Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali


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Il Covid-19 entra ufficialmente tra i rischi (biologici) di cui il datore di lavoro deve tenere conto nel garantire la sicurezza dei dipendenti. Il cosiddetto decreto Ristori-bis, il dl n. 149/2020, infatti, recepisce la direttiva 2020/739 del 3 giugno con cui la Commissione Ue, a distanza di 10 mesi dall’inizio di pandemia, ha inserito il Sars-CoV-2 nell’elenco degli agenti biologici che possono causare malattie infettive all’uomo. Il recepimento della direttiva, giunto sul filo della scadenza del termine, fissato al 24 novembre (ma anticipato di un anno, a motivo dell’emergenza), ha aggiornato le norme del T.u. sicurezza (dlgs n. 81/2008) relative ai rischi da agenti biologici. Di conseguenza diventano più stringenti gli adempimenti (per esempio istituzione registro degli esposti) per i datori di lavoro che svolgono attività che espongono i lavoratori al rischio quali, prioritariamente, laboratori, servizi veterinari e industria. Ma non possono ritenersi esonerati gli altri datori sui quali, di principio, ricade l’obbligo della «valutazione di tutti i rischi», in base all’art. 28 del T.u. sulla sicurezza. La prima cosa da fare è, dunque, verificare se la novità determini la necessità dell’aggiornamento del Dvr (documento di valutazione rischi) e delle conseguenti misure di sicurezza.
Fideuram, la divisione Private di Intesa Sanpaolo guidata da Tommaso Corcos, ha annunciato una partnership strategica con REYL & Cie, gruppo bancario con sede a Ginevra: Fideuram ha acquisito una partecipazione del 69% in REYL e conferirà la propria controllata bancaria svizzera, Intesa Sanpaolo Private Bank (Suisse) Morval, a REYL. L’operazione sarà completata entro la prima metà del 2021 e darà vita a un gruppo con masse amministrate superiori a 16,71 miliardi di euro e un patrimonio netto regolamentare di circa 232,06 milioni. È solo il più recente tra gli step di crescita che riguardano la società che, per esempio, sul fronte dei reclutamenti, nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2020, ha inserito nelle reti Fideuram, IWBank e Sanpaolo Invest 170 nuovi private banker. Il loro numero complessivo al 31 ottobre risultava dunque pari a 5.542. «Anche in questi mesi di emergenza sanitaria le reti continuano ad essere percepite come un modello di servizio vincente, un punto di riferimento per l’intero mondo della consulenza finanziaria», sottolinea Fabio Cubelli, condirettore generale Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking. Il manager dà il benvenuto anche ai professionisti entrati a far parte della rete IWBank, «una realtà dinamica e dotata di un modello di business che si integra perfettamente con la nostra divisione Private. Tutti i nuovi consulenti finanziari potranno contare sulle best practice del gruppo Intesa Sanpaolo, valorizzando la professionalità di ognuno di loro».
Secondo i dati dell’Associazione italiana private banker, gli asset del settore hanno registrato un incremento dell’11,5% negli ultimi cinque anni passando dai 776 miliardi di euro del 2016 agli 862 miliardi raggiunti a giugno 2020. In questo andamento al rialzo spicca la performance di Fineco che, nell’arco dello stesso periodo, ha visto balzare il patrimonio affidato dai propri clienti private dai 22,2 miliardi di euro del 2016 ai 34,4 miliardi dello scorso 30 settembre. Una crescita impetuosa delle masse gestite, dunque, che supera nei cinque anni il 50% e che si attesta sul +24,5% nel confronto ristretto alle sole banche reti. Analizzando il dato, come riferisce la banca guidata da Alessandro Foti, l’exploit è stato trainato dall’attenzione costante ai temi della trasparenza, delle soluzioni personalizzate e della sostenibilità degli investimenti. «Possiamo individuare due periodi distinti di crescita da parte di Fineco nel Private Banking: costante fino all’inizio del 2020 e poi in netta accelerazione, sulla scia della digitalizzazione che sta attraversando tutte le fasce di popolazione e che ci vede nettamente avvantaggiati», spiega Giampaolo Stivella, responsabile Private Banking Advisory di Fineco. «L’utilizzo della tecnologia sta diventando una prerogativa anche delle età più avanzate. Noi la vediamo come un’opportunità non solo per mantenere una vicinanza nei momenti in cui è impossibile incontrarsi, ma anche per accompagnare i clienti verso un approccio agli investimenti più ordinato e coerente».

