NELL’ASTA SUI DIRITTI LA BANCA TOSCANA DOVREBBE COLLOCARE ALTRI 75-80 MILIONI

di Luca Gualtieri
Domani, alla chiusura dell’asta dei diritti, sui bilanci delle banche del consorzio di garanzia dovrebbero restare meno di 100 milioni di azioni Mps. Sono questi i pronostici alla vigilia dell’ultimo giorno dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi. In asta la banca senese dovrebbe collocare almeno 70-80 milioni, alleggerendo ulteriormente il fardello per il pool guidato da Mediobanca, BofA, Credit Suisse e Citi. A intervenire saranno ancora una volta investitori istituzionali e gli occhi sono puntati su alcuni dei soggetti contattati nelle scorse settimane dal Tesoro. L’Enpam per esempio sarebbe pronto a investire 10 milioni, mentre gran parte delle fondazioni è già intervenuta comprando i diritti sul mercato. Tra giovedì 27 e lunedì 31 ottobre si sarebbero infatti mossi i grandi enti del Nord, da Cariplo a Compagnia San Paolo (10 milioni a testa), da Crt a CariCuneo (rispettivamente fino a 5 e 3 milioni), seguiti dalle fondazioni toscane Mps (10 milioni), CariFirenze (10 milioni), Lucca (7 milioni) e Pistoia e Pescia (3 milioni). Ieri sono circolate indiscrezioni anche su un intervento di Nexi per una ventina di milioni.

Una volta chiusa l’asta, si attiverà il meccanismo della garanzia. In prima battuta le banche del consorzio trasferiranno pro quota ai sub-underwriter i 475 milioni che si sono impegnati ad acquistare, in cambio di una commissione di circa 20 milioni (sui 125 milioni complessivi pagati dal Monte). Se qualche fondo potrebbe liquidare in tempi brevi il proprio pacchetto azionario, la previsione è che gran parte degli investitori rimanga azionista della banca senese nel medio termine. Tra questi ci sono Axa (200 milioni), Pimco (75 milioni), Algebris (50 milioni), Ion (50 milioni), Anima (25 milioni), Bluebay, Hosking Partners e Denis Dumont, ex socio del Credito Valtellinese di cui Lovaglio è stato ceo. All’interno del consorzio c’è peraltro chi fa notare che, se l’impegno di Anima fosse rimasto sui livelli previsti inizialmente (150-200 milioni), la consistenza dell’inoptato sarebbe stata molto diversa. Le discussioni tra l’asset manager e la banca sono andate avanti a intermittenza per tutta l’estate, ma hanno subito una battuta d’arresto per divergenze sulle condizioni del nuovo contratto distributivo. Alla fine Anima ha deciso di intervenire nell’aumento per 25 milioni. Anche così comunque l’accollo per il consorzio è sostenibile. Dopo l’esercizio della garanzia, le banche però cercheranno di disfarsi in tempi rapidi delle azioni Mps rimaste in bilancio. Gran parte del pacchetto dovrebbe essere venduto ai blocchi entro la prossima settimana. Una modalità che consentirebbe di limitare gli effetti sul titolo (tornato ieri a quota 2 euro, con un rialzo del 4,85% dopo le notizie positive sull’aumento). Alla finestra ci sarebbero già diversi hedge fund che puntano a strappare sconti rilevanti, fino al 50% del prezzo attuale.

Chiusa la ricapitalizzazione, Mps potrà comunque contare su un nocciolo stabile di azionisti che affiancherà il Tesoro (64%). Il secondo socio sarà il partner assicurativo francese Axa che dovrebbe aggiudicarsi una quota vicina all’7-8%, mentre le fondazioni complessivamente dovrebbero contare su 3-4% del capitale. Come previsto, nessuna banca è entrata nel capitale di Siena, anche se alcuni istituti hanno dato un contributo importante all’esito dell’aumento. Questo sarebbe per esempio il caso di Intesa Sanpaolo che – spiegano fonti vicine al consorzio – si sarebbe spesa attivamente attraverso il proprio network italiano e internazionale per favorire l’operazione di sistema orchestrata dal Tesoro. (riproduzione riservata)

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