di Francesco Bertolino
L’auto elettrica resta in concessionaria. A ottobre le vetture alimentate soltanto a batteria (Bev) hanno raggiunto il 3,1% delle immatricolazioni in Italia, dimezzando la quota di mercato ottenuta nello stesso mese del 2021. Da inizio anno, così, l’incidenza dell’elettrico sulle vendite è scesa al 3,6%, un dato molto distante dagli altri Paesi europei e soprattutto dall’obiettivo del 100% fissato dall’Ue per il 2035.

Il ritardo è dovuto in parte alle preferenze dei consumatori e in parte alla struttura e all’ammontare degli incentivi previsti dal governo. Prima dell’ultimo decreto del ministero dello Sviluppo Economico – diventato operativo ieri – i sussidi pubblici sono stati in Italia a lungo inferiori rispetto ad altri Paesi. Il tetto per accedervi è poi tuttora fissato a un prezzo massimo di 35 mila euro (Iva esclusa), il che limita la gamma di auto elettriche acquistabili.

Dopo la conferma dello stop dal 2035 alla vendita di auto nuove a combustione interna «è necessario e urgente un piano puntuale su come affrontare la riconversione industriale nel nostro Paese», sottolinea Michele Crisci, presidente dell’Associazione delle case auto estere operanti sul mercato italiano (Unrae). «Una riconversione», aggiunge, «possibile solo a fronte di un mercato in buona salute e di stimoli per una diffusione accelerata delle vetture a zero emissioni, e questo avrà impatti benefici sulla componentistica italiana impiegata massicciamente da tutti i costruttori, sia italiani che esteri».

Il contesto nazionale è al momento lontano dal favorire simili investimenti. Nonostante ottobre abbia segnato il terzo mese di crescita consecutivo per le immatricolazioni (+14,6% a 115.827 unità), il 2022 dovrebbe chiudersi con circa 1,3 milioni di auto vendute, un volume vicino al minimo storico toccato nel 2013. «La stagnazione economica e gli effetti della recessione tecnica in avvio di anno andranno a deprimere i risultati del 2023, che dovrebbero rimanere su un volume sottotono da noi stimato in 1,4 milioni di unità, il 7,7% in più rispetto al 2022», conclude Crisci.

Tale livello, secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, è «assolutamente insufficiente per soddisfare la domanda di sostituzione del parco circolante italiano che sfiora i 40 milioni di autovetture». A suo giudizio l’allentarsi delle tensioni sull’offerta ha consentito negli ultimi tre mesi alle case automobilistiche di soddisfare una porzione maggiore di domanda, che, pur depressa, è da tempo superiore alle attuali possibilità di fornitura dei produttori di auto. Più difficile è stabilire se questi segnali positivi rappresentino una inversione di tendenza, per la quale occorrerebbe superare anche i fattori che frenano gli acquisti di beni durevoli e che sono invece tuttora ben presenti nello scenario italiano ed internazionale. (riproduzione riservata)

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