Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
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Nel 2024, quasi 13.000 aziende quotate, pari al 91% della capitalizzazione di mercato globale, dichiarano di essere sostenibili. Solo due anni prima, nel 2022, erano circa 9.600. In questo breve arco di tempo, la rendicontazione ambientale e sociale è diventata la norma per gran parte del sistema finanziario globale. Ma dietro questa crescita si nasconde un paradosso. Mentre i report Esg si moltiplicano, gli investimenti reali nella transizione ecologica rallentano. Il settore energetico, pur tra i più trasparenti, ne è l’esempio più emblematico: dal 2015, dividendi e riacquisti di azioni sono triplicati, mentre gli investimenti in tecnologie pulite sono aumentati di appena il 5%. La sostenibilità, oggi, rischia di trasformarsi in un’operazione di immagine più che in una scelta industriale strutturale. È quanto emerge dal Global Corporate Sustainability Report 2025 dell’Ocse, che documenta una crescita importante nella trasparenza aziendale, segnale positivo di un maggiore riconoscimento dell’importanza dei fattori ambientali, sociali e di governance (Esg), ma avverte che il sistema è ancora lontano dalla maturità. La qualità delle informazioni rimane disomogenea, la comparabilità tra aziende e settori è spesso limitata e i dati forniti non sempre permettono di valutare l’efficacia delle strategie nel gestire i rischi legati alla sostenibilità. Si comunica di più, ma non necessariamente meglio.
Slogan ambientali genuini; comunicazioni esatte su durata, riparabilità dei prodotti e sugli aggiornamenti di software; etichette (conformi a modelli tipo) chiare ed esaustive sul periodo di garanzia dei beni: sono queste le novità proposte dallo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva Ue 2024/825, sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri del 5/11/2025.
Con il greenwashing non si può più fare i furbi. Una forma distorta di comunicazione o di marketing, che propone come ecosostenibili le proprie attività anche senza un reale fondamento, può infatti costare molto cara. Non solo perché, in Italia, l’autorità Garante della concorrenza e del mercato registra un numero crescente di segnalazioni contro questo tipo di truffe. Ma anche perché il Consiglio dei ministri del 5 novembre ha approvato una bozza di decreto legislativo attuativo della direttiva europea 2024/825 che inasprisce le sanzioni e detta regole più severe per contrastare il fenomeno.
Gli incidenti informatici sono sempre più frequenti: è il filo conduttore degli ultimi anni, che rivela una incapacità da parte di imprese ed enti pubblici a contenere i cyberattacchi. A parlare sono i numeri relativi al primo semestre dell’anno, in Italia e a livello globale, raccolti da Clusit, Associazione italiana per la sicurezza informatica, nella tredicesima edizione del rapporto. Nel mondo sono stati rilevati 2.755 incidenti (si tratta solo di quelli di pubblico dominio, con impatti significativi in termini economici, tecnologici, legali, reputazionali), in crescita del 36% rispetto agli ultimi sei mesi dello scorso anno. Si tratta di una media di 459 attacchi ogni mese (contro i 337 del II semestre 2024), in media oltre 15 ogni giorno, rispetto ai 9 del 2024. In Italia ci sono stati 280 incidenti noti (+13%), che rappresentano da soli il 75% degli eventi rilevati nel 2024. Il nostro Paese è tra le nazioni che più risultano incapaci di difendersi: nel primo semestre dell’anno, il 10,2% degli incidenti a livello mondiale si è infatti verificato in Italia, contro il 9,9% del 2024, confermando una impennata dal 3,4% del 2021 e dal 7,6% del 2022.
Amministratori di società e imprenditori devono masticare di cybersicurezza e investire sulla protezione informatica. Sulle loro spalle grava il peso dell’attuazione del dlgs 138/2024, che ha recepito la direttiva Ue 2022/2555 (nota come Nis2) e che impone a molti operatori economici una marea di obblighi. Non è, tuttavia, necessario cooptare nei Cda (consigli di amministrazione) tecnici esperti in sicurezza delle informazioni, anche se i componenti dei Cda, gli amministratori unici (Au) e i titolari delle imprese devono avere sufficienti competenze digitali. Se non alzano idonee barriere contro attacchi e incidenti informatici, i vertici aziendali, infatti, rischiano di pagare di tasca propria, sia a livello amministrativo (sanzioni dell’Acn, Agenzia per la cybersicurezza nazionale) sia a livello civile (revoca dalla carica, risarcimento dei danni a società, soci e creditori).
