Ma chi paga il conto delle truffe del Superbonus? La grande misura di incentivo introdotta dal governo Conte nel 2020 non è solo al centro dell’agenda dell’esecutivo di Giorgia Meloni ma anche sotto la lente di banchieri, esperti contabili e investitori che hanno iniziato a interrogarsi sugli effetti del controverso incentivo fiscale che ha visto le banche come perno per favorire la diffusione del provvedimento. La misura ha fatto ripartire il settore immobiliare dopo la gelata della pandemia, ma si è trasformata in «un buco da 38 miliardi», come ha dichiarato venerdì 11 la premier.

«Il Superbonus nasceva meritoriamente per aiutare l’economia, ma il modo in cui è stata realizzata ha creato molti problemi», ha spiegato. E il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha aggiunto: «Cercheremo di intervenire perché è un problema reale di molte imprese, rispetto allo stock esistente tenteremo e stiamo definendo una via di uscita rispetto alla situazione attuale». Se insomma l’esecutivo è determinato a mettere ordine nel guazzabuglio (si lavora un bonus 90% con un risparmio annuale stimato in 150 milioni), il mercato ha iniziato a interrogarsi su chi pagherà il costo maggiore per le irregolarità emerse nell’utilizzo del bonus.

Da un lato c’è lo Stato, su cui grava un fardello da oltre 60 miliardi di detrazioni previste, quasi il doppio dei 33 miliardi sinora stanziati. Dall’altro lato ci sono le istituzioni finanziarie che hanno intermediato decine di miliardi di crediti e che nei bilanci 2022 dovranno decidere come gestire le posizioni più problematiche, quelle frutto di frodi.

Il meccanismo concepito nel 2020 dal governo Conte era incardinato sulle banche che hanno potuto acquistare a sconto le detrazioni, per poi rivenderle o beneficiare del credito d’imposta. Ma l’elevato numero di frodi, arrivate in poco più di un anno alla cifra record di 5,7 miliardi, ha costretto il legislatore a un giro di vite progressivo. Rapidamente: nel 2021 con il decreto antifrodi era stata estesa l’asseverazione dei tecnici e il visto di conformità; con il Sostegni Ter poi il numero massimo di cessioni del credito è sceso a tre con l’obbligo di coinvolgere solo intermediari vigilati. Una stretta troppo severa, un cambio in corsa di regole che non è piaciuto alle imprese e alle famiglie con i cantieri avviati. Il decreto Aiuti ha quindi cercato di mediare tra la stretta antifrode e la volontà di evitare una paralisi dei cantieri pur preservando il requisito della tracciabilità. Anche l’Agenzia delle Entrate ha ammorbidito la linea rispetto alla severità iniziale. Nell’ultima circolare pubblicata a ottobre il fisco ha allentato le maglie sulla responsabilità solidale per gli intermediari rispetto a giugno, chiamando in causa soltanto dolo e colpa grave.

Ma questo compromesso raggiunto a fatica non è bastato a tranquillizzare gli operatori e a far ripartire il mercato. Anzi nelle scorse settimane è intervenuta la Corte di Cassazione con un carico da novanta: cinque sue sentenze legittimano l’uso del sequestro preventivo a carico della banca in caso di truffe da Superbonus. Ma se il credito è sequestrato, che fine fa? E chi lo ha comprato in buona fede, può usarlo comunque?

Chi resta con il superbonus in mano. Le banche che hanno scontato crediti nati da presunte truffe si ritrovano adesso con importanti poste dell’attivo congelate. Che non si sa come trattare. Anche per questa ragione quasi tutti gli istituti hanno sospeso l’acquisto dei nuovi crediti, oltre che per la generale incertezza normativa. Poste Italiane guida questo gruppo di soggetti finanziari, anche perché ha già quasi raggiunto la piena capienza fiscale con 9 miliardi di superbonus aacquistati. Anche l’amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, ha mostrato cautela: «Il consiglio di amministrazione ha approvato una procedura più prudente di quella precedente, perché alcune incognite non sono ancora state risolte».

«Per le banche gli effetti di bilancio non possono non esserci visto che c’è una riserva sulla spettanza di quei crediti», spiega a MF-Milano Finanza Tommaso Di Tanno, professore di diritto tributario e fondatore dello studio Di Tanno & Associati. «La banca ha fatto la sua istruttoria al momento dell’acquisto ma, se il credito è messo in discussione, la valutazione andrà rifatta». Da questi accertamenti, che tutti gli istituti hanno già iniziato a fare, può emergere la necessità di svalutare.

Ne è convinto anche il partner di Kpmg Roberto Spiller: «Per ogni posizione la banca dovrà valutare quanto è probabile che si arrivi a un disconoscimento del credito. Nei casi delle truffe più plateali, quelle in cui per esempio non c’è mai stato nemmeno un cantiere, la probabilità di disconoscimento sarà molto alta. In questi casi ci si può aspettare un accantonamento a fondo rischi. In altri casi il quadro potrebbe rivelarsi assai diverso e la banca potrebbe anche decidere di tenere a bilancio il credito al suo costo di acquisto. Insomma la valutazione andrà fatta caso per caso in base a un’informativa aggiornata ed è proprio quello che stanno facendo adesso le banche: rivedere le stime che sono state fatte per misurare gli impatti degli ultimi cambiamenti regolativi e i rischi potenziali».

«Il problema qui è sostanzialmente di prudenza contabile», commenta Luca Dal Cerro, avvocato esperto di diritto tributario e partner dello studio legale Legance. «A fronte di contestazioni e, ancor più di sequestri dell’autorità giudiziaria, gli amministratori degli intermediari finanziari preferiranno svalutare gradualmente il credito come avviene solitamente per le poste problematiche dell’attivo, rimandando il beneficio fiscale». Una prassi su cui concorda anche Spiller: «La prassi più diffusa in questa fase è quella di congelare il credito e di non portarlo in compensazione fino a quando non arriva un provvedimento di dissequestro», dato che il sequestro blocca la maturazione del tempo per portare i crediti a compensazione. Ma solo le sentenze definitive, spiega un banchiere sotto richiesta di anonimato, potranno dare alle banche la certezza della perdita a bilancio. (riproduzione riservata)
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