 


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  • Il lento crepuscolo degli agenti dopo le polizze vita tocca ai danni
Erano 38.63 nel 2010, sono scesi a 27.441 nel 2019, con un calo record di oltre 28 per cento in soli nove anni. E se si guarda un passato ancora più lontano, il crollo del loro numero è vertiginoso. Il declino degli agenti di assicurazione è un dato di fatto. Se si va avanti di questo passo, diverranno presto i panda della finanza. Ed è molto difficile che il trend cambi, anzi potrebbe accentuarsi grazie alla nascita di nuovi canali di distribuzione delle polizze e agli effetti della tecnologia. Com’è emerso da una ricerca della società internazionale di consulenza Accenture durante l’Insurance Day della scorsa settimana a Milano, i canali distributivi vanno verso una continua moltiplicazione. Non più soltanto le banche, che hanno rubato negli ultimi vent’anni agli agenti il 60% dei premi vita totali. In poco tempo, secondo Accenture, cresceranno i nuovi playergià in campo: il 35 per cento degli italiani (il 45 nel mondiale) è ben lieto di rivolgersi direttamente ai concessionari di automobili. il 24 per cento acquisterà polizze dai provider di luce e gas (29 a livello mondiale). Un altro 24 (27 nel mondo) è disponibile a farsi servire un contratto assicurativo da provider di servizi online, tra i quali Google, Amazon, Facebook e altri, che ora sono soltanto all’inizio di questo cammino. E poi c’è sempre il fronte web.
  • Fondi, record di raccolta ma crescono i depositi
Siamo un popolo di risparmiatori. Nel solo mese di ottobre, secondo l’ultimo bollettino dell’Abi – Associazione Bancaria Italiana, i depositi, ossia conti correnti, certificati di deposito e pronti contro termine, sono aumentati di oltre 149 miliardi di euro rispetto ad un anno prima, superando così i 1.700 miliardi; in termini percentuali la variazione, sempre su base annuale, è pari al 9,5%.
La raccolta dei fondi comuni aperti è andata in rosso (12 miliardi circa) solo nel primo trimestre; nei mesi successivi il saldo tra sottoscrizioni e riscatti è tornato positivo e a fine settembre la raccolta totale da inizio risulta pari a 11,3 miliardi.

 