Polizze vita, sequestro coi paletti: è quanto emerge dalla sentenza della Cassazione, terza sezione penale, n. 34306 del 21 ottobre scorso, che ha affermato che i limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 c.p.c., si applicano anche nel processo penale alla confisca per equivalente e al sequestro ad essa finalizzato avente ad oggetto i capitali e le rendite derivanti dalla liquidazione della polizza di assicurazione sulla vita c.d. tradizionale, ovvero dell’indennizzo conseguente al verificarsi dell’evento, avendo gli stessi natura previdenziale e assistenziale. A diversa soluzione, invece, per la Suprema Corte deve pervenirsi nel caso di “riscatto” della polizza prima della scadenza, avendo l’assicurato conseguito il capitale investito (o una parte di esso) senza che si realizzasse la funzione principale di garantire un capitale o una rendita alla scadenza predeterminata e, quindi, la funzione assistenziale o previdenziale alla quale era destinato l’accumulo, in fase di esecuzione del contratto.
La pronta individuazione del ricorrere di una perdita e la remissione della decisione di copertura della stessa ai soci, unitamente alle informazioni necessarie per valutare compiutamente l’opportunità, rappresenta un dovere preciso del buon amministratore. Infatti, qualora la sua prolungata inerzia dovesse generare un peggioramento della situazione della società si può profilare ipotesi di responsabilità. Al riguardo, l’articolo 2394 c.c. prevede che gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale; tale azione, ovviamente, potrà essere proposta quando il patrimonio residuo dovesse rivelarsi insufficiente per il soddisfacimento dei loro crediti. È indubbio che ritardare il riscontro della situazione di perdita significa anche differire le possibili azioni di rimedio, con la conseguenza che la posizione societaria normalmente si deteriora; proprio tale peggioramento determina la zona di rischio dell’amministratore, in quanto direttamente imputabile (ove dimostrata) al ritardo con il quale ha sollecitato l’intervento a copertura.
l pagamento dei super-interessi scatta soltanto quando l’obbligazione dedotta in giudizio ha un carattere liquido o facilmente liquidabile. Il tasso moratorio maggiorato previsto all’articolo 1284, comma 4, c.c. non vale invece sul risarcimento dei danni per inadempimento di un’obbligazione diversa da quella pecuniaria, in quanto ha bisogno dell’intervento del giudice per essere quantificata. E dunque il “mega-saggio” si applica soltanto nei contenziosi su crediti per prezzo, canoni e corrispettivi determinati e non su danni da inadempimento in contratti d’opera, appalto, mandato e nei risarcimenti per mancata prestazione di fare o non fare. Pesa l’intento deflattivo, cioè disincentivare o comunque ridurre la durata delle cause civili, che ha ispirato il decreto-legge 12/9/2014 n. 132 nell’introdurre la norma sui super-interessi: questi ultimi corrispondono al tasso di riferimento della Banca centrale europea maggiorato di otto punti percentuali, variando ogni sei mesi (fino al 31 dicembre, quindi, il tasso ammonta al 10,15% annuo visto che il riferimento Bce è pari al 2,15%); soltanto se l’obbligazione è liquida il debitore può valutare i rischi economici connessi allo svolgimento del giudizio e, ad esempio, decidere invece di adempiere spontaneamente l’obbligazione. Così la Corte di cassazione civile, sez. prima, nell’ordinanza n. 28036 del 22/10/2025
Al turista spetta il risarcimento integrale della vacanza sconvolta da lavori di ristrutturazione dell’albergo, che lo ospita, senza abbattimenti per i servizi comunque goduti; il ritardo (di 3 ore o più) indennizzabile sui voli, di cui sia stato preannunciato il rinvio della partenza, si calcola sull’orario originario di arrivo; il cane nella stiva dell’aeroplano è un bagaglio e la perdita dell’animale è indennizzata forfettariamente; il colpo di fulmine sul velivolo giustifica il ritardo del volo per il tempo necessario ai controlli di sicurezza: sono queste alcune decisioni della Corte di giustizia dell’Ue (Cgue), che si è pronunciata in una serie di casi sui diritti dei turisti e dei passeggeri
L’intelligenza artificiale generativa sta invadendo il settore della sanità, permettendo a medici e strutture di creare documenti clinici, sintesi di cartelle, piani terapeutici personalizzati, contenuti formativi e persino simulazioni di scenari clinici complessi. Le applicazioni concrete possono generare protocolli clinici su misura, sintetizzare ciò che occorre realmente dalla infinta letteratura scientifica per supportare le decisioni mediche. Per non parlare dei modelli multimodali di grandi dimensioni (LMM), l’ultima frontiera dell’Intelligenza Artificiale Generativa, vale a dire la capacità di processare simultaneamente testo, immagini, audio e video, che li rende potenti alleati in ambito Healthcare & Life Sciences. Con quali effetti sulla tutela della privacy dei pazienti, della gestione di procedure complesse e, non da meno, della responsabilità dei medici?
