Dati INAIL fornisce la radiografia del settore turistico che conta quasi un milione e mezzo di lavoratori impiegati nei servizi di alloggio e ristorazione. Dopo il crollo del 2020, i casi denunciati all’Istituto nel 2021 sono rimasti molto al di sotto di quelli registrati nel periodo pre-Covid

Il nuovo numero del periodico statistico Dati Inail dedica un approfondimento al settore turistico, che conta quasi un milione e mezzo di occupati nei servizi di alloggio (alberghi, alloggi per vacanze, villaggi turistici, ostelli, rifugi di montagna, affittacamere e campeggi) e ristorazione (ristoranti, gelaterie-pasticcerie, mense, catering e bar), tra i più colpiti dalla severa crisi economica determinata dall’emergenza sanitaria da Covid-19 e dalle misure intraprese per contrastarla, che nel 2020 hanno portato al blocco di molte attività, i cui riflessi sono evidenti sull’andamento infortunistico.
Nel 2020, infatti, le denunce di infortunio sul lavoro sono calate del 37% rispetto al 2019 pre-pandemia, la riduzione più alta tra i settori dell’Industria e servizi. Al netto delle denunce di infortunio da contagio, inoltre, i casi risultano più che dimezzati.
Dall’analisi della Consulenza statistico attuariale dell’Istituto emerge che gli infortuni denunciati sono passati dai circa 30mila all’anno registrati nel triennio 2017-2019 ai circa 19.500 del 2020, per risalire oltre quota 21mila nel 2021, restando comunque ben al di sotto dei dati pre-pandemia. In linea con la composizione degli occupati, quasi otto denunce su 10 (16.459 su 21.127 nel 2021) riguardano la ristorazione.

Gli infortuni nel settore turistico nel 2021

I servizi di Alloggio e ristorazione, settore centrale in un paese a vocazione turistica come l’Italia, sono stati messi a dura prova dalla pandemia e ora anche dal caro energia e dalla lamentata carenza di personale. Nel 2020, i contagi e le misure intraprese a loro contrasto hanno innescato nel settore, più che in altri, il calo della domanda e una severa crisi economica con blocchi delle attività, ricorso alla cassa integrazione e licenziamenti di personale, con riflessi sulle denunce di infortunio che nel 2020 sono calate del 37% rispetto al 2019 pre-pandemia: è stata la riduzione in termini relativi più alta tra i settori dell’Industria e servizi (insieme a quella delle Attività finanziarie e assicurative) e se si
escludessero le denunce di infortunio da contagio, i casi risulterebbero più che dimezzati.
Nell’ultimo quinquennio, le denunce di infortunio sono passate dalle circa 30 mila l’anno nel triennio 2017-2019 alle 19,5 mila del 2020 per risalire poi a 21 mila nel 2021, restando comunque ben al di sotto dei dati ante pandemia.
Due le divisioni previste dalla codifica Ateco-Istat 2007: Alloggio (alberghi, alloggi per
vacanze, villaggi turistici, ostelli, rifugi di montagna, affittacamere e campeggi) e Ristorazione (ristoranti, gelaterie-pasticcerie, mense, catering e bar). La Ristorazione prevale massicciamente per numerosità di infortuni con quasi 8 denunce su 10 (16.459 su 21.127 nel 2021), in coerenza comunque alla composizione degli occupati.

Un caso su cinque è avvenuto in itinere

In termini di modalità di accadimento, nell’ultimo quinquennio mediamente un caso su cinque è avvenuto in itinere (in strada nel percorso casa/lavoro-i/casa) mentre in occasione di lavoro le circostanze più ricorrenti vedono nel 40% dei casi il lavoratore procurarsi lesioni fisiche per movimenti (con o senza sforzo fisico) inopportuni, intempestivi o scoordinati col coinvolgimento o meno di oggetti, nel 25% la perdita di controllo di un mezzo, attrezzatura, utensile, ecc. e in quasi il 20% cadute o scivolamenti.

Quasi la metà delle denunce nella fascia under 34, cuochi e camerieri i più colpiti

Le professionalità più coinvolte per numero di infortuni, anche nella componente alberghiera oltre che nella ristorazione, sono cuochi e camerieri, seguiti dal personale addetto ai servizi di pulizia.
Tra gli infortunati è leggermente superiore la quota maschile (52% delle denunce nel quinquennio) e la fascia d’età più colpita è quella dei giovani fino a 34 anni (46%), seguita dai 35-54enni (40%) “ringiovanendo” quindi quanto registrato nell’intera gestione Industria e servizi, dove mediamente più della metà delle denunce si concentra nella fascia 35-54 anni. La quota di lavoratori stranieri nel settore è ampia e ciò si riflette sulla loro incidenza tra gli infortunati: il 23% dei denuncianti è nato all’estero (contro il 19% della gestione Industria e servizi); romeni, albanesi e marocchini le comunità più colpite (ma nella sola
ristorazione la provenienza dal Bangladesh supera quella dal Marocco).
Territorialmente, un terzo delle denunce di infortunio nel settore proviene dal Nord-est, seguito dal Nord-ovest (27%), Centro (23%) e Mezzogiorno (17%), percentuali che cambiano significativamente distinguendo i servizi di alloggio (nel Nord-est quasi la metà delle denunce) da quelli della ristorazione (primo il Nord-ovest con oltre il 30%, seguito dal Nord-est, ma con una quota del Centro che cresce, rispetto ai servizi di alloggio, dal
19% al 24%).

