Spesso i conducenti ignorano la responsabilità e le pesanti conseguenze che gravano in capo a loro nel caso in cui i passeggeri non indossino la cintura di sicurezza

di Bianca Pascotto

L’indulgenza del conducente verso i passeggeri che non indossano la cintura di sicurezza a volte costa cara, anzi carissima, se dalla conduzione del veicolo consegue un sinistro che provoca lesioni personali.

L’atto di indossare le cinture di sicurezza quando ci si siede sul sedile, è divenuto, nella stragrande maggioranza dei casi, automatico ed istintivo, ma esistono ancora alcune resistenze, soprattutto da parte dei passeggeri ed in particolar modo per i passeggeri che occupano i sedili posteriori, nonostante il codice della strada imponga a tutti l’utilizzo del sistema di ritenzione come previsto dall’art. 172.

Ma forse quello che molti conducenti ignorano è la responsabilità e le pesanti conseguenze che gravano in capo a loro nel caso in cui i passeggeri (anteriori o posteriori nulla cambia) non indossino la cintura.

Infatti a prescindere dalla sanzione amministrativa, in caso di un incidente stradale con lesioni ai trasportati, il conducente risponde del reato di lesioni personali colpose o, ancor peggio nelle ipotesi più gravi, di omicidio colposo.

Recente conferma dell’orientamento ormai consolidato in merito alla cooperazione colposa tra il conducente e passeggero privo di cintura, è giunta dalla sezione penale della Corte di Cassazione[1].

IL CASO

Tizio, giovane conducente di un veicolo intestato al datore di lavoro, perde il controllo del mezzo e fuoriesce di strada ad elevata velocità, finendo la sua corsa contro un terrapieno. Sul sedile anteriore si trova Caia la quale per il contraccolpo sbatte il capo sul montante del veicolo e perisce, mentre gli altri due passeggeri a bordo subiscono gravi lesioni personali.

Viene accertata la guida in stato di ebbrezza di Tizio ed il mancato uso delle cinture di sicurezza da parte di Caia la quale, nell’occorso, aveva agganciato la cintura sull’apposito gancio ma non l’aveva indossata, facendola passare dietro la schiena.

Il Tribunale di Udine condanna Tizio per i delitti di cui agli artt. 589 bis c. 1 (omicidio stradale) e 590 bis c. 7 (lesioni colpose stradali) codice penale, sentenza che trova conferma in appello, con l’applicazione però in favor rei, dell’attenuante prevista dall’art. 589 bis comma 7 c.p..

A giudizio di Tizio il Giudice d’Appello sarebbe entrato in contraddizione nella pronunciata sentenza che sottopone, pertanto, al vaglio della Corte di Cassazione.

LA SOLUZIONE

Due sono i motivi di ricorso sollevati da Tizio.

1) Errata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 598 bis c.7:  in relazione alla condotta colposa di Caia, la Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare una maggior diminuzione della pena, rispetto a quanto riconosciutegli, perché grave è il grado della colpa attribuibile a Caia nell’aver agganciato la cintura senza indossarla, impedendo così l’attivazione degli allert e dei segnalatori luminosi di cui era dotato il veicolo;

2) mancata applicazione delle attenuanti generiche: la condotta processuale di Tizio (presenza alle udienze) e la padronanza del veicolo da lui utilizzato per motivi di lavoro, diversamente da quando sostenuto dalla Corte d’appello (per quest’ultima la giovane età di Tizio avrebbe dovuto indurlo a condurre il veicolo non di sua proprietà con maggior cautela e diligenza), avrebbe dovuto rendere le attenuanti generiche applicabili con ulteriore sconto di pena.

Il Supremo Collegio non accoglie le doglianze di Tizio.

Quanto alla prima – l’eccepita sproporzione tra l’incidenza del concorso di colpa di caia e la minima riduzione della pena applicata – la Corte ritiene corretta la valutazione operata dalla corte triestina, laddove le gravi lesioni, tra le quali significativamente la recisione dei tronchi nervosi (colpo di frusta), avrebbero provocato il decesso di Caia anche se avesse fatto uso della cintura di sicurezza, di talché la causa efficiente e determinante l’evento morte, deve attribuirsi alla sconsiderata condotta di guida di Tizio.

Inoltre, alla condotta gravemente colposa di Tizio nella conduzione del veicolo (alta velocità e guida in stato di ebbrezza), deve aggiungersi anche la sua omissione alle regole di prudenza e diligenza poste a garanzia di una circolazione del veicolo in sicurezza, regole che impongono al conducente di vigilare sull’utilizzo delle cinture di sicurezza a bordo del veicolo.

È, infatti, “principio consolidato quello per il quale il conducente del veicolo è tenuto, in base alle regole di comune diligenza e prudenza, ad esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia e ciò a prescindere dall’obbligo e dalla sanzione a carico di chi deve fare uso della detta cintura”.

Questo è il comportamento che la giurisprudenza richiede al conducente per liberarsi dalla responsabilità posta a suo carico.

Quanto alla seconda doglianza – mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche – la Corte da un lato non considera così premiale la presenza dell’imputato alle varie udienze, stante l’assenza di altro suo comportamento collaborativo con la Polizia Giudiziaria e con le persone offese, e dall’altro avvalora la decisione della Corte triestina che non reputa Tizio meritevole delle circostanze attenuanti generiche in ragione della condotta gravemente colposa, vieppiù laddove la sua giovane età lo avrebbe dovuto condurre ad un atteggiamento di maggiore cautela e prudenza nella conduzione del veicolo.

[1] Corte di Cassazione Penale sentenza del 18 ottobre 2022 n. 9311

cintura di sicurezza

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