Mettereste il vostro corpo nelle mani di un robot? Vi fareste fare una diagnosi dall’Intelligenza Artificiale? La recente legge in materia di intelligenza artificiale, entrata in vigore lo scorso 10 ottobre (legge 23 settembre 2025, n. 132), all’articolo 7, comma 3, non aiuta del tutto a risolvere il dubbio perché stabilisce solo che il paziente «ha diritto di essere informato sull’impiego di tecnologie di intelligenza artificiale». Insomma, il vostro medico dovrà richiedervi un «consenso informato» indicando espressamente se la sua diagnosi e la sua terapia si siano basate su algoritmi di IA. D’altronde, a richiedere questo adempimento è il regolamento Ue sull’Intelligenza Artificiale (c.d. “AI Act”), da cui discende la legge italiana, che classifica i sistemi di IA per diagnosi medica tra quelli «ad alto rischio», prevedendo obblighi rafforzati in termini di trasparenza, sorveglianza umana (“human in the loop”), gestione del rischio e controlli periodici sugli algoritmi. Sono previste sanzioni elevate per medici e strutture sanitarie in caso di non conformità
Il Tar Lombardia – Milano, Sezione V, con sentenza 21 ottobre 2025, n. 3054 ha respinto il ricorso di due genitori contro la bocciatura della figlia, ma la decisione è destinata a fare scuola per un altro motivo: l’uso improprio dell’intelligenza artificiale da parte del difensore. Il Tribunale ha segnalato la vicenda all’Ordine degli Avvocati di Milano, rilevando che il legale aveva citato nel ricorso sentenze reperite tramite strumenti di IA rivelatesi inesistenti o non pertinenti. Secondo il Collegio, l’uso di sistemi di intelligenza artificiale non può giustificare errori che inficiano l’attendibilità dell’atto processuale. Richiamando l’articolo 88 del Codice di procedura civile (dovere di lealtà e probità), applicabile anche al processo amministrativo ai sensi dell’articolo 39 del Codice del processo amministrativo, il TAR ha precisato che l’avvocato resta pienamente responsabile del contenuto dell’atto sottoscritto, anche se redatto con l’ausilio di collaboratori o di strumenti digitali. La sentenza chiarisce che la sottoscrizione dell’atto attribuisce al difensore la responsabilità degli esiti del documento e che la buona fede del legale non vale come esimente.
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La scorsa settimana il Monte dei Paschi di Siena ha visto accogliere la trimestrale al 30 settembre con un +5 per cento in Borsa. Il giorno prima, giovedì 6, la sua principale controllata, la neo acquisita Mediobanca, aveva chiuso a +2,39 per cento. Il progetto industriale di Luigi Lovaglio, amministratore delegato del Monte dei Paschi e la sua capacità di mettere a terra le idee, di trasformare un documento di Power Point in realtà, sembra ora piacere al mercato, anche a quegli analisti che fino a poche settimane fa non vedevano ratio industriale nel progetto del Monte. Qualche giorno fa, il report di una casa di investimento di uno dei maggiori gruppi finanziari europei, ha promosso le prospettive di Mps e, con il titolo sotto i 7,5 euro, ha fissato a 10,5 euro il target price dell’azione Mps. Ovvero, un bel +50%. Potenza del successo (altrui). Ora Mps, incassata la promozione, si mette alla finestra, con tutti i suoi azionisti. E guarda verso Trieste, dove mercoledì 12 si riunirà il consiglio di amministrazione delle Assicurazioni Generali, che è la prima partecipazione di Mediobanca.