I decessi al minimo storico nell’ultimo quinquennio

Gli esiti mortali denunciati per infortuni avvenuti nel 2021 sono stati 41, il valore minimo
nell’ultimo quinquennio (erano oltre 60, mediamente, nel triennio 2017-2019 e 58 nel 2020), tenendo conto che nel 2020 e, in minor misura, nel 2021 i dati risentono di un significativo numero di decessi per Covid-19. Come per i casi in complesso, nella bipartizione Alloggi e Ristorazione, è quest’ultima a contare il maggior numero di vittime (nel 2021, 31 su 41, il 76%). Per modalità di accadimento, mediamente nel quinquennio oltre il 40% dei decessi è avvenuto per un incidente stradale in itinere; nella restante parte di decessi, quelli in occasione di lavoro, è ancora la strada con la perdita di controllo di un mezzo il contesto più frequente (seguita nel 2020-2021 dalle complicazioni letali per il Coronavirus).
Sempre negli ultimi cinque anni, la quota maschile è particolarmente preponderante tra i decessi  con quasi il 90% dei casi, mentre l’età media delle vittime si alza rispetto ai casi in complesso: una su quattro ha più di 54 anni (poco più di una su dieci negli infortuni non mortali); i lavoratori nati all’estero rappresentano invece il 18%. A livello territoriale, il Mezzogiorno vede raddoppiare la sua quota di incidenza passando in graduatoria da ultimo (17% dei casi in complesso) a primo per numerosità di eventi (36% delle denunce mortali), seguito dal Nord-est (23%), Nord-ovest (22%) e Centro (19%).

Nei ristoranti più malattie professionali che negli alberghi

Anche per il settore delle Attività dei servizi di alloggio e ristorazione, come del resto per gli altri settori economici, la pandemia da SARS-CoV-2 ha avuto un impatto “indiretto” sull’andamento delle malattie professionali determinando una contrazione delle denunce nel 2020, sia per una riduzione dell’esposizione al rischio di contrarre nuove malattie professionali a causa della sospensione temporanea o la chiusura nel corso dell’anno di molte attività economiche, sia semplicemente per la difficoltà di accedere ai presidi sanitari/amministrativi con l’effetto di disincentivare o di rimandare la presentazione della denuncia.
Nel 2021 i casi tornano, quindi, fisiologicamente ad aumentare anche se numericamente inferiori agli anni pre-pandemia (1.200-1.300 casi nel biennio 2018-2019): si è passati infatti dai 923 casi del 2020 ai 1.098 del 2021 con un incremento del 19,0%, più contenuto rispetto al +23,3% della gestione assicurativa Industria e servizi. La crescita ha interessato entrambi le divisioni previste dalla codifica Ateco 2007, più incisiva per le Attività dei servizi di ristorazione con +21,4% (oltre otto denunce su dieci riguardano questo comparto) rispetto al +8,1% dell’Alloggio.
I lavoratori dell’intero settore presentano patologie maggiormente a carico del sistema
osteomuscolare e del tessuto connettivo con 802 denunce nel 2021 pari a circa i tre quarti del totale dei casi icd-10 codificati, e quelle del sistema nervoso con 219 casi (19,9%). A seguire con numerosità e percentuali più contenute le malattie del sistema respiratorio (20 casi; 1,8%), i disturbi psichici e comportamentali e le malattie dell’orecchio (11 casi; 1,0% per entrambe).
Il 60,5% delle tecnopatie a carico del sistema muscolo scheletrico è riconducibile ai disturbi dei tessuti molli, principalmente alla sindrome della cuffia dei rotatori, alle lesioni della spalla e alle epicondiliti mediali e laterali; il 30,5% a dorsopatie (disturbi dei dischi intervertebrali ed ernie) e il 9,0% ad artropatie (della prima articolazione carpometacarpica, del ginocchio e dell’anca e anche per lesioni del menisco).
Le malattie del sistema nervoso sono praticamente quasi tutte riconducibili alla sindrome del tunnel carpale e casi residuali a lesioni del nervo mediano e ulnare e a compressioni delle radici e dei plessi nervosi in disturbi dei dischi intervertebrali.
Nel 2021 circa i due terzi delle malattie ha interessato le donne (683 casi) che hanno segnato comunque un aumento rispetto al 2020 (+11,1%) inferiore al +34,7% degli uomini (415 denunce).
La classe di età con più denunce è quella dei 55-59enni sia per le donne (30,2%) che per gli uomini (32,0%); per le lavoratrici, tuttavia, seguono le classi 50-54 anni (22,0%), che per gli uomini si attesta solo al 9,2%, e quella 60-64 anni (19,5%) che per i lavoratori sale al 25,1%.
Dall’analisi territoriale emergono aumenti delle patologie denunciate nel Centro (+30,3%) dove sono concentrate quasi la metà del totale nazionale, nelle Isole (+23,5%), nel Sud (+21,6%) e nel Nord-est (+10,3%); il Nord-ovest in controtendenza segna un -20,5%. A livello regionale gli aumenti più significativi hanno interessato Umbria e Marche, con denunce più che raddoppiate tra il 2020 e il 2021, rispettivamente da 16 a 35 e da 87 a 175 casi. È la Toscana, invece, la regione con più denunce (22,2%), seguita da Marche (15,9%) ed Emilia Romagna (12,0%).
Delle 94 tecnopatie occorse ad immigrati (8,6% del totale), sette su dieci hanno colpito gli extra comunitari (67), in particolare albanesi (15), svizzeri (12) e marocchini (11) e circa il restante 30% i comunitari: rumeni con 13 casi, belgi e francesi (4 ciascuno). Rispetto all’anno precedente, solo gli extracomunitari hanno registrato nel 2021 un aumento delle denunce pari al 26,4%, mentre quelli comunitari una contrazione (-15,6%); i lavoratori italiani segnano un +19,8%.