LA PANDEMIA HA AVVICINATO ALLA TELEMEDICINA MA NON BASTA: ECCO COME SFRUTTARE LE RISORSE
di Antonio Longo
La pandemia ha accelerato il percorso di digitalizzazione della sanità, rendendo concrete delle prestazioni e dei servizi da remoto che fino a un anno fa erano considerati futuribili. Ma l’Italia è ancora agli albori. Basti pensare che a livello di servizi integrati di assistenza domiciliare, per esempio, solo il 5,1% dei pazienti anziani ne ha accesso rispetto a una media Ocse del 6%. Lo slancio arriva dal Pnrr. Sul piatto ci sono oltre 20 miliardi di euro, di cui 15,63 miliardi di euro da Next Generation Eu e 4,6 miliardi dal fondo complementare, destinati al settore della sanità dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. In particolare, è la sesta Missione «Salute» del piano che si declina nelle componenti «Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale» e «Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale».

Come sfruttare al meglio questa spinta? Attraverso una gestione puntuale dei dati sanitari e un approccio strutturato alla telemedicina rispetto a tutti gli ambiti che concorrono al buon esito delle sue potenzialità. Sono i due ambiti centrali del percorso di digitalizzazione sui quali occorre agire per uno sviluppo efficace e di valore della sanità italiana secondo il giudizio degli esperti del gruppo di lavoro «Digital Health e Pharma» di Netcomm, guidato da Humanitas, Medtronic e MSD, che ha presentato alla camera dei deputati quattro proposte per valorizzare gli investimenti in telemedicina previsti dal Pnrr e dare slancio al futuro dell’e-health italiano.

Gli italiani e la sanità digitale. In base al giudizio degli esperti, c’è divario tra il percorso di digitalizzazione avviato dal sistema sanitario italiano e il contesto internazionale. A livello di servizi integrati di assistenza domiciliare, in Italia solo il 5,1% dei pazienti anziani ne ha accesso rispetto a una media Ocse del 6%. L’interesse dei cittadini italiani verso la digitalizzazione dei servizi legati alla sfera della salute, anche alla luce delle vicissitudini causate dalla pandemia, appare oggi più che mai forte. Come emerso da un recente studio di Netcomm, infatti, il 62% del campione ha dichiarato di aver prenotato online visite e altre prestazioni sanitarie, il 32% ha utilizzato app per gestire alcuni aspetti legati alla salute e ai percorsi sanitari, il 29% ha interagito tramite chat con uno specialista e il 22% ha effettuato un consulto sanitario online.

Quattro proposte per tracciare la road map. Le proposte avanzate dal gruppo in materia di telemedicina, che afferiscono ai tre ambiti strategici sui quali si snoda lo sviluppo della digitalizzazione della salute quali quello ospedaliero, il contesto farmaceutico e il settore delle tecnologie medicali, riguardano quattro ambiti. In primis, l’individuazione di standard nazionali, chiari e vincolanti, per l’accreditamento degli strumenti utilizzabili per i servizi di telemedicina, quali ad esempio l’integrazione del Fascicolo sanitario elettronico, le modalità e i formati di condivisione delle immagini e la certificazione medicale degli strumenti diagnostici utilizzati. Inoltre, necessita una definizione delle prestazioni di telemedicina che possa garantire al personale sanitario un’adeguata suddivisione del tempo dedicato all’attività ambulatoriale, in presenza e da remoto, definendo anche i requisiti relativi all’erogabilità della prestazione anche al di fuori della sede fisica accreditata. E ancora, un’adeguata formazione del personale sanitario in modo da sostenere e guidare la transizione digitale del settore sanitario. Infine, un puntuale studio della sostenibilità economica delle attività di telemedicina, che ne definisca delle specifiche tariffe in grado di tener conto degli investimenti necessari all’erogazione delle stesse. Secondo la visione del gruppo, si tratta di quattro snodi fondamentali per valorizzare gli investimenti in telemedicina attualmente previsti dal Pnrr. «Sono molte le forze che stanno rimodellando il settore sanitario, l’utilizzo sempre più ampio da parte dei cittadini dei canali digitali per le loro necessità di salute, l’avvento di tecnologie promettenti nell’ambito della prevenzione, della cura e dell’assistenza, nonché le nuove modalità di relazione e di servizio mediate dai canali online», evidenzia Roberto Liscia, presidente di Netcomm, «l’evoluzione verso un sistema sanitario sempre più connesso e a valore aggiunto è una priorità alla quale l’Italia deve tendere in maniera rapida ed efficace».

L’ecosistema sanitario post Covid – 19. Per ridisegnare la sanità del futuro è necessario adottare un approccio strutturato e sistemico per ripensare i modelli organizzativi, garantire un coordinamento nelle politiche di investimento per l’innovazione, assicurare la disponibilità di dati tempestivi e certi per una corretta programmazione e gestione degli interventi necessari. È quanto emerso nel corso dei diversi panel previsti nell’ambito della seconda edizione di Epocal Summit, promosso da Ge Healthcare con il supporto di Fasi e Ania e PwC come knowledge partner. La rapida diffusione del virus ha messo in luce le debolezze del sistema sanitario italiano ma ha anche accelerato l’individuazione e l’applicazione di soluzioni innovative e digitali, ha contributo al rafforzamento della collaborazione tra i vari stakeholder e ha determinato un maggiore ricorso all’e-health e alla telemedicina per garantire un’assistenza efficace e continuativa al paziente. Ha, inoltre, accentuato il ruolo cruciale dei big data per migliorare i processi e le prestazioni del servizio sanitario. Secondo gli esperti, però, l’innovazione è al centro ma le tecnologie, da sole, non possono guidare il cambiamento, è necessaria, infatti, una strategia che preveda il coinvolgimento dell’intero ecosistema della salute, con nuovi modelli di collaborazione. «La sfida di Epocal è tracciare una roadmap per accompagnare i cambiamenti, proponendo soluzioni concrete e cogliendo le opportunità derivanti dagli interventi politico-istituzionali, come il Next Generation Eu, che rappresentano una leva fondamentale per investimenti mirati in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie intelligenti al servizio della sanità globale», osserva Massimo Barberio, direttore public affairs di Ge Healthcare. È emerso, inoltre, come le partnership pubblico – privato e altre forme di collaborazione tra i diversi stakeholder dell’ecosistema salute consentono di accelerare la ricerca e l’accesso all’innovazione, condividere il rischio, giungere a una visione della salute integrata, condivisa e paziente – centrica. «Pubblico e privato insieme sono la risposta più adeguata di fronte a bisogni sanitari in rapida evoluzione, una risposta in grado di fornire protezione efficace ai cittadini, garantendo la sostenibilità del sistema», conferma Maria Bianca Farina, presidente di Ania.
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