ORDINANZA DEL TRIBUNALE DI ORISTANO SULLE IMMISSIONI CHE POSSONO DANNEGGIARE LA SALUTE
di Gianfranco Di Rago
Canne fumarie rigorosamente a distanza. Lo scarico dell’impianto posto al servizio di un appartamento deve essere collocato a una certa altezza dal tetto dell’edificio e rispettare le distanze legali dalle proprietà confinanti. Anche perché il manufatto situato troppo vicino alle unità immobiliari confinanti mette a rischio la salute degli occupanti e le relative immissioni vanno considerate intollerabili. Il giudice può quindi ordinare in via cautelare al proprietario dell’impianto di sospenderne immediatamente l’utilizzo, salvo individuare differenti soluzioni tecniche a seguito degli opportuni approfondimenti da svolgere nel successivo giudizio di merito. È questo quanto si ricava dalla recente ordinanza pronunciata dal tribunale di Oristano lo scorso 30 settembre 2021 all’esito dell’esperimento di un’azione di manutenzione nel possesso ex art. 1170 c.c..

Le ragioni delle parti in causa.Nella specie la proprietaria dell’abitazione con terrazza posta all’ultimo piano di un edificio aveva chiesto in giudizio che venisse inibito l’uso della stufa a pellet installata nell’appartamento posto al piano terra dell’edificio e la rimozione della canna fumaria, denunciando le immissioni di fumo verso la terrazza e le aperture della propria unità immobiliare, da ritenersi superiori alla normale tollerabilità consentita dall’art. 844 c.c., nonché la violazione delle distanze minime, ex art. 890 c.c..

Le parti resistenti, al contrario, sostenevano la regolarità dell’installazione della canna fumaria sia dal punto di vista civilistico che amministrativo, avendo provveduto a richiedere le necessarie autorizzazioni.

La scelta del corretto rimedio processuale.In verità la ricorrente, nel presentare le proprie richieste al tribunale, aveva fatto riferimento tanto all’art. 700 c.p.c. quanto all’art. 1170 c.c.. In questi casi occorre però fare molta attenzione.

Infatti se, per l’urgenza che la situazione richiede, si opta per l’avvio di un procedimento cautelare, occorre tenere bene a mente che quello previsto dall’art. 700 c.p.c. è un provvedimento a tutela residuale, nel senso che è possibile farvi ricorso, pena l’inammissibilità dell’istanza, soltanto ove non esista un rimedio processuale specifico previsto dall’ordinamento giuridico.

Il tribunale di Oristano ha quindi avuto modo di chiarire che rientrano negli atti costituenti molestie di fatto nel possesso sia quelli comportanti violazione delle distanze legali sia quelli che provocano immissioni superanti i limiti della normale tollerabilità. In questi casi si deve ricorrere alla c.d. azione di manutenzione di cui all’art. 1170 c.c., utilizzabile a difesa del possesso sia nel caso di immissioni di fumo intollerabili derivanti da canna fumaria collocata sul fondo del vicino, in relazione all’art. 844 c.c. (si veda Cass. civ., n. 11382/2005), sia nel caso di fabbricazione di canna fumaria considerata pericolosa se a distanza inferiore a quella regolamentare, in relazione all’art. 890 c.c. (si veda Cass. civ., n. 7466/97).

Rapporti di condominio e rapporti di vicinato.Un’altra verifica preliminare condotta dal tribunale e che è utile mettere in evidenza in casi del genere è anche quella relativa alla titolarità della controversia. Occorre cioè chiedersi se la questione riguardi direttamente beni e servizi condominiali. Nella specie il tribunale di Oristano ha accertato che non erano in discussione rapporti di condominio, cioè pertinenti alla difesa del possesso di ciascun condòmino relativamente all’appoggio del manufatto al muro perimetrale e al tetto, evidentemente parti comuni dell’edificio, bensì solo rapporti di vicinato, perché si discuteva del possesso su determinate porzioni del medesimo edificio in relazione all’insistenza del manufatto a servizio di un appartamento con caratteristiche tali da interferire con l’uso individuale dell’altro immobile. La vicenda, quindi, riguardava soltanto i proprietari delle unità immobiliari interessate e non la compagine condominiale.

