Il maltempo ricomincia ad abbattersi sul Paese e si fa la conta dei danni. Da un lato c’è chi rimpiange di non aver stipulato per tempo un’assicurazione contro i cosiddetti rischi catastrofali, per ripagare i danni. Dall’altro, avvicinandosi la discussione sulla Legge di Bilancio, il settore assicurativo torna a riproporre l’introduzione di polizze obbligatorie contro le calamità naturali, come già avviene in altri Paesi europei. Rispetto ad altri Paesi però, l’Italia è particolarmente vulnerabile: siamo il 6° paese al mondo per danni da catastrofi naturali negli ultimi 20 anni e abbiamo il 78% delle abitazioni a rischio alto o medio-alto tra sismico e idrogeologico. Secondo uno studio Ivass del 2019, i terremoti dal 1950 a oggi hanno causato 5.000 vittime, mentre le alluvioni 1.200 tra morti e dispersi. I danni per il patrimonio abitativo italiano sono immensi: 108 miliardi di euro per i terremoti negli ultimi 50 anni. Tutti erogati dallo Stato, quindi dai contribuenti, e sempre con anni di ritardo. A dispetto della sempre crescente frequenza e intensità con cui le calamità naturali colpiscono il nostro Paese, nell’ordinamento giuridico italiano non è ad oggi presente una legge organica che disciplini in via generale gli interventi statali quando viene dichiarato lo stato di calamità. Numerose sono state le iniziative predisposte negli anni per l’introduzione di un sistema a copertura delle catastrofi naturali: si ricordi il primo disegno di legge del 1993 che proponeva l’istituzione di un fondo per l’assicurazione dei privati alimentato da un’addizionale obbligatoria all’Ici dell’1% che sarebbe stata incassata dai comuni che si assicuravano con un consorzio assicurativo obbligatorio, o il disegno di legge del 1996 che prevedeva un sistema di assicurazione contro i rischi catastrofali ad adesione volontaria, o ancora le varie proposte di legge avanzate nel periodo 1997-2012, fino a quella depositata a fine giugno 2019 dalla deputata Michela Rostan, e mai andata a buon fine, che prevede un’assicurazione per danni catastrofali obbligatoria per tutti i proprietari di un immobile, con premio interamente detraibile in dichiarazione dei redditi. Il risultato è che, ad oggi, il tasso di penetrazione della copertura assicurativa contro le catastrofi naturali per le abitazioni è bassissimo (meno del 5%) mentre il mercato delle coperture catastrofali per le attività produttive è abbastanza sviluppato. I motivi che limitano la diffusione della copertura per le abitazioni sono molteplici: la consuetudine di interventi di finanziamento ex post da parte dello Stato, l’inesistenza di incentivi per i premi dell’assicurazione contro le catastrofi, il rischio di anti-selezione dovuto alla diversa rischiosità alle quali sono esposte le varie aree geografiche del Paese e, per finire, l’elevata potenziale intensità degli eventi catastrofali, associata alla vulnerabilità degli edifici. Alla luce di questo scenario e nelle more di una Legge sull’assicurazione obbligatoria, una soluzione alternativa ed innovativa potrebbe essere costituita dalla diffusione delle cd. polizze parametriche. Nelle modalità tradizionali di assicurazione il risarcimento è pagato in base alla stima della perdita subita dall’assicurato. Diversamente, nelle polizze parametriche, la perdita dovuta a fenomeni atmosferici estremi è risarcita quando un dato indice atmosferico si discosta dalla media storica, a prescindere dalla perdita effettivamente subita. Questo tipo di assicurazione si basa pertanto sulla misurazione di un indice oggettivo che presenta un’elevata correlazione con la perdita effettiva, la quale, quindi, non richiede alcuna quantificazione a posteriori. La determinazione anticipata dell’elemento risarcitorio e della soglia di riferimento del fenomeno meteorologico eliminerebbero pertanto gran parte dei passaggi tipici della tradizionale fase di liquidazione del danno, con indubbi vantaggi in termini di abbattimento dei costi operativi. (riproduzione riservata)

Marco Terzago
consigliere Anra
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