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  • La previdenza complementare e le ragioni del mancato decollo
Una sorta di borsellino previdenziale da creare per ognuno dei circa 450 mila bambini che nascono ogni anno in Italia. Si chiama Unico, Universale Contributo, e rappresenta una delle proposte avanzate dal Rapporto 2020 del Forum Welfare Italia. Si affianca ad altre misure suggerite dalla ricerca, come la riduzione della tassazione sui rendimenti ottenuti dalla previdenza complementare e una maggiore flessibilità nell’utilizzo degli strumenti previdenziali. Per ottenerla verrebbero previste la portabilità negli anni successivi del plafond di deducibilità fiscale non utilizzato in passato, e la possibilità di ottenere anticipazioni (somme in acconto sul montante contributivo, cioè il tesoretto previdenziale) in occasione di eventi come calamità naturali e pandemia, a prescindere dall’anzianità d’iscrizione. Secondo il Rapporto, queste misure consentirebbero di aumentare gli iscritti di circa 2,5 milioni e generare 7 miliardi di euro di risorse aggiuntive, che potrebbero essere destinate anche a investimenti nelle aziende. L’obiettivo è di promuovere lo sviluppo di una previdenza complementare che sarà sempre più necessaria, soprattutto per i giovani, ma che stenta a decollare. Il suo sviluppo, per giunta, è stato frenato dall’emergenza economica provocata dalla pandemia. La spesa pensionistica in Italia è più elevata della media europea, e questo penalizza altre componenti del welfare, come la sanità e l’assistenza alle persone non autosufficienti nella vita di tutti i giorni. Sull’altro fronte, l’entrata a regime del metodo contributivo per il calcolo della pensione (si basa sui contributi accumulati durante l’intera vita lavorativa) determinerà un drastico taglio del rapporto fra pensione e ultima retribuzione. E saranno penalizzati soprattutto i giovani, che nella stragrande maggioranza dei casi fanno lavori precari e discontinui. La previdenza complementare, quindi, è fondamentale non solo per assicurare la sostenibilità del sistema previdenziale, ma anche per evitare un futuro di pensionati con vitalizi drammaticamente bassi.
  • Rifondare il welfare
I bisogni aumentano, le risorse per il welfare scarseggiano. La pandemia è stata efficacissima, però, nel ricordare il valore di un accesso universale alla sanità come all’istruzione. In prospettiva, un welfare diffuso sarà il primo antidoto all’aumento delle disuguaglianze. Da qui in avanti la mission possible (ma difficile) sarà difendere gli standard di assistenza che gli italiani hanno costruito dal dopoguerra fino alla fine del secolo scorso. Il primo passo potrebbe essere quello di definire dei Lew, Livelli essenziali di welfare a cui non vogliamo rinunciare. E partendo da questi (non viceversa) stimare le risorse necessarie e le modalità di reperimento. Da dove cominciare? Primo: crescere. Come dice il group ceo di Unipol, Carlo Cimbri: «Non c’è welfare senza sviluppo economico e lo sviluppo economico non esiste senza le imprese. Chi governa dovrebbe avere l’ossessione di come crescere e indirizzare le risorse disponibili per la crescita». Preso atto di questo (e quindi della necessità di potenziare la spesa per investimenti pubblici e privati) per sorreggere il welfare del futuro non si potrà fare a meno di tre pilastri. Quello pubblico in primis. Ma anche le aziende private da una parte e il non profit dall’altra. Da questi presupposti è partito il think tank creato da Unipol con The European House-Ambrosetti per sviluppare il rapporto Welfare Italia 2020. Come ha detto Giuseppe Guzzetti, l’ex presidente Acri (l’associazione delle fondazioni di origine bancaria e delle casse di risparmio) «i tre pilastri devono dialogare» e servirebbe un «tavolo strategico» in cui unire le forze. Se è vero che siamo all’anno zero di una rifondazione del welfare e del patto sociale ad esso sotteso, alle due precedenti considerazioni di metodo bisogna aggiungerne una terza. Come ha fatto notare nell’occasione della presentazione del rapporto Carlo Cimbri, «l’Italia sta spendendo un surplus di risorse che non possono essere sprecate. Anche perché il debito pubblico andrà ripagato. Abbiamo una responsabilità enorme: stiamo caricando le future generazioni di un debito che non può essere ripagato se non in presenza di tassi di crescita da anni 60».

 

