di Silvia Valente
L’Italia rischia di perdere fino a 58 miliardi di euro di pil a causa dei cambiamenti climatici entro il 2050. Lancia l’allarme, nel giorno dell’apertura della Cop26 a Glasgow, il Rapporto «G20 Climate Risks Atlas» della Fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), realizzato con il supporto di European Climate Foundation e con il contributo scientifico di Enel Foundation. L’Italia è tra i best performer nella trasformazione energetica, grazie «alla bassa intensità energetica dell’economia e all’avanzata digitalizzazione della rete elettrica, che ha avuto un beneficio positivo in termini di perdite di trasmissione e distribuzione». Negli ultimi dieci anni, sono stati fatti investimenti nelle rinnovabili anche per sostituire i combustibili fossili (per lo più importati). Eppure, serve un’ulteriore accelerazione dell’elettrificazione, soprattutto nell’edilizia e nei trasporti. Nonostante l’impegno italiano nell’efficienza energetica, il nostro Paese può arrivare a perdere tra l’1,7% e il 3,7% del pil (massimo 58 miliardi) nello scenario peggiore legato agli impatti del cambiamento climatico. Qualora, invece, si rispettasse l’impegno dei Paesi del G20 di ridurre le emissioni per contenere la variazione di temperatura intorno a +1,5 gradi centigradi, l’Italia subirebbe una perdita tra lo 0,02% e il 2,2% del pil, ossia un massimo di 36 miliardi di euro. Allargando lo sguardo ai Paesi del G20, il report stima le perdite di pil totale nel peggiore dei casi intorno al 4% entro il 2050, valore che arriverebbe a superare l’8% entro il 2100, praticamente il doppio delle perdite economiche dovute al Covid-19. Se invece l’incremento della temperatura globale restasse entro i due gradi, il costo per i Paesi parte del G20 potrebbe scendere allo 0,1% del pil complessivo entro il 2050 e all’1,3% entro il 2100. «A meno che non si agisca ora i cambiamenti climatici colpiranno gravemente le più grandi economie del mondo, come dimostrano l’aumento delle temperature e le ondate di calore, la diffusa siccità, la mancanza di acqua per l’agricoltura, la perdita di vite umane e il numero crescente di incendi. E non di meno l’innalzamento del livello del mare e l’erosione costiera, la diminuzione delle scorte alimentari, le minacce al settore turistico, la diffusione delle malattie tropicali e l’insicurezza alimentare», ha precisato Donatella Spano, membro del consiglio strategico del Cmcc e coordinatrice del Rapporto. (riproduzione riservata)
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