Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Il made in Italy, fiore all’occhiello del sistema imprenditoriale italiano, si conferma anche un motore trainante per la crescita. A darne prova è la solidità delle imprese dal punto di vista patrimoniale e creditizio. Parliamo, cioè, di aziende attive nei settori agroalimentare, sistema moda, arredo e design, automazione e meccanica, mezzi di trasporto (inclusi automotive e nautica) e farmaceutica. Rappresentano appena il 7,8% delle società di capitali italiane (sono circa 76.000), ma da sole generano oltre 200 miliardi di euro di export (il 47,2% dell’export nazionale), impiegando 1,8 milioni di addetti. Inoltre, le imprese del made in Italy “sicure”, ossia in grado di tener fede ai pagamenti, senza correre il pericolo di default, sono passate in dieci anni dal 14,4% al 35,7%, mentre quelle “a rischio” sono scese dall’8,6% al 6,1%. Ma è anche vero che circa una azienda su 4 del made in Italy (contro una azienda su 5 della media nazionale) è esposta a eventi estremi e dovrà affrontare investimenti importanti per gestire la transizione ecologica. Lo scenario è quello delineato dallo studio “Made in Italy Monitor 2025”, realizzato da Cerved e costruito grazie alle informazioni contenute in tutte le banche dati del gruppo, inclusi i bilanci depositati tra il 2014 e il 2023 dalle società di capitali italiane (escludendo il settore bancario e assicurativo).
Più responsabilità per le società capogruppo e più gradualità per le grandi imprese già obbligate alla rendicontazione di sostenibilità. Il quadro europeo dell’Esg cambia ancora volto con due atti pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 10 novembre 2025: da un lato la rettifica alla direttiva (Ue) 2024/1760, che rafforza gli obblighi delle capogruppo lungo l’intera catena del valore; dall’altro il Regolamento (Ue) 2025/1416, il cosiddetto “quick fix” alla Csrd (Corporate sustainability reporting directive), che concede fino a tre anni di rinvio per l’applicazione degli standard Esrs più complessi alle grandi imprese con oltre 750 dipendenti, già obbligate a rendicontare dal 2025 ai sensi della Csrd. Ma le novità non si fermano qui. Il 13 novembre il Parlamento europeo ha espresso la sua posizione sulla riduzione degli obblighi di rendicontazione e della due diligence per le imprese: il reporting sarebbe richiesto solo alle aziende con oltre 1.750 dipendenti e 450 milioni di fatturato, mentre gli obblighi di due diligence si applicherebbero soltanto ai gruppi con più di 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di ricavi. La proposta elimina inoltre l’obbligo del piano di transizione climatica e introduce un portale digitale unico con modelli e linee guida gratuite. Un altro tassello rilevante nel percorso di revisione e semplificazione del quadro normativo europeo sulla sostenibilità.
Impennata dei risarcimenti dei danni non patrimoniali causati dalle violazioni della privacy. Raggiungono, ormai, anche decine di migliaia di euro. È questo l’orientamento che sta prendendo piede presso i tribunali europei: per esempio, a un lavoratore videosorvegliato sono stati accordati 15 mila euro di indennizzo dei danni non patrimoniali e a una persona indicata falsamente come cattiva pagatrice sono stati riconosciuti, allo stesso titolo, 2.500 euro. Non si tratta, quindi, ormai più solo di qualche centinaia di euro. Questa impostazione segna, dunque, il passaggio a una nuova fase di applicazione del regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr), nella quale gli interessati non si rivolgono solo ai Garanti della privacy, ma chiedono ai tribunali di monetizzare i pregiudizi patiti in conseguenza di trasgressioni al Gdpr da parte delle imprese. Lo stesso, peraltro, potrebbe accadere nei confronti delle pubbliche amministrazioni
