Nel 2024 il welfare in Italia ha assorbito 669,2 miliardi di euro, pari al 60,4% della spesa pubblica. All’interno del perimetro, la previdenza pesa il 16% del PIL, contro una media dell’Eurozona del 12,3%; al contrario, istruzione (3,9% del PIL) e politiche sociali (4,9% del PIL) restano sotto la media europea. Il tema è sviluppato nel corso del Forum “Welfare, Italia” dal titolo “Capitale Umano: la nuova leva della competitività nazionale”, iniziativa promossa da Unipol in collaborazione con TEHA Group e con il sostegno di un comitato scientifico composto da Veronica De Romanis, Giuseppe Curigliano, Giuseppe Guzzetti e Stefano Scarpetta.
In un contesto di finanza pubblica sfidante, di trasformazioni demografiche e tecnologiche e di crescenti divari sociali, il Rapporto richiama la necessità di una Strategia italiana per il Capitale Umano: una traiettoria sistemica che faccia del welfare non solo un presidio di protezione, ma anche un motore di produttività, crescita e coesione.
Il Rapporto evidenzia inoltre che tutte le componenti di spesa sono cresciute nel periodo 2019-2025: politiche sociali (+35,2%), previdenza (+25,3%), sanità (+24,8%) e istruzione (+21,1%). Le previsioni DEF 2025 indicano ulteriori aumenti nel breve termine, riconoscendo l’urgenza della riallocazione verso investimenti “ad alto moltiplicatore sociale”.
Demografia: nascite ai minimi, saldo naturale negativo e invecchiamento accelerato
Dopo oltre un secolo di crescita, dal 2014 la popolazione italiana diminuisce: -0,4% è il tasso medio annuo (2014-2024). Nel 2024 si registra un nuovo minimo storico di nascite (370mila), con un saldo naturale di -281mila. Le proiezioni demografiche indicano che, nello scenario mediano di Istat, la popolazione scenderà a 54,8 milioni nel 2050 e a 46,1 milioni nel 2080, con l’incidenza degli over-65 in aumento fino al 34,9%al 2050. Ciò implica minore base contributiva e maggior domanda di servizi sociali e sanitari: un motivo ulteriore per investire sul Capitale Umano come asse di sostenibilità.
Disuguaglianze: quasi un quarto degli italiani a rischio povertà o esclusione sociale
Nel 2024, il 23,1% della popolazione italiana risulta a rischio di povertà o esclusione sociale, uno dei valori più elevati in UE-27. Il dato nazionale nasconde eterogeneità significative: regioni con performance prossime ai migliori standard europei convivono con aree in cui la quota di popolazione vulnerabile è nettamente superiore. Queste asimmetrie riducono la mobilità sociale e frenano la piena valorizzazione del Capitale Umano del Paese, rafforzando l’urgenza di una Strategia nazionale che metta le persone al centro.
Capitale Umano: scuola, competenze, lavoro e attrazione dei talenti
Il Rapporto 2025 dedica il proprio focus alla Strategia italiana per il Capitale Umano, riconoscendo che la sostenibilità del welfare non dipende solo dalle risorse finanziarie, ma dalla capacità di generare e valorizzare competenze, produttività e partecipazione. Il Capitale Umano è al tempo stesso input del sistema economico – attraverso il lavoro, la conoscenza e l’innovazione – e beneficiario finale del welfare, in quanto cittadino, lavoratore, studente o pensionato.
Educazione e competenze. La spesa per istruzione in Italia è il 3,9%% del PIL (sotto la media dell’Eurozona pari a 4,6%), con una spesa per studente inferiore a quella dei principali Paesi europei. Persistono dispersione scolastica (9,8% dei 18-24enni, oltre 400mila giovani) e una quota di laureati 25-34 anni ancora bassa (31,6% vs una percentuale europea pari a 44,1%). Il Rapporto sollecita metodi formativi aggiornati (anche con AI-learning), valutazione esterna della qualità, rifunzionalizzazione delle infrastrutture scolastiche (aperture estese, servizi alla comunità) e un orientamento più efficace nelle transizioni. In parallelo, promuove life-long learning e certificazione delle competenze per allineare profili e fabbisogni.
