di Gianpaolo Sbaraglia*
Nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle entrate sul welfare aziendale. Questo è quanto emerge dalla risoluzione n. 55 del 2020, la quale è intervenuta sull’ammissibilità di un piano di welfare legato alle performance dei dipendenti (cd. «Welfare premiale»). In particolare, il caso sottoposto all’Amministrazione riguardava un piano di welfare che si attivava con il raggiungimento di un obiettivo minimo di fatturato per il 2019, riconoscendo ai dipendenti un credito welfare per l’anno 2020 da utilizzare attraverso una specifica piattaforma web che consentirebbe ai destinatari la fruizione di utilità specificatamente individuate. L’importo del credito welfare riconosciuto ai dipendenti era graduato per livello di inquadramento e anzianità di servizio, e riparametrato in caso di fatturato inferiore all’obiettivo prestabilito. Orbene, l’Ufficio per fornire una puntuale risposta al quesito posto ha dapprima osservato che la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente deve essere coordinata col principio di onnicomprensività che, riconducendo nell’alveo di tale categoria reddituale tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, riconosce l’applicazione residuale delle predette deroghe, in ragione anche della circostanza che i benefit ivi previsti non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale. Ne consegue che qualora tali benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione. Sulla scorta di tali considerazioni, l’Amministrazione ha osservato che si ritiene coerente con la portata dei commi 2 e 3 dell’art. 51 in esame, il piano welfare che premia i lavoratori dell’azienda che abbia incrementato il proprio fatturato, con una graduazione dell’erogazione dei benefit in base alla retribuzione annuale lorda, mentre non appare in linea con le medesime disposizioni, una ripartizione effettuata in base alle presenze/assenze dei lavoratori in azienda oppure una erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile dei lavoratori. E ciò – continua sempre l’Amministrazione – non appare coerente, infatti, con la ratio sottesa alle disposizioni in materia di redditi di lavoro dipendente, consentire la riduzione dei redditi imponibili, fino al completo abbattimento degli stessi, in ragione della tipologia di retribuzione (in denaro o in natura) scelta dai soggetti interessati. Venendo quindi al caso sottoposto l’Ufficio, è stato osservato che sulla base di tali principi, si ritiene che i benefit erogati in esecuzione di un regolamento aziendale, attuativo di un piano welfare rivolto ai soli lavoratori che abbiano deciso di non percepire un premio in denaro, assumano rilevanza reddituale in ragione del loro valore normale, ovvero in base alle ordinarie regole dettate per la determinazione del reddito di lavoro dipendente. Infatti, la ratio sottesa alle disposizioni dei commi 2 e 3, ultima parte, dell’articolo 51 in esame non viene meno nell’ipotesi in cui tali beni e servizi siano erogati a titolo premiale, ovvero per gratificare i lavoratori del raggiungimento di un obiettivo aziendale. In tale ipotesi, secondo l’Amministrazione sarebbe prevalente l’aspetto di fidelizzazione, che non viene meno anche nell’ipotesi di una graduazione nell’erogazione, sempreché tale ripartizione non trovi giustificazione nella valutazione dell’attività lavorativa del dipendente, sia singolarmente considerato che in gruppo, ovvero su valutazioni strettamente connesse alla prestazione lavorativa.

L’intervento certamente è apprezzabile in quanto gli operatori del settore si sono spesso interrogati sulla validità e legittimità di un piano di welfare che premiasse le performance aziendali. Infatti, prima di questa importante risoluzione si era registrato solo un interpello n. 904-791/2017 della Dre Lombardia (non pubblicato ma commentato sulla stampa specializzata) in cui era stato osservato che «considerato pertanto che, nel caso di specie, la struttura del piano Welfare di cui trattasi (che subordina l’accesso ai vari servizi al raggiungimento di determinati obiettivi di performance aziendale e individuale con espressa indicazione del ‘credito Welfare’ attribuibile in funzione del livello di ottenimento di tali obiettivi), così come descritta, non parrebbe contrastare con la finalità delle norme agevolative in commento, questa Direzione regionale ritiene che, nel caso in esame, sussistano, in capo alla società istante, i presupposti per escludere da imposizione sul reddito di lavoro dipendente il valore dei servizi offerti alla generalità dei propri dipendenti rientranti, astrattamente, nelle fattispecie esentative di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 51 del Tuir». Ciò posto, quanto al contenuto, si ritiene che siano apprezzabili le precisazioni fornite dall’Amministrazione, che, come detto, hanno fatto chiarezza su un aspetto molto dibattuto tra gli interpreti. Da una attenta lettura del documento di prassi, non sembra più ammissibile l’attribuzione di benefit legati alle performance individuali dei dipendenti, in quanto l’assegnazione sarebbe strettamente connessa alla prestazione lavorativa e dunque ne assegnerebbero natura retributiva.

