Errore procedurale dei Ministeri, i tempi si allungano per l’entrata in vigore
Il parere del Consiglio di Stato non dice nulla sull’obbligo a contrarre
di Leandro Giacobbi
Il Consiglio di Stato (CdS) – Sezione Consultiva per gli Atti Normativi – in data 19 novembre 2024 si è espresso sullo schema di “Regolamento recante modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione dei rischi catastrofali ai sensi dell’art.1, comma 105, della legge 30 dicembre 2023, n. 213”, evidenziando l’esigenza di alcuni approfondimenti, funzionali alla sua attuazione pratica.
Innanzitutto, il CdS ha sollevato un problema di competenza perché l’allegato al Regolamento che disciplina la Convenzione con la società SACE in materia riassicurativa è di competenza della Prima Sezione consultiva del CdS, pertanto, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi ha trasmesso la documentazione alla Sezione Prima per l’esame della convenzione e della conseguente approvazione. La conseguenza diretta è che si avrà un ulteriore ritardo nell’entrata in vigore del Regolamento ed appare singolare che i Ministeri, che hanno richiesto il parere al CdS, abbiano sottovalutato questo aspetto procedurale.
Sui contenuti del Regolamento il primo punto affrontato è relativo all’obbligo per le imprese di “stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni” in esame, previsto dall’art. 1, comma 101, della legge di bilancio 2024, in quanto il CdS segnala che la disposizione transitoria di cui all’art. 11, comma 1, dello schema di regolamento, secondo la quale, “l’adeguamento alle previsioni di legge dei testi di polizza deve avvenire entro e non oltre 90 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto”, è tale da non rendere attuabile il richiamato obbligo di stipulare i contratti assicurativi a copertura dei danni entro il prefissato termine del 31 dicembre 2024. Si tratta di un problema squisitamente formale, in effetti, le date dalla legge di bilancio 2024 ed il testo del Regolamento “parlano” in modo differente, per cui occorrerà trovare una soluzione che non sembra di grande difficoltà.
Il secondo punto, molto sintetico, suggerisce “di valutare l’opportunità di individuare, nell’articolato in esame, anche le figure dotate di adeguate professionalità in tali settori, effettivamente capaci di assicurare la migliore valutazione dei danni prodotti da tali eventi”. Il suggerimento è certamente interessante, ma il suo accoglimento aprirebbe un “cantiere” incredibilmente complesso sull’accesso alle attività peritali in caso di catastrofi naturali che vedrebbe impegnate le differenti componenti del mercato assicurativo per mesi e mesi. È probabile che non se ne farà nulla, almeno nel breve periodo.
Il terzo punto riguarda una precisazione su cui grava l’obbligo assicurativo, in particolare, su fattispecie “ibride” per cui vengono indicate due fattispecie: l’affitto di azienda (articolo 2562 cod. civ.) e l’usufrutto di azienda (art. 2561 cod. civ.). È una segnalazione importante perché impone al legislatore di adeguare il Regolamento per dare certezza del diritto su situazione “nuove” che potrebbero palesarsi in futuro, evitando dei “vuoti” normativi.
Il quarto punto è veramente formale, dato che il CdS suggerisce di modificare l’espressione “azioni tumultuose” riportata all’art. 1, comma 3, lett. b) con quella più corretta di “tumulti”, in quanto è la terminologia adottata dall’art. 1912 cod. civ. onde evitare possibili dubbi interpretativi. Infatti, l’art. 1912. (Terremoto, guerra, insurrezione, tumulti popolari) recita: “Salvo patto contrario, l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da tumulti popolari”, per cui il CdS ritiene più opportuna l’espressione “tumulti popolari”.
Il quinto punto fa emergere una questione che non era emersa nel dibattito successivo alla pubblicazione della bozza del Regolamento e cioè la situazione in cui un evento calamitoso determini un ulteriore evento non contemplato dal Regolamento. Il CdS precisa che dalla relazione di accompagnamento “emerge, infatti, la volontà di escludere la copertura assicurativa nel caso in cui una frana o un sisma determinino una “alluvione, inondazione ed allagamento”. La segnalazione è pertinente e, forse, da questo suggerimento del CdS di uniformare al meglio il testo per evitare problemi interpretativi sarebbe il caso di rivedere con attenzione il testo del Regolamento per verificare se gli “eventi collegati o conseguenza” siano stati disciplinarti con sufficiente chiarezza.
Il sesto punto rientra proprio nello spirito di dare al Regolamento la massima precisazione e riguarda la definizione di “frana”, con riferimento all’articolo 3, comma 1, lett. c), invitando il legislatore a meglio chiarire, mediante apposita integrazione della relazione illustrativa, il motivo dell’esclusione del movimento, scivolamento o distacco “graduale” di roccia, detrito o terra. Il CdS sull’evento “frana” ha messo in luce – sommessamente – che si tratta di un aspetto veramente critico del Regolamento, tra l’altro sottolineato da tutti coloro che hanno commentato la bozza di Regolamento, che darà luogo veramente a molti problemi interpretativi. Forse, inserirlo solo come “evento conseguenza” di un rischio catastrofale avrebbe, almeno in via iniziale, evitato molte incertezze.
Il settimo punto è altrettanto interessante perché in merito al contenuto dell’art. 4 del Regolamento, che disciplina come si determinano i premi, suggerisce di definire quali siano le conseguenze sull’ammontare del premio in relazione alle imprese adottate all’impresa. Il testo riportato dal CdS sarebbe il seguente: “in misura proporzionale alla conseguente riduzione del rischio”, così da prevenire dubbi circa la misura della determinazione e adeguamento periodico dei premi. È certamente un’indicazione interessante, ma forse il testo “generico” dà agli operatori un maggiore “spazio di manovra” a livello operativo. In materia di misure di prevenzione la determinazione della proporzionalità non sempre è di facile applicazione. Pensiamo ad una grande azienda, con più sedi operative, che decide di dotare un’area produttiva, limitata in uno stabilimento, ma ad elevato rischio di incendio, di un sistema sprinkler. In questo caso, come si applicherebbe la proporzionalità, dato che l’intervento rapportato a tutta l’azienda ha un’incidenza minima? Il problema è sempre lo stesso, quando chi scrive, non conosce la realtà produttiva.
L’ottavo punto del CdS bacchetta ancora una volta l’estensore del Regolamento, in quanto nella legge di bilancio si parlava di “Ai fini dell’adempimento dell’obbligo di assicurazione di cui al comma 101 il contratto prevede un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15 per cento del danno e l’applicazione di premi proporzionali al rischio.”, mentre nel Regolamento si prevedono delle deroghe. È un problema formale e il CdS richiede un intervento di integrazione sulla relazione illustrativa che precisi che “l’amministrazione ha considerato nuovi elementi istruttori – da indicare puntualmente – non considerati dal legislatore in sede di approvazione della norma primaria”.
Un commento finale è che il Parere del CdS si è ben guardato dall’affrontare i “temi critici” del Regolamento, ma almeno ci saremmo aspettati un approfondimento sul concetto di “obbligo a contrarre”, quanto meno per prevenire i problemi interpretativi che più volte nel Parere sono stati sollevati.
Il testo del parere del Consiglio di Stato
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