INTERVISTA ALL’AD CARLO MESSINA ALL’INDOMANI DEI CONTI TRIMESTRALI DELLA BANCA
di Andrea Cabrini
Un nuovo piano industriale «sicuramente stand alone» per la prima metà del 2022 e «un abbattimento totale degli stock di npl» sui cui lavorare già in questo trimestre. Raggiunto nei primi nove mesi dell’anno l’obiettivo di utile che si prevedeva per l’intero 2021, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina in questa intervista a ClassCNBC mette nel mirino l’espansione del wealth management, la sostenibilità della crescita e la pulizia dei bilanci.

Domanda. I mercati sono rimasti un po’ freddi di fronte alla trimestrale di Intesa. Si attendevano un rialzo degli obbiettivi?

Risposta. Di certo non per il 2022, anno per il quale l’obiettivo è chiaro e credo sia in linea con le attese degli analisti, ovvero generare 5 miliardi di euro. E penso che probabilmente lo supereremo.

D. Visti i risultati dei primi tre trimestri, però, c’era forse un’attesa al rialzo anche per quest’anno.

R. Gli analisti si aspettano sempre che, avendo generato 4 miliardi di utile nei 9 mesi, tu ne possa poi fare 4,5 o 5 nell’ultimo trimestre. Va invece tenuto presente che questi utili sono stati realizzati con una redditività operativa, ovvero con crescita dei ricavi e riduzione di costi e rettifiche sui crediti. Ma chi fa il mio mestiere non deve guardare alla redditività di un trimestre o all’andamento di borsa di una settimana.

D. E a che cosa allora?

R. Alla sostenibilità dei risultati futuri. Se vogliamo posizionare Intesa Sanpaolo come una delle migliori banche d’Europa, dobbiamo trasformare la forza della nostra leva operativa, ovvero la differenza tra ricavi e costi, in utile netto.

D. Quali ostacoli vanno superati?

R. La barriera per arrivare all’utile netto sono le rettifiche sui crediti. E l’unico modo per ridurle in futuro è abbattere totalmente lo stock di npl. E’ questa la value proposition che presentiamo al mercato, che ora attenderà il piano di impresa per decidere se considerarci un’opportunità di ulteriore importante investimento.

D. Nel frattempo pulite i bilanci.

R. Sì. Negli ultimi due trimestri abbiamo realizzato una riduzione significativa degli npl. Se si aggiunge quella operata a fine 2020, siamo a -17 miliardi, livello che per gli indicatori Eba è il 2,9% loro e intorno all’1,5% netto. Sono degli ottimi indicatori.

D. Il mercato valuta anche il payout

R. Noi lavoriamo per una redditività crescente e sostenibile in modo da poter pagare significativi dividendi e valorizzare l’eccesso di capitale. Questa è la storia di Intesa Sanpaolo e continuerà a essere così. E non ho dubbi: alla fine gli investitori lo apprezzeranno. In base ai valori di borsa continuiamo a essere una delle migliori banche d’Europa.

D. In quest’ultimo trimestre però la ripresa potrebbe indebolirsi e l’inflazione mordere: teme un impatto?

R. E’ una fase che durerà anche nel 2022 e che potrebbe andare a una risoluzione verso la fine del prossimo anno; la vera valutazione andrà fatta su quel punto di arrivo.

D. Le banche centrali la faranno?

R. Sì e, se in quel momento ci sarà ancora inflazione, potranno lavorare a un rialzo dei tassi.

D. Con quali effetti?

R. Non negativi, in particolare per le banche. Per quanto riguarda Intesa, se i tassi salissero di un mezzo percentuale il margine di interesse salirebbe di 1,2 miliardi. Dunque se nel 2023 ci dovessimo trovare in una condizione di risalita dei tassi, ci sarebbe un boom di ricavi per le banche.

D. E per le imprese?

R. Un aumento limitato allo 0,50% non provocherebbe una riduzione della crescita per le aziende italiane ed europe. Ecco perché non porrei troppa negatività su questi fenomeni. E’ indubbio che i prossimi anni saranno di crescita; se faremo +5 o +4,5% di pil, è solo un happy problem.

D. A febbraio Intesa presenterà il nuovo piano d’impresa: sarà stand alone?

R. Questo è certo. Non vediamo opportunità di crescita crossborder, anche perché all’interno dei Paesi ci sono resistenze alla possibilità di creare un ambiente unico per l’operatività delle banche. E poi non siamo interessati a una crescita degli sportelli, perché con il digitale le filiali perderanno valore.

D. Qual è la direzione?

R. Siamo piuttosto interessati al wealth management, dove le possibili prede hanno valori così elevati che è meglio concentrarsi sul nostro potenziale interno. Abbiamo una miniera di risparmio degli italiani che può essere ancora valorizzata, a vantaggio nostro e dei clienti. Perché comunque la logica dovrà essere sempre quella di creare valore per gli investitori.

D. Oltre a Mps c’è un’altra partita molto delicata per la finanza italiana: quella che si gioca su Generali. Voi avevate aperto un dossier; è chiuso per sempre o, e la situazione dovesse cambiare, potreste ritornare in partita?

R. È chiuso, come dichiarammo nella fase in cui facemmo la valutazione. Ci fu un leak di informazioni, ma non era l’unico dossier che stavamo vedendo; ne avevamo una serie sul tavolo. Abbiamo deciso di fare una valutazione in trasparenza e con altrettanta trasparenza abbiamo spiegato ai nostri investitori che c’era possibilità di creare più valore di quanto avremmo fatto lavorando sulla nostra fabbrica-prodotto interna.

D. Ha funzionato?

R. Direi di sì. In questi anni abbiamo costruito il principale competitor di Generali in Italia, perché alla fine sia nel business Vita che nel ramo Danni, se si esclude Unipol, siamo l’altro grande campione della banca-assicurazione nel Paese. E’ un’attività ben integrata con la nostra rete di filiali e ha una capacità di generare utili in Italia comparabile con quella di Generali. Ecco perché non vedo alcuna opportunità che altri possano portare valore per Intesa Sanpaolo. (riproduzione riservata)

ha collaborato Adolfo Valente
Fonte: logo_mf