La decisione del tribunale di Oristano: a) il mancato rispetto delle distanze legali.Il giudice sardo ha ritenuto fondati entrambi i motivi per i quali era stata chiesta la tutela cautelare. Dal primo punto di vista è stato posto in evidenza come l’art. 890 c.c., relativo alle distanze da rispettare per fabbriche e depositi nocivi, faccia espresso rinvio alle prescrizioni dei regolamenti, di carattere integrativo, ponendo una presunzione assoluta di pericolosità allorquando la distanza sia inferiore a quella regolamentare. Soltanto in mancanza di prescrizioni locali è stabilito che siano osservate quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, così da far accertare di volta in volta se il pericolo sussista. Nella specie il regolamento edilizio comunale disponeva che i condotti di fumo collegati ad apparecchi di riscaldamento dovessero innalzarsi oltre il colmo dei tetti, rispetto ai fabbricati circostanti, e che la sporgenza dei fumaioli dalla copertura non fosse inferiore a un metro.

Si tenga presente che il colmo è la linea comune a due falde di un tetto a piani inclinati e il riferimento normativo in questione, secondo quanto ritenuto dal giudice, individuava quindi univocamente la sommità della copertura e non la linea inferiore, verso cui scola l’acqua del tetto. Inoltre la torretta di evacuazione del fumo, che si elevava dalla gronda per circa un metro, era posizionata a una distanza di circa 4 o 5 metri dal parapetto della terrazza e a circa 8 metri dalla porta-finestra da cui si accedeva alla stessa. Per quanto sopra il Tribunale ha ritenuto sussistente la lamentata situazione di pericolo igienico-sanitario, non rispettandosi l’altezza minima dal colmo, in rapporto alla distanza dalla vicina abitazione.

La decisione del tribunale di Oristano: b) il carattere intollerabile delle emissioni.Anche da questo punto di vista il tribunale ha ritenuto fondato il ricorso. È stato quindi ricordato come il limite della normale tollerabilità delle immissioni, ex art. 844 c.c., di qualsiasi natura esse siano, non è mai assoluto, ma sempre relativo, dovendosi rapportare l’intensità, la durata e la frequenza delle stesse alla percezione dell’uomo medio e alla situazione ambientale, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.

Nel caso concreto, in base a quello che risultava dalle fotografie e dai filmati prodotti in giudizio, il fumaiolo risultava collocato proprio di fronte, alla stessa altezza e a distanza di pochi metri dalla terrazza. Il fumo che ne fuoriusciva si disperdeva rapidamente nell’aria solo in presenza di venti sostenuti, diffondendosi altrimenti in lenti rivoli, sparsi in ogni direzione. Era quindi concreto il pericolo di ritorno del fumo, almeno in parte, verso la vicina abitazione di proprietà della ricorrente. Sussisteva, dunque, la lamentata condizione di intollerabilità delle immissioni, come conseguenza della nuova opera, dovendosi comparare il carattere pur non continuo delle emissioni, durante il periodo annuale di esercizio dell’impianto termico e nei giorni e negli orari di inadeguata dispersione in atmosfera, con l’estrema vicinanza dei luoghi abitati e con la indiscussa gravità degli effetti dannosi delle esalazioni per la salute, bene costituzionalmente garantito e che occorre sicuramente ritenere prevalente.

Si evidenzia, infine, come il tribunale abbia ritenuto di nessuna rilevanza, ai fini cautelari, la conformità dell’impianto alla regola dell’arte, con riferimento alla normativa tecnica UNI 10683:2012, in materia di scarico di fumi da impianti di riscaldamento.
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