DA SEI ANNI MANCA IL DECRETO CHE DEVE INDICARE CENTRI E MODALITÀ DI ESECUZIONE DEI CONTROLLI
di Luigi Chiarello
Oltre 120 morti l’anno sui trattori e il trend non accenna a diminuire. Lo rileva l’Osservatorio sugli infortuni in agricoltura, che monitora tutti gli incidenti per strada o nei campi rilevando anche quelli non censiti dall’Inail nella cosiddetta «gestione agricoltura».

Nella maggior parte dei casi, la causa di questi decessi è «il capovolgimento del mezzo, causato il più delle volte da sovraccarico, sforzo eccessivo di traino, manovre brusche o pendenza eccessiva del terreno». Quando si incappa in un sinistro del genere, le conseguenze per l’operatore che sta sul trattore spesso sono gravi, non di rado letali, specie quando si utilizzano trattori molto vecchi e non dotati dei meccanismi che le norme impongono ai nuovi mezzi. E cioè telai e cabine di tipo Rops e cinture di sicurezza.

In Italia si stima siano circa 2.781.000 le macchine agricole del parco circolante, ma almeno un terzo di esse (circa 994.000), è stato registrato nell’Archivio Nazionale veicoli prima del 1983. Cioè prima che due direttive CEE (n. 86/298 e n. 87/402) dettassero i requisiti minimi per gli strumenti di protezione. I trattori sul mercato inizieranno a essere dotati di cinture di sicurezza e strutture antiribaltamento a partire dal 1986. Così, ad oggi si calcolano circa 668mila trattori sprovvisti di sistema anti-ribaltamento e 1.240.000 trattori senza cinture di sicurezza.

Tornando agli infortuni, complessivamente quelli sul lavoro denunciati nella «gestione agricoltura» Inail 2020 sono stati 26.659; tra questi però non vengono inclusi quelli capitati ai lavoratori impegnati in attività agricole, ma conteggiati nella «gestione industria» (operatori conto-terzi, addetti delle cooperative che trasformano prodotti dei loro soci, attività in agriturismo) e quelli che colpiscono i coltivatori non professionali (hobby farmers e autonomi per cui l’attività agricola non è prevalente). Bene, di questi 26.659 sinistri agricoli, il 95% riguardano eventi sul lavoro, circa 478 sono avvenuti col mezzo di trasporto sul posto, altri 1.045 col mezzo di trasporto nel tragitto.

E il trend di mortalità sui trattori è in crescita. Secondo l’Osservatorio infortuni, i decessi sono stati 114 nel 2016, 124 nel 2017, 135 nel 2018. Di contro, tra i soli operatori professionali soggetti a «gestione agricola», l’Inail ha rilevato nel medesimo triennio 41 sinistri mortali nel 2016, 48 nel 2017, 53 nel 2018. Poi 59 nel 2019 e 34 nel 2020.

Ora, a fronte di tutto ciò c’è un buco normativo, che non consente agli agricoltori di mettersi in sicurezza. Quale? Il Codice della strada prevede l’obbligo di sottoporre a revisione tutti i mezzi agricoli soggetti a immatricolazione. In caso di mancata revisione l’art. 110 prevede sanzioni tra 85 e 338 euro e il ritiro della carta di circolazione. Il 20 maggio 2015, i ministeri dei trasporti e delle politiche agricole hanno emanato un decreto con cui sono state fissate le scadenze per la revisione; ma il 28 febbraio 2019 un altro provvedimento dei due dicasteri le ha prorogate, fissando i nuovi termini dal 30/6/2021 al 30 giugno 2023 (a eccezione dei veicoli immatricolati dall’1/1/2019 che avranno 5 anni di tempo per la revisione).

Bene, ad oggi e a distanza di sei anni da dm che ha fissato le prime scadenze non sono state ancora individuate né le modalità di esecuzione della revisione, né le officine autorizzate ad effettuarla (anche a domicilio). Manca, cioè, il provvedimento attuativo che deve dettare modalità e requisiti tecnici per poter procedere al controllo dei mezzi agricoli.

Morale: gli agricoltori, oltre ai pericoli legati alla mancata messa in sicurezza delle macchine, rischiano anche un bel verbale della Polizia stradale e il sequestro della carta di circolazione. Per un obbligo che non possono rispettare.
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