Convegno ACB: il 97% degli intermediari utilizza le collaborazioni. Forte insoddisfazione per la standardizzazione dei prodotti e per la fase precontrattuale

“Rapporti con il cliente. Diligenza, coerenza e consulenza”, è il titolo del convegno ACB tenutosi a Milano con una ridotta presenza in sala e trasmesso in diretta streaming.

Luigi Viganotti, presidente dell’Associazione di Categoria Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni, ha introdotto i lavori della giornata, sottolineando la natura del broker, “non distributore di polizze”, ma consulente che esprime il proprio valore reperendo sul mercato la copertura più adatta alle esigenze del cliente.

Viganotti ha poi messo l’accento sulle difficoltà del momento, dove l’eccessiva regolamentazione produce una eccessiva burocratizzazione che toglie energie importanti e tempo al business quotidiano del broker. “Una volta risolte le incombenze formali ci rimane un 25-30% da dedicare ai nostri clienti, secondo le nostre stime”. E se pensiamo che il broker deve trovare il tempo da dedicare all’aggiornamento professionale e a informarsi sui nuovi prodotti in arrivo sul mercato o sulle soluzioni innovative lanciate sui mercati internazionali, si può ben intuire quanto incidano gli eccessivi oneri burocratici su una società di brokeraggio.

Convegno ACB

È toccato poi a Patrizia Contaldo, docente presso l’Università Bocconi e responsabile dell’Osservatorio sul mercato assicurativo di Baffi Carefin, presentare il sondaggio realizzato raccogliendo le opinioni degli intermediari sui temi che hanno fatto da guida al convegno.

Il risultato più eclatante riguarda il 97% degli intervistati che ha dichiarato di utilizzare le collaborazioni. Patrizia Contaldo ha detto che “le collaborazioni sono uno strumento che permette di mantenere coerenza tra domanda e offerta e che valorizza il rapporto con il cliente, nonostante aumentino gli oneri di compliance. Pure in termini di consulenza imparziale e personalizzata c’è un incremento degli oneri di gestione, ma il fattore consulenza è ciò che determina il valore e quindi il posizionamento sul mercato dell’intermediario che la fornisce”.

Alla voce criticità, il sondaggio ha rilevato la forte insoddisfazione per la fase precontrattuale, oltre alla consapevolezza che in molti casi il “target market” non risponde alle reali esigenze della clientela. A preoccupare maggiormente è però la tendenza alla standardizzazione dei prodotti, soprattutto nel segmento corporate.

Su queste tematiche si poi sviluppato il dibattito della tavola rotonda, riprendendo il tema della, diligenza, coerenza e consulenza nel delicato rapporto con i clienti, che ha fatto da guida al convegno. Sono intervenuti: Antonio Longo, avvocato esperto di Diritto delle Assicurazioni e docente di diritto degli Intermediari Finanziari presso l’Università della Tuscia di Viterbo; Andrea Maura, avvocato partner dello studio legale Legal Grounds – ALIANT; Carlo Galantini, avvocato partner dello studio legale Galantini & Partner; Davide Vacher, consigliere ACB, Carlo Cosimi, presidente Anra, Roberto Conforti, presidente UEA e Fabrizio Premuti, presidente di Konsumer.

L’avvocato Longo ha osservato come il concetto di consulenza, non certo una novità, sia oggi molto avvertita. Una sorta “di raccomandazione personalizzata, con una valutazione approfondita che porta il cliente verso la scelta consapevole di una copertura. È la manifestazione di una professionalità più spiccata, da cui ne consegue una crescente responsabilità”, che porta Longo alla conclusione che la presenza sul mercato dell’intermediario sarà sempre più legata alla capacità rispondere alle esigenze reali del cliente.

Andrea Maura ha parlato delle “regtech”, le start up a tecnologia avanzata che fondono il concetto di “Regulatory” con quello di “Technology” e consentono a compagnie e intermediari di gestire l’enorme flusso di istanze normative e di regolamentazione: “Un mondo in grande evoluzione dove sono stimati investimenti per circa 6 miliardi di dollari entro il 2023”.

Anche Carlo Galantini ha parlato di piattaforme tech: “per essere compliant è essenziale la piattaforma deve evidenziare i ruoli della filiera, in modo da rendere sempre chiaro chi interagisce con il cliente”. Galantini ha aggiunto che l’utilizzo di queste piattaforme da parte di un broker sono cosa completamente differente “dalla vendita automatizzata a distanza, che avviene quando il cliente non ha alcuna interlocuzione con un distributore”.

Approccio completamente diverso quello di Roberto Conforti che ha ricordato la complessità della materia assicurativa, “non esiste prodotto assicurativo così semplice da potersi vendere in meno di un minuto”, osservando come alla complessità della materia si va ad aggiungere “il linguaggio incomprensibile dei contratti”, senza dimenticare che in molti casi “il non scritto è anche più importante di quanto scritto in polizza”. Secondo Conforti una buona piattaforma “fa migliorare la marginalità, anche se abbiamo imparato dalla pandemia che alcune cose possono essere fatte da remoto, altre no”.

Davide Vacher ha portato lo sguardo oltre confine, guardando quello che avviene negli altri paesi europei in termini di regolamentazione. Se in Italia il recepimento delle norme europee è grosso modo in linea con quanto avviene negli altri Paesi, il problema principale consiste “nella sovrapposizione delle normative e nella ridondanza degli obblighi aggiuntivi richiesti agli intermediari”. Ridondanza che si manifesta nel Dip, Dip aggiuntivo, oneri di compliance sulle collaborazioni, le vendite abbinate e il cross-selling”. Una vera e propria giungla dove diventa indispensabile per un intermediario professionale cercare supporto nell’utilizzo della tecnologia.

Per quanto riguarda il mondo delle imprese, Carlo Cosimi ha ricordato come le grandi aziende siano strutturate per soddisfare internamente la gestione del rischio, anche ricorrendo all’autoassicurazione. “Non possono farlo le PMI che hanno bisogno di un broker che faccia per loro anche l’analisi dei rischi. La consulenza degli intermediari è sempre più necessaria a questa tipologia di imprese in considerazione del fatto che il mercato tende a uscire da alcune linee di business, si continuano a aumentare le franchigie e il rischio reputazionale è potenzialmente sempre più distruttivo se pensiamo al mondo dei Social media. Ecco perché la consulenza di un intermediario professionale può fare la differenza”.

A dar voce ai consumatori ci ha pensato Fabrizio Premuti: “Il consumatore non conosce le differenze tra agente e broker e neanche interessa conoscerle. Lui cerca sempre consulenza, qualunque sia l’intermediario cui si rivolge. La quota del mercato diretto, formato da vendite senza consulenze, è del 7% e proprio quella è la fonte del 50% dei reclami, che in Italia sono largamente concentrati nel ramo Rc Auto”.