  • La carica dei 100 mila e il buco dell’inps
Se verranno confermati anche per il quarto trimestre 2020 i dati Inps relativi al numero di trattamenti previdenziali liquidati al 30 settembre, assisteremo anche quest’anno ad un aumento dei pensionati. Considerando poi la fine del blocco dei licenziamenti intorno al marzo prossimo, e la prosecuzione dei provvedimenti di quota 100 a tutto il 2021, l’aumento, anche se probabilmente meno sostenuto, proseguirà pure l’anno prossimo. È come se il Covid-19 avesse messo il turbo ai provvedimenti di quota 100 e collegati. In un primo tempo, infatti, anche sulla scorta dei risultati del 2019, si era pensato che nel 2020 il numero di coloro che avrebbero approfittato dei 62 anni con 38 di contributi, delle pensioni cosiddette anticipate (con 42 anni e 10 mesi per i maschi, 1 anno in meno per le donne), di Ape sociale, della cosiddetta prestazione per i precoci (lavoratori con 41 anni di anzianità contributiva) e di Opzione donna, sarebbe stato inferiore al 2019. Facendo una proiezione a fine 2020 sulla base dei dati di flusso del 3° trimestre, al netto delle duplicazioni e delle «cancellate», il numero totale dei pensionati passerebbe dai 16.035.165 di fine 2019 a 16.135.000, un numero molto elevato pari a circa 100.000 unità in più rispetto al 2019; considerando poi che i primi mesi del 2021 non saranno certamente facili, è più che probabile un accesso importante ai provvedimenti di Quota 100 con un ulteriore aumento dei pensionati a circa 16.209.000, un valore che ci riporta al 2015. Solo nel 2022 esauriti gli effetti di Quota 100 e, si spera, del Covid-19, si assisterà ad una progressiva riduzione del numero delle prestazioni liquidate il che contribuirà a ridurre naturalmente i pensionati attorno a 16.179.000 per poi arrivare dopo il 2026 ai valori del 2019.
  • Se la polizza è collegata i prezzi s’impennano E il mercato non c’è ancora
Ci sono situazioni in cui può essere conveniente stipulare una polizza assicurativa a protezione di un prestito personale, ovvero una payment (o credit) protection insurance (Ppi o Cpi): una polizza vita, collegata alla natura del finanziamento richiesto, che copre diverse casistiche di rischio. Ma, nonostante l’era digitale, è difficile trovarle su Internet. Navigando sui siti delle compagnie, comunque, ci sono altre polizze che è possibile sottoscrivere a tutela di un prestito pur non essendo direttamente collegate, come quelle a protezione della perdita del posto di lavoro. Fra chi le offre, Axa ed Helvetia, Santander e Metlife. Delle polizze più “larghe”, però, completamente alternative a quelle abbinate ai prestiti delle banche, non c’è traccia nemmeno sui principali compratori. Insomma, percorrere la strada del mercato libero non è semplice. Le Ppi o Cpi si solito sono stipulate in fase di sottoscrizione del finanziamento, con prodotti che vengono creati in partnership con gli enti erogatori. Così si toccano costi a volte esorbitanti.
    • Sicurezza e garanzie, metti una polizza in portafoglio
Banca-assicurazione: accordo tra Eurovita e Deutsche Bank.
La discesa progressiva dei rendimenti obbligazionari, sia governativi sia societari e il protrarsi delle incertezze economiche, oltre a una radicata avversione al rischio, hanno spinto gli italiani, già nel periodo pre-Covid, a mantenere liquidità sui conti correnti, nonostante l’assenza di remunerazione. “Oggi questo approccio sta cambiando – commenta Erik Stattin, group ceo di Eurovita-. Con l’avvento della pandemia, si ricercano nuove formule di investimento e forme di beni rifugio adatte a gestire la volatilità dei mercati, con la necessità di costruire portafogli ancora più diversificati e più solidi sul lungo periodo. I prodotti multiramo, sempre più richiesti, sono quelli che meglio rispondo a questo contesto di estrema incertezza, perchè coniugano la componente a capitale garantito, rappresentato dalle gestioni separate, con una soluzione di investimento a maggior ritorno potenziale attraverso unit linked dal diverso profilo di rischio. D’altra parte, l’attuale trend di accumulo del risparmio, innescato dall’incertezza del futuro dovuta al Covid 19, rappresenta un’opportunità per tutti i segmenti, ma in particolare per il private, considerando la sua concentrazione di ricchezza”.

  • La prescrizione non elimina la responsabilità della società
Non essendo esclusa automaticamente la responsabilità dell’ente a seguito della prescrizione del reato presupposto, il giudice è sempre chiamato a verificare la sussistenza del fatto costituente reato e ad appurare che il delitto prescritto commesso dalla persona fisica sia stato correttamente qualificato. In altre parole, anche in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, il giudice deve comunque procedere con un autonomo accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio è stato commesso il reato. Un accertamento che non può quindi prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto criminoso foriero della responsabilità medesima. Sono questi i principi statuiti, da ultimo, dalla sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 28210, depositata il 9 ottobre 2020, in cui la Corte è nuovamente intervenuta sul rapporto tra la responsabilità delle persone giuridiche e il reato presupposto che dà origine a tale responsabilità e, in particolare, sulla portata dell’articolo 8 del decreto legislativo 231/2001 che afferma la responsabilità distinta ed autonoma dell’ente rispetto a quella dell’autore del reato.

  • Come la pandemia ha rivelato i limiti dell’assicurazione
Le assicurazioni non offrono soluzioni per proteggere le aziende dai danni provocati dal Covid 19. La situazione rischia di essere la stessa anche in caso di un gigantesco cyberattacco. Questa impotenza fa emergere una riflessione sui mezzi che il settore privato, i governi e i cittadini possono e vogliono mettere in campo per fronteggiare i rischi estremi.