Il gruppo bancario Iccrea Banca ha compiuto sei anni, essendo nato a giugno del 2019. Dopo la riforma indotta dal governo Renzi a metà del decennio scorso le banche di credito cooperativo hanno trovato una struttura di governance più solida e adatta ai tempi, con la creazione di due holding distinte che raggruppano tutte le banche cooperative e le casse rurali. Iccrea delle due holding che rappresentano questo mondo diffuso e cooperativo è la maggiore, al punto da posizionarsi al secondo posto in Italia per numero di sportelli, dietro solamente ad Intesa Sanpaolo e al quarto posto nella Penisola quanto a totale degli attivi.
Ha fondato Assiteca, che negli anni è diventato il primo broker assicurativo di proprietà italiana, dietro ai colossi stranieri Aon e Marsch. Poi, dopo aver guidato la sua creatura per più di quarant’anni, all’alba del 2022, Luciano Lucca ha ceduto alle offerte di un broker internazionale quale Howden e ha ceduto l’intero gruppo che era arrivato a quotarsi in Borsa, all’Aim di Milano. Oggi, nonostante il futuro sia stato messo al sicuro, Luciano Lucca, 78 anni, è tornato in pista con la sagacia che lo ha sempre contraddistinto e ha investito in LexCapital, società fondata da Giuseppe Farchione, che ne è l’amministratore delegato. LexCapital si occupa di giustizia predittiva. Un business nuovo, dice Farchione, che si basa sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale ma che «ha, nel nostro caso, la forza di una base di dati importante, unica in Italia», utiizzando modelli statistici, matematici e algoritmi di intelligenza artificiale. Il tutto realizza una vecchia idea di Farchione, ovvero il trattamento strategico del codice Nir, il numero di iscrizione a ruolo che, dice, «ha in sé genio, potere e magia». Qualsiasi deposito del fascicolo giudiziario deve essere infatti accompagnato, spiega Farchione, «da un numero identificativo, univoco, che classifica il giudizio in ordine di repertorio cronologico, nonché sulla base della fattispecie giuridica che lo riguarda. Il Nir, dunque, consente qualsiasi tipo di elaborazione quantitativa e statistica nonché comparazioni temporali e geografiche». E da qui si innestano le attività di giustizia predittiva lanciate da LexCapital, a cui poi si affiancano strumenti di servicing e di cartolarizzazione, come gli spv.

Solo un lavoratore autonomo su tre ha aderito a una forma di previdenza integrativa. Gli altri
due terzi rinviano, pur sapendo che la futura pensione pubblica o delle casse professionali non garantirà un reddito sufficiente. È quanto emerge da una ricerca Ipsos per Arca Fondi condotta su 1.500 autonomi tra i 25 e i 75 anni, con età media 51 anni, anzianità media 23 anni, 84% con partita Iva. Una popolazione che vive di redditi variabili, cicli di lavoro irregolari e margini di risparmio spesso incerti. La preoccupazione per il proprio futuro economico è diffusa: riguarda il 64% del campione. Il 31% associa al momento della pensione un
sentimento di insicurezza finanziaria. La quota sale al 73% tra i commercianti e al 72% nella fascia 35-44 anni, cioè nel pieno della vita lavorativa. Nonostante questo allarme, l’adesione alla previdenza complementare resta limitata. Il motivo più citato è l’insufficienza delle risorse per versamenti costanti.
Non sono banchieri né consulenti, ma le loro parole muovono interessi, opinioni e, sempre più spesso, soldi veri. Sono i finfluencer, gli influencer della finanza che spiegano investimenti, risparmio e mercati attraverso video e post sui social network. Figure nate dal basso, diventate in pochi anni protagoniste di un nuovo modo di raccontare l’economia. Secondo la più recente ricerca dell’Osservatorio fintech & insurtech del Politecnico di Milano,
il fenomeno in Italia è in piena espansione. L’università ne ha studiati 48, attivi su dieci piattaforme. TikTok è quella più in crescita, seguita da Instagram, ma la più seguita è al momento YouTube, con circa sei milioni di follower complessivi. Solo i primi quindici profili analizzati hanno pubblicato quasi 34 mila video, totalizzando oltre due miliardi di visualizzazioni.
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