IN G.U. IL DECRETO DEL MEF CON LA VARIAZIONE NEGATIVA DELLA SPERANZA DI VITA

di Leonardo Comegna
Sino al 31 dicembre 2024, non ci sarà nessun aumento dell’età pensionabile. Ciò in quanto non si creerà il programmato incremento della «speranza di vita» dal 1° gennaio 2023. Di conseguenza, sia l’età richiesta per la pensione di vecchiaia che quella dell’assegno sociale rimane ferma a 67 anni.

Una buona notizia. La notizia, positiva, arriva dal decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, del 27 ottobre, pubblicato nella gazzetta ufficiale n.268/2021, dove viene certificata una variazione Istat negativa (-0,25 di anno, pari a tre mesi), registrata dalla popolazione residente all’età di 65 anni. Corrispondente alla differenza tra la media dei valori registrati negli anni 2019 e 2020 e la media dei valori registrati negli anni 2017 e 2018 (per l’effetto del Covid-19).

Cosa dice la legge. Dal momento che la normativa vigente (l’art. 12, comma 12-ter, lettera b) del decreto-legge n. 78/2010), convertito in legge n. 122/2010) stabilisce che l’adeguamento dei requisiti per il pensionamento non può essere negativo (praticamente non si può tornare indietro) il decreto di cui parliamo cristallizza per altri due anni gli attuali requisiti. Si tratta complessivamente del quinto adeguamento, dopo i precedenti: più 3 mesi nel 2013, più 4 mesi nel 2016, più 5 mesi nel 2019 e nel 2021 (adeguamento che è stato nullo). Pertanto, per la seconda volta dopo il biennio 2021-2022, il meccanismo non farà registrare alcun incremento.

Lo scenario. Per i cosiddetti «contributivi puri» viene dunque convalidato sino al 2024 il canale di uscita a 64 anni con 20 anni di contribuzione effettiva. A condizione che il rateo pensionistico non risulti inferiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale e quello a 71 anni in presenza di un minimo di 5 anni di contribuzione effettiva. Il mancato adeguamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia comporta poi l’invarianza sino al 2024 anche dei requisiti anagrafici per l’assegno sociale, che resterà congelato a 67 anni.

Pensione anticipata. Nessuna novità, invece, per la pensione anticipata (l’ex anzianità) che con il d.l. n. 4/2019 continua a beneficiare dell’esenzione dall’applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita sino al 31 dicembre 2026. I requisiti contributivi resteranno dunque pari a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Così come il requisito dei 41 anni, indipendentemente dall’età, per i «lavoratori precoci», coloro cioè che possono contare su almeno 12 mesi di contribuzione versata prima del compimento del 19esimo anno di età. Prestazione che però sconta la «finestra mobile» di tre mesi dalla maturazione dei requisiti. Nulla di nuovo anche per i «notturni» e gli «usuranti» che continuano ad andare in pensione con le vecchie «quote» di cui al dlgs n. 67/2011. Anche nei loro confronti il legislatore aveva già previsto la sospensione degli adeguamenti sino a tutto il 2026.
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