasso di cambio.
Finora le aste Bce in dollari hanno avuto scarso successo: la partecipazione delle banche si è limitata a meno di 2 miliardi di dollari in tutto. Secondo gli operatori, ha pesato il meccanismo di segnalazione degli importi richiesti (diffusi pubblicamente dalla Bce, anche se solo in valore aggregato). Alcune banche avrebbero preferito scambi di valuta con altri istituti. La riduzione dei tassi dovrebbe ora spingere le banche a un maggior utilizzo dello sportello Bce e ridurre le tensioni sul finanziamento in dollari, che ha coinvolto soprattutto alcuni gruppi francesi, più legati al canale dei fondi monetari Usa. «Lo scopo dell’operazione è quello di allentare le tensioni sui mercati, limitando l’effetto sul credito in modo tale da sostenere l’economia», hanno precisato ieri le banche centrali, che sono tornate all’intervento coordinato, dopo quello del 2008 seguito al default di Lehman Brothers. Come allora, secondo Barclays, la Bce potrebbe ora decidere di accettare nei rifinanziamenti anche asset in altre valute. I mercati hanno festeggiato ieri per la mossa, ma ora gli esperti attendono nuove misure da Francoforte. «Le tensioni sul mercato interbancario dipendono da preoccupazioni sistemiche e la decisione delle banche centrali non ne elimina le cause ma ne allevia solo il problema», ha spiegato Anna Grimaldi, economista diIntesa Sanpaolo. «Le banche centrali hanno dimostrato di avere gli strumenti a disposizione per intervenire e arginare i danni, ma i problemi richiedono una soluzione a monte ben più complessa». E per la Bce questo vorrebbe dire innanzitutto un ruolo più esteso negli acquisti di titoli di Stato. (riproduzione riservata)