Nel risarcimento del danno patrimoniale da inadempimento di un’obbligazione risulta comunque soggetto all’imposizione fiscale il mancato guadagno costituito dalla perdita dei redditi che sarebbero stati invece percepiti dal creditore se il debitore avesse adempiuto correttamente la sua prestazione. E dunque, nel quantificare l’importo che il professionista inadempiente deve all’impresa a titolo di lucro cessante, il giudice del merito deve sempre tenere conto dei tributi che sarebbero stati pagati dall’azienda, come l’Ires e l’Irap, per determinare l’entità effettiva della somma dovuta, a meno che non sia la società danneggiata a dimostrare l’esenzione di quei redditi. Così la Corte di cassazione civile, sez. seconda, nell’ordinanza n. 28718 del 30/10/2025
Milano di nuovo al top per la qualità della vita in Italia, seguita dalle province di Bolzano e Bologna, rispettivamente al 2° e 3° posto della Classifica sulla Qualità della vita di ItaliaOggi-Ital Communications, in collaborazione con l’Università la Sapienza di Roma, giunta alla 27ª edizione. Seguono Firenze, con un balzo dall’8° al 4° posto, Monza e della Brianza (5°), Trento (6°), Padova (7°), Verona (8°), Parma (9°) e Reggio Emilia (10°). In coda troviamo province del Sud quali Caltanissetta (di nuovo ultima), Crotone (106ª), Reggio Calabria (105ª), Foggia (104ª), Agrigento (103ª), Siracusa (102ª), Taranto (101ª), Catania (100ª), Palermo (99ª) e Napoli (98ª). Dall’Indagine emergono tendenze già registrate negli anni precedenti, soprattutto dopo la pandemia: una maggiore resilienza del Centro Nord rispetto al Meridione; una maggiore presenza di aree di disagio sociale o personale al Sud; una marcata ripresa, negli ultimi 4 anni, prevalentemente nelle province e metropoli del Centro Nord. Anche nel 2025 la qualità della vita in Italia ha subito un peggioramento, seppur lieve: la vivibilità è buona o accettabile in 60 province su 107 (l’anno scorso erano 62), ed è scarsa o insufficiente in 47 province. Ascoli Piceno apre la classifica della dimensione relativa a reati e sicurezza, scalando dieci posizioni rispetto allo scorso anno. Seguono nell’ordine Oristano, Potenza, Matera e Treviso. Le province comprese nel gruppo di testa sono 33 come lo scorso anno, con l’ormai consolidata nutrita presenza di outsider, fenomeno che potrebbe essere spiegato agevolmente, soprattutto con riferimento alle province medio-piccole.
Nel caso di danni da infiltrazione di acqua proveniente dalla terrazza sovrastante, sia essa comune o di proprietà e/o uso esclusivo, il condòmino titolare dell’immobile danneggiato è tenuto a contribuire alle spese necessarie per la riparazione del bene, nonché a quelle dovute per i danni in tal modo cagionati. Quest’ultimo dovrà quindi contribuire pro quota, nella misura di due terzi, insieme a tutti gli altri condòmini i cui locali si trovano a essere coperti dal lastrico solare, che in questi casi svolge funzioni analoghe a quelle del tetto. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la recente ordinanza n. 28528 dello scorso 28 ottobre 2025, fornendo un vero e proprio vademecum per il risarcimento del danno dovuto all’entrata di acqua nelle unità immobiliari comprese in un edificio condominiale, con particolare riferimento ai profili di corresponsabilità del soggetto danneggiato.

Virtuosi nella capacità di risparmio, non altrettanto attenti a proteggersi dagli imprevisti. È il profilo degli italiani che emerge mettendo insieme una serie di studi sul tema. È un paradosso strutturale che attraversa generazioni e territori e ci espone a rischi sociali ed economici di lungo periodo. Secondo il Financial Wellness Index, condotto da N26 con Advantere School of Management, il 40,5% degli italiani riesce a mettere da parte fino al 6% del proprio reddito mensile, una quota superiore alla media europea (38,8%). La Generazione X – tra i 45 e i 60 anni – è la più virtuosa: oltre un terzo accantona oltre il 20% del reddito. Ma solo l’11,2% riesce a superare quella soglia, e quasi la metà ammette che, in caso di una spesa imprevista pari a uno stipendio mensile, sarebbe costretta a ricorrere a un prestito o a un finanziamento. Un equilibrio fragile, che rivela quanto il risparmio sia ancora percepito più come accumulo che come strumento di protezione. L’Italia, dunque, è sottoassicurata.
