di Leandro Giacobbi

Nell’ambito degli interventi in materia di sicurezza stradale per la revisione del codice della strada recentemente approvati dal Senato e, quindi, di prossima entrata in vigore, vi è l’art. 12 che disciplina le campagne di richiamo messe in atto dalle aziende costruttrici di veicoli e che, a nostro parere, non è stato sufficientemente menzionato nei commenti dei media successivi all’approvazione della normativa e che merita sicuramente un approfondimento.

Di fatto, l’art. 12 inserisce nel Codice della Strada il nuovo articolo 80-bis (Campagne di richiamo di sicurezza) che impone ai costruttori l’immediata adozione di adeguate misure correttive e di informazione in relazione alla totalità dei veicoli che hanno immesso sul mercato o hanno immatricolato o che sono entrati in circolazione nel territorio nazionale o dell’Unione europea, per i quali sia stata valutata la presenza di un rischio grave per la salute o la sicurezza delle persone.

Questo obbligo riguarda le seguenti categorie di veicoli:

  • i veicoli a motore con almeno quattro ruote utilizzati per il trasporto di passeggeri (categoria M);
  • i veicoli a motore con almeno quattro ruote utilizzati per il trasporto di merci (categoria N);
  • i rimorchi (categoria O);

applicando le disposizioni del Regolamento (UE) 2018/858 che mira a:

  • far crescere il livello di qualità e indipendenza per l’omologazione dei veicoli e le relative prove;
  • aumentare i controlli dei veicoli già presenti sul mercato dell’UE;
  • rafforzare il sistema generale con la supervisione dell’UE.

In ogni caso, seguendo la logica del Regolamento (UE) 2018/858, il nuovo articolo 80-bis impone al costruttore, dopo 24 mesi dall’avvio della campagna di richiamo per l’adozione di misure correttive, qualora riscontri che ad un veicolo non siano stati ancora apportati i necessari adeguamenti, l’obbligo di inserire i relativi dati nell’elenco telematico, che verrà istituito presso la Direzione Generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti e la navigazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e di provvedere al suo aggiornamento.

In particolare, al comma 4 dell’art. 80-bis il legislatore precisa che, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della nuova normativa, sarà emanato un provvedimento dove saranno disciplinate le modalità di accesso all’elenco telematico da parte degli operatori autorizzati e di consultazione da parte degli organi di polizia e degli utenti.

Per certi versi, il nuovo art. 80-bis del Codice della Strada è indubbiamente positivo perché va a sopperire ad un “vuoto” normativo, soprattutto dal punto di vista della comunicazione e della trasparenza; infatti, una volta realizzato l’elenco telematico, sarà possibile conoscere i veicoli che presentano ancora il difetto, oggetto della campagna di richiamo, passati due anni dall’inizio della campagna stessa. Con queste modalità vi sarà la possibilità di valutare il risultato della campagna di richiamo, in quanto una percentuale eccessivamente elevata di veicoli inseriti nell’elenco telematico costituirà la prova “certa” che le misure adottate dal costruttore non sono state idonee e/o sufficienti. Inoltre, nell’ambito dei processi di vendita dei veicoli, anche tra privati, il potenziale compratore potrà verificare se il difetto – noto per il modello che si vuole acquistare – sia stato effettivamente eliminato.

Cosa non convince del nuovo articolo 80-bis del Codice della Strada. Innanzitutto, la limitazione sulle categorie dei veicoli che è sicuramente collegata e dovuta alla “parallela” normativa UE, ma che, escludendo il settore dei motocicli, determina automaticamente un differente ed ingiustificato trattamento tra i clienti “4 ruote” da quelli “2 ruote”, se si pensa che il parco circolante dei motocicli in Italia supera i 7 milioni di pezzi.

Inoltre, una seconda riflessione critica è la misura sanzionatoria per le imprese costruttrici che omettono di adottare gli interventi correttivi, di informazione e di inserimento e aggiornamento dei dati nell’elenco telematico. Infatti, la sanzione amministrativa pecuniaria ammonta da euro 10.000 a euro 60.000 per ciascuna misura non adottata ed è palese che, confrontata con i fatturati delle aziende automobilistiche, sia veramente poca cosa, pressoché il nulla. Rammentiamo che il legislatore, quando vuole “colpire” il soggetto “forte” per la tutela del consumatore, ha già nel passato utilizzato delle pene pecuniarie molto elevate; si pensi alla sanzione prevista per l’elusione dell’obbligo a contrarre da parte delle imprese di assicurazione in materia di R.C.A. che, qualora sia attuata con riferimento a determinate zone territoriali o a singole categorie di assicurati,  ammonta da un minimo di 1.000.000 di euro ad un massimo di 5.000.000 di euro (art. 314 Codice delle Assicurazioni Private). Forse, ci sarebbe voluto maggiore coraggio, tenuto conto della delicatezza della materia, visto che la normativa richiede la presenza di un rischio grave per la salute o la sicurezza delle persone.

Terza perplessità è la sanzione pecuniaria amministrativa che l’art. 80-bis prevede per coloro che circolano con un veicolo presente nell’elenco telematico. Infatti, viene applicata la pena di cui all’articolo 80, comma 14, che è quella prevista qualora circoli un veicolo che non sia stato presentato alla prescritta revisione e che ammonta da euro 173 a euro 694. Il ragionamento del legislatore è che la circolazione, decorsi i 2 anni dall’inizio della campagna di richiamo con la conseguente iscrizione del veicolo nell’elenco telematico, sia dovuta ad un atteggiamento volutamente inadempiente del proprietario del veicolo stesso. Per la verità è attualmente in corso il più grande richiamo di sicurezza relativo al settore dell’automobile inerente al possibile rischio di esplosione incontrollata del sistema airbag, prodotto dal fornitore Takata. Ebbene, molti consumatori si sono lamentati per la carenza di vetture di cortesia, pertanto, non è detto che il mancato controllo sia sempre totalmente addebitabile al cliente finale. È ovvio che sia indispensabile per la sicurezza sociale prevedere una sanzione che stimoli il proprietario del veicolo ad attivarsi con la dovuta reattività, ma forse la norma poteva già prevedere un’alternativa per evitare il ricorso all’autorità giudiziaria competente per ottenere la cancellazione della sanzione.

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