Gli operatori, alla luce della risoluzione in commento, sono chiamati a porre molta attenzione alla costruzione di piani di welfare premiale, onde evitare che i benefit assegnati ai lavoratori possano interamente concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
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Non sempre il dipendente può scegliere il benefit
Gianpaolo Sbaraglia,
In un piano di welfare aziendale, il dipendente non sempre può scegliere il benefit. Questo è quanto emerge dalla Ris. n. 55 del 2020, in cui l’Amministrazione è stata interpellata sulla validità di un piano di welfare che viene attuato attraverso l’attribuzione, a ciascun dipendente, di un «credito welfare», utilizzabile presso una piattaforma web. Con la piattaforma, il dipendente ha la possibilità di individuare il benefit che poi fruirà presso strutture convenzionate anche il tramite di voucher. Il quesito posto all’Amministrazione finanziaria riguardava la conformità di tale schema con benefit che sono esenti solo se il dipendente resta estraneo nel rapporto economico con la struttura che eroga il servizio welfare. È il caso dell’art. 51, comma 2, lett. f), Tuir secondo cui «l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100.» In altri termini, le opere ed i servizi contemplati dalla norma possono essere messi a disposizione direttamente dal datore o da parte di strutture esterne all’azienda, ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio. La prassi già aveva avuto modo di pronunciarsi sul punto con la ris. n. 34 del 2004, secondo la quale «l’utilizzazione di tali opere e servizi da parte del dipendente non assume rilevanza ai fini della determinazione del lavoro dipendente. L’esclusione dalla tassazione opera, a parere della scrivente, anche nell’ipotesi in cui detti servizi siano messi a disposizione dei dipendenti tramite il ricorso a strutture esterne all’azienda. Ciò in quanto considerare o meno come bene in natura (e quindi assoggettare o meno a tassazione) l’utilizzo di un’opera o di un servizio messo a disposizione volontariamente dal datore di lavoro a seconda se le strutture impiegate siano o meno di proprietà dello stesso datore di lavoro determina una ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che ricevono un beneficio sostanzialmente identico.» Per poi proseguire «Peraltro, affinché la disposizione dell’art. 51, comma 2, lett. f), possa tornare applicabile nell’ipotesi in cui le strutture utilizzate non siano di proprietà del datore di lavoro, il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l’azienda e l’effettivo prestatore del servizio ed in particolare non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda in relazione all’obiettivo di fornitura del servizio (…).» L’impostazione interpretativa è stata confermata anche dalla Ris. n. 26 del 2010, ove si legge che «Inoltre, restano escluse dall’ambito applicativo della disposizione di esenzione le ipotesi di erogazione di somme, anche indirette, da parte del datore di lavoro che possono consistere in rimborsi o anticipazioni di spese sostenute dal dipendente.» Ciò posto, venendo al caso sottoposto all’Amministrazione, con la ris. n. 55 del 2020, è stato osservato che l’art. 51, comma 2, lett. f), Tuir è rispettata nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o non all’offerta proposta dal datore di lavoro, senza pertanto poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione. Laddove, infatti, l’opera e/o il servizio fossero predisposti dal datore di lavoro o dal terzo erogatore in ragione di specifiche esigenze del singolo lavoratore o dei suoi familiari e con le modalità da questi ultimi rappresentati, sempre ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, si configurerebbe un aggiramento del divieto di erogare la prestazione in denaro che, come detto, non è contemplata nell’ambito di applicazione della lett. f) in esame. Ciò posto, secondo l’Ufficio, la non concorrenza alla formazione del reddito del dipendente delle seguenti utilità aventi finalità ricreative, in particolare: «cinema», «musei», «palestre», «parchi divertimento», «abbonamenti a riviste», nonché le «soluzioni di viaggio e cofanetti», è ammessa nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o non all’offerta proposta dal datore di lavoro, senza pertanto poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.

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