Prevenire è la prima forma di cura. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la salute non è solo assenza di malattia, ma uno «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale». Eppure, gli indicatori italiani raccontano una realtà diversa: un adolescente su quattro è in sovrappeso se non obeso, il 15% dei giovani tra 18 e 24 anni pratica il cosiddetto binge drinking (consumo eccessivo e rapido di alcolici in un’unica occasione) e quasi un ragazzo su cinque non svolge attività fisica regolare. A questi comportamenti si sommano
nuove forme di vulnerabilità digitale, come la “cybercondria”: otto italiani su dieci cercano online la causa dei propri sintomi e spesso improvvisano diagnosi e rimedi, con il rischio di affidarsi a fake news sanitarie o influencer non qualificati. È in questa cornice che l’Associazione italiana tra le imprese di assicurazione per il tramite di Fondazione Ania, la onlus nata nel 2004 per promuovere la sicurezza e la cultura della protezione, ha deciso di ripartire dai giovani per rimettere la prevenzione al centro. Il progetto si chiama “Meglio Ora. La prevenzione è una sana abitudine” e rappresenta la nuova tappa del percorso per coniugare educazione civica, salute e cultura assicurativa
Il risparmio gestito sta cambiando volto. Dopo una lunga stagione di crescita alimentata da tassi bassi e fiducia nei mercati, negli ultimi anni hanno preso il sopravvento le soluzioni difensive. I conflitti armati, le tensioni commerciali e l’inflazione hanno spinto molti risparmiatori a privilegiare soluzioni a basso rischio e rendimento, mentre le Borse continuavano a crescere. «In ambito retail, va emergendo la figura dell’investitore che definiamo 0.0., più diffidente del passato e focalizzato sulla sicurezza immediata piuttosto che sulla crescita nel tempo», è l’analisi di Paolo Paschetta, equity partner e country head Italia di Pictet Asset Management. L’inversione di tendenza è visibile nei numeri: negli ultimi due anni la raccolta si è concentrata su prodotti obbligazionari e a capitale protetto, mentre la componente azionaria e multi-asset ha registrato un calo marcato. «Il cliente medio ha progressivamente ridotto l’esposizione alle strategie di lungo periodo, nonostante i risultati positivi dei mercati». Nel solo primo semestre del 2025, ricorda, in Italia la raccolta netta verso fondi obbligazionari ha superato i 20 miliardi di euro.

La comparazione dei dati forniti dal Dipartimento di Polizia Criminale del 2024 rispetto al 2023 (analizzati da Istat e dal Sole 24ore), confermano una tendenza in calo da tempo degli omicidi, ma in aumento i furti (3%), i reati legati agli stupefacenti (3,9%), le violenze sessuali (7,5%), le lesioni dolose (5,8%), le rapine (1,8%). Sono i reati che più influiscono sulla percezione di sicurezza dei cittadini. Le città dove i reati sono cresciuti di più sono: Roma, Firenze, Bologna, Torino. Sul primo semestre del 2025 a livello nazionale c’è invece una tendenza generale al calo (meno 4,9%), ad eccezione dei furti in esercizi commerciali. La situazione poi ovviamente cambia da provincia a provincia
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A spingere in alto il titolo del Leone sono stati due fatti importanti: il ridisegno della governance interna, con la creazione della figura del direttore generale, affidata a Giulio Terzariol, che diviene anche deputy ceo e i risultati della trimestrale al 30 settembre, sopra le attese degli analisti con 3,3 miliardi di utili netti nei nove mesi. La governance e il business. I problemi e la loro soluzione. Si chiude in questa positiva maniera la prima puntata del racconto delle Generali dopo il cambio di proprietà di Mediobanca, primo azionista del gruppo triestino con oltre il 13 per cento del capitale. Una doppia mossa che va nel segno del mercato, come testimonia il guadagno di Borsa e della volontà di smussare gli angoli. Una doppia mossa interamente ascrivibile alle capacità tattiche di Philippe Donnet, l’amministratore delegato della compagnia, che si è fatto interprete della nuova realtà venutasi a creare con l’opas di Mps su Piazzetta Cuccia.
Se sulle banche non ci sono dubbi, la strategicità del mondo assicurativo nel contesto di una competitività continentale tutta da ricreare, è al centro dell’intervento che Carlo Cimbri, presidente di Unipol Assicurazioni, terrà domani, martedì 18 novembre al Parlamento europeo dal titolo Fare assicurazione in Europa: competitività, sfide e prospettive. Con Cimbri parteciperanno all’incontro di Bruxelles Antonella Sberna e Pina Picierno, vicepresidenti del Parlamento europeo, Federica Favi, ambasciatore d’Italia presso il Regno del Belgio, Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Vincenzo Celeste, rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea e Stefano Genovese di Unipol. Invece, Matteo Laterza, amministratore delegato di Unipol, Ugo Bassi della Fisma, Lauro Panella del Gabinetto per i servizi finanziari e Luca Ferraris del Mef daranno vita a una discussione su Il settore assicurativo finanziario e i dossier europei.
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