Teresa Campo
Stretta sul Superbonus finalmente in dirittura d’arrivo. Temuta (addio a ristrutturazioni all’insegna del tutto gratis) o auspicata (aiuterà a sbloccare l’impasse legato alla cessione dei crediti e consentirà allo Stato di destinare le risorse alle emergenze), di sicuro segna un punto di svolta nella travagliata storia dell’incentivo. Con la prossima legge di bilancio, e dunque a partire dal 2023, addio appunto al costo zero perché gli sgravi fiscali per chi esegue i lavori di ristrutturazione scenderanno dal 110 al 90%. Rientrano in gioco però i proprietari di condomini autonomi e villette (che da metà 2022 non avevano più diritto al bonus), a patto però che si tratti di prime case e con vincoli di reddito molto stringenti per i proprietari (si parla di un massimo di 15mila euro di reddito annuo), ma con possibilità di incremento all’aumentare dei componenti della famiglia. Tramontata invece, per quanto riguarda i proprietari di appartamenti in condominio, l’ipotesi di aliquote differenziate a seconda dell’utilizzo dell’abitazione (prima o seconda casa) o del reddito.

Le nuove norme, dettate dalla necessità del governo di recuperare risorse per le emergenze, a cominciare dal caro bollette, non chiariscono però tutti i dubbi. Il primo ovviamente riguarda l’ammontare effettivo dello sconto per chi esegue i lavori, e che in realtà, oltre che dalla normativa, sono strettamente legate al mercato e soprattutto allo sblocco della cessione dei crediti che di fatto aveva già frenato la possibilità di ricorrere al Superbonus 110. Ricordiamo che, per chi sceglieva cessione del credito o sconto in fattura, lo sconto del 110% si traduceva inizialmente in uno sgravio del 102-103 e perfino 104%, prezzo a cui venivano allora acquistati i crediti. Erano però i tempi d’oro quando i crediti fiscali venivano acquistati in gran quantità da banche, Poste e Cdp e passavano di mano senza difficoltà. Quest’era però è presto finita, aprendo la strada a varie fasi: dallo stop a ogni intervento da parte di Poste e Cdp (tra i principali attori sul mercato) al blocco totale della cessione dei crediti fatte salve le banche, fino a parziali riaperture. L’ultima fase vedeva comunque acquisti dei crediti molto selettive, a prezzi in media attorno a quota 90%, e quindi in molti casi anche inferiore. Il cambiamento rispetto al passato è stato dunque profondo e brusco. Mai numeri in futuro saranno ancora più ridotti, sempre per chi cederà il bonus fiscale così da non dover pagare subito tutti i lavori e recuperare lo sgravio in cinque anni in sede di denuncia dei redditi o perché non ha una capienza fiscale sufficiente. Guardando alle condizioni attuali del mercato del credito (dove i crediti passano di mano con uno sconto del 20-22% rispetto al 110 in iniziale), a fronte di lavori per 100 euro che corrispondono a un’agevolazione fiscale di 90 euro in cinque anni, fatte le debite proporzioni cedendo il credito si possono recuperare 75-78 euro. In altre parole, quasi quarto della spesa resta sicuramente a carico dei proprietari di casa che eseguono i lavori, cifra sicuramente destinata a salire per i proprietari di abitazioni indipendenti ch non rientrano nei parametri di reddito prefissati. Più gli eventuali interessi (ai tassi attuali) qualora ricorressero a un finanziamento. Il quadro potrebbe tuttavia migliorare a fronte di uno sblocco della cessione dei crediti (di cui per ora non si vede l’inizio) che avrebbe riflessi positivi sul valore dei crediti.

I dubbi tuttavia non finiscono qui. E riguardano soprattutto a chi si applicano gli sgravi, cioè da quale data e con quali passi già fatti del lungo iter necessario per avviare i lavori. E in seconda battuta se, come in precedenza, si ribaltano in egual misura sui cosiddetti lavori trainati, in primis gli infissi. Quanto al primo aspetto, secondo la logica chi ha già avviato i lavori o lo farà comunque entro il 2022 (lavori in condominio per cui risulti già depositata la Cilas, cioè la comunicazione necessaria per i lavori edilizi relativi al Superbonus), dovrebbe usufruire dei vecchi sgravi, quindi il 110%. Ma non si esclude che lo sgravio attuale resti solo per chi abbia già effettuato spese per i lavori o comunicare almeno un Sal (Stato avanzamento lavori).

Insomma, nato per consentire a tutti, ma proprio a tutti, al di là delle disponibilità economiche, di ristrutturare la propria abitazione migliorandone il profilo energetico (con un salto di almeno due classi, per poter usufruire degli sgravi fiscali), il Superbonus esce molto ridimensionato dalle ultime modifiche, anche se lo sconto del 90% resta comunque generoso considerando che gli altri bonus vanno dal 50 al 75% (ammesso che nella Legge di bilancio per il 2023 vengano tutti riconfermati, e nella stessa misura). Non a caso gli addetti ai lavori non festeggiano, lamentando in primo luogo il susseguirsi di cambiamenti nella normativa. «Non è possibile pensare di cambiare ora le regole per il 2023, significa fermare tutti i progetti avviati, mettendo in grave difficoltà famiglie e imprese», dichiara infatti a botta calda la presidente Ance Federica Brancaccio a margine del convegno dei Giovani Ance in corso a Positano il 4 e 5 novembre. «Occorre inoltre porre l’attenzione sulla cessione dei crediti e riaprire il circuito a cominciare da Poste e Cdp anche alla luce delle recenti sentenze della Cassazione che rischiano di rimettere in discussione le rassicurazioni recentemente fornite dall’Agenzia delle entrate». Infine un appello.

«Abbiamo la possibilità di avviare un percorso di crescita orientato a sostenibilità e transizione ecologica , ma servono regole chiare e trasparenti. Per questo chiediamo un confronto immediato con il governo sul nuovo Codice appalti, così come è necessario trovare una soluzione definitiva sul caro materiali, vera spada di Damocle sulla realizzazione del Pnrr, che ancora vede le imprese costrette a sostenere il peso degli aumenti dei costi». (riproduzione riservata)

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