Mercato del lavoro e inclusione. La disoccupazione giovanile è al 19,3%; l’occupazione femminile in Italia (pari al 57,4%) rimane sotto la media UE di oltre 13 punti (70,8%); il Paese registra una fuga di laureati(oltre 49mila nel 2024) con un costo stimato 6,9 miliardi di euro l’anno. È necessario agire su occupazione giovanile, femminile e senior, riduzione dei divari retributivi, qualità del lavoro e benessere organizzativo, per trasformare istruzione e competenze in partecipazione effettiva e in produttività.
Attrazione e retention delle competenze. L’Italia è tra i Paesi UE con minor capacità di attrarre studenti universitari stranieri e presenta quote limitate di lavoratori immigrati ad alta qualifica. Servono incentivi mirati, internazionalizzazione di atenei e ricerca, percorsi di carriera competitivi e condizioni abilitanti per trattenere e attirare Capitale Umano ad alto valore aggiunto.
Prevenzione e invecchiamento attivo: salute come investimento ad alto ritorno per persone e sistemi
La prevenzione è una leva cruciale per la sostenibilità del welfare: riduce i costi sistemici, migliora gli esiti di salute e consente alle persone di esprimere appieno il proprio potenziale lungo tutto l’arco della vita. Evidenze internazionali stimano fino a 14 euro di ritorno per ogni euro investito in sanità preventiva. Nonostante ciò, nel 2024 solo il 5,6% della spesa sanitaria pubblica è stato destinato alla prevenzione (7,7 miliardi su 137,4). Il Rapporto invita a potenziare screening, vaccinazioni, accesso tempestivo a terapie innovative, sviluppare percorsi di invecchiamento attivo e favorire modelli organizzativi e tecnologici che supportino la continuità della cura.
L’impatto attivabile con la Strategia italiana per il Capitale Umano:
Secondo le stime del Think Tank, allineando l’Italia ai benchmark europei su occupazione giovanile, femminile, stranieri, partecipazione 60-69enni, si può attivare un incremento occupazionale di circa 2,8 milioni di unità e una crescita del PIL fino a 226 miliardi di euro, pari a +10,6% rispetto ai livelli attuali. L’obiettivo è un welfare sostenibile, inclusivo ed equo, fondato su Capitale Umano e prevenzione, in grado di unire crescita economica e coesione sociale e di sostenere la competitività di lungo periodo del Paese.
Nel 2025 aumenta la divisione tra Nord, Centro e Sud nella capacità di risposta dei sistemi di welfare regionali
Nel 2020 il Think Tank “Welfare, Italia” ha messo a punto uno strumento di monitoraggio, basato su 22 KPI (Key Performance Indicator), che valuta, all’interno di un indicatore sintetico, sia aspetti legati alla spesa in welfare sia aspetti legati ai risultati che questa spesa produce. In questi termini, l’indicatore sintetico, che prende in considerazione gli ambiti di politiche sociali, sanità, previdenza e formazione, consente di identificare a livello regionale i punti di forza e le aree di criticità in cui è necessario intervenire.
Nel Welfare Italia Index 2025, l’amministrazione territoriale con il punteggio più elevato è la P.A. di Trento (83,8 punti), dalla P.A. di Bolzano (80,4 punti) e dal Friuli-Venezia Giulia (78,3). Dal lato opposto del ranking, si posizionano la Campania (62,0 punti), la Basilicata (60,7 punti) e la Calabria (60,2 punti). L’edizione 2025, rispetto ai dati 2024, segnala una costante polarizzazione nella capacità di risposta del sistema di welfare delle Regioni italiane. Il divario tra Regione best e worst è infatti pari a 23,6 punti (in aumento di 1,9 punti rispetto all’edizione precedente).
La classifica completa del Welfare Italia Index 2025:

