Secondo l’indagine Broker Tech: Intermediari Assicurativi proiettati al futuro, realizzata da IIA – Italian Insurtech Association e EY, con la collaborazione di Wide Group, e con il patrocinio di AIBA, il 64% vede la digitalizzazione come un’opportunità per il proprio business.

L’indagine – che ha interpellato sia broker che agenti di assicurazione mono e plurimandatari, sul livello di digitalizzazione del loro business – evidenzia come nell’ultimo anno sia migliorata l’adozione dei canali di vendita online da parte degli intermediari: nel 2021 ben l’80% del campione dichiarava di non disporre né di una app né di sito web, quando intervistato rispetto alla presenza di una vetrina digitale propria per la vendita di coperture online. Secondo la nuova ricerca, “solo” il 46% del campione dichiara di non avere canali di vendita online e di non prevederne lo sviluppo; il 30% ha invece risposto che, pur non disponendo al momento di nessun sito o app, è in atto una fase di valutazione dell’introduzione di questi strumenti. Si tratta di un cambio di paradigma molto importante per il comparto, che in solo 12 mesi attraversa una fase di “indifferenza” nei confronti di questi strumenti, alla consapevolezza del loro potenziale sino all’adozione.

“I dati mostrano finalmente una forte apertura da parte del mercato a processi di digitalizzazione, fondamentali per andare incontro a un consumatore sempre più digitalizzato. Ricordiamo infatti che secondo le nostre stime, entro il 2030, l’82% dei consumatori di servizi assicurativi sarà digitale”. Spiega Simone Ranucci Brandimarte, presidente di IIA. “Appare tuttavia chiaro che le compagnie assicurative siano chiamate a orientare i propri sforzi nella cooperazione e integrazione con l’universo insurtech, intermediari in primis. Al tempo stesso bisogna lavorare per incentivare l’adozione di strumenti tecnologici da parte di tutto il comparto. Nel settore vige ancora un profondo gap di competenze, soprattutto per quanto riguarda le skills informatiche di base, come la gestione e analisi dei dati. Competenze che le big tech potrebbero sfruttare per monopolizzare il mercato, come successo in altri contesti.”

“Si riscontra oggi tra gli operatori di settore una sempre maggior consapevolezza dei benefici derivanti dall’utilizzo di strumenti digitali, tanto che il 97% degli intervistati ha affermato di servirsi di almeno uno di questi a supporto della propria attività professionale” afferma Marco Concordati, Partner Insurance di EY. “Come confermato da oltre la metà degli intervistati (64%), la principale opportunità derivante dal processo di digitalizzazione del mondo assicurativo risiede nella capacità della tecnologia di supportare il lavoro manuale degli intermediari. Utilizzando nuove tecnologie e strumenti avanzati per automatizzare i processi più standardizzabili è possibile infatti ridurre il carico amministrativo e liberare risorse professionali per concentrarsi sull’attività consulenziale e commerciale”.

Sebbene confrontando i dati di quest’ultima indagine con quelli prodotti nel 2021 si possano registrare evidenti margini di miglioramento, molte sono ancora le sfide da affrontare secondo gli intervistati.

Per il 53% del campione, infatti, una delle sfide primarie da risolvere legate alla tecnologia riguarda l’integrazione con i sistemi delle compagnie partner e il 37% vede inoltre gli strumenti forniti dalle compagnie non adeguati ai loro scopi (solo il 4% ritiene che ci sia un completo allineamento tra il proprio livello di digitalizzazione e automazione e quello della compagnia mandante). Inoltre, quasi la metà dei rispondenti (43%) dichiara di non disporre di adeguate risorse economiche da investire nell’abilitazione e/o nel rinnovamento tecnologico.

A questo si aggiunge la mancanza di risorse finanziarie da investire nello sviluppo tecnologico, 19% del campione. Sembra quindi che, oltre alle barriere economiche che ostacolano l’approvvigionamento di tecnologie sempre più all’avanguardia, la maggior parte degli intervistati individui nel rapporto con le compagnie assicurative la sfida più importante da gestire e superare negli anni a venire.

Inoltre, la ricerca mostra come la percezione del rischio di disintermediazione da parte dell’online e degli strumenti digitali sembri non preoccupare oltre la metà degli intermediari intervistati (56%) che confermano una percezione particolarmente positiva in merito ai benefici apportati all’interno del processo assicurativo e sono fiduciosi circa le prospettive future di questo scenario. È altresì evidente come, ancora oggi, una buona porzione di intermediari (44%) percepisce nell’online una qualche forma di minaccia al proprio business, derivante dall’affermarsi di realtà che operano esclusivamente su canali online.

“La ricerca evidenzia che il rischio di disintermediazione da parte dell’online e degli strumenti digitali sembra non preoccupare più gli intermediari. Noi siamo consci che però questo rischio nella nostra, come in altre categorie di mercato, è ben presente e, se da una parte leggiamo con favore che oltre i due terzi degli intervistati non teme il rischio di disintermediazione derivante dalla digitalizzazione e anzi la vede come un’opportunità, crediamo allo stesso tempo che sia però importante coniugare la possibilità di crescita professionale che l’insurtech oggi fornisce con gli investimenti per mantenere ancora centrale il ruolo fiduciario del consulente, legato alle sue capacità di relazione, di competenza nella proposta e di personale affidabilità” ha dichiarato Matteo Barbini, Co-founder & Managing Partner di Wide Group.

In conclusione, sebbene si stia affermando, in maniera sempre più prominente, l’importanza della digitalizzazione e dell’automazione nel settore assicurativo, dallo studio condotto è emerso come le competenze umane continuino a rappresentare un elemento imprescindibile per svolgere con successo la professione di Broker.

In coerenza con quanto emerso nella scorsa edizione, la totalità degli intervistati sostiene la centralità del ruolo della figura del consulente nell’identificazione dei bisogni del cliente, nonché nell’analisi puntuale di ogni singola casistica, considerando il fattore umano come fondamentale elemento di differenziazione a parità di competenze tecnologiche.

“La sfida principale per gli intermediari è quella di integrarsi con le compagnie con cui collaborano. La mancanza di tale integrazione potrebbe spingere player indipendenti ad aggregarsi tra loro, non solo per beneficiare di una razionalizzazione dei costi, ma anche per ridurre gli impatti legislativi previsti dalla normativa DORA, che obbligano gli intermediari a dotarsi di infrastrutture tecnologiche adeguate a garantire la continuità di servizi.” Conclude Matteo Barbini, Co-founder & Managing Partner di Wide Group.