Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali


 

logoitalia oggi7

Verifica sull’asseverazione redatta dai tecnici; controllo sull’attestazione della congruità delle spese sostenute; conservazione delle principali autocertificazioni (tra cui il non utilizzo dell’immobile nell’ambito dell’attività d’impresa e l’attestazione del rispetto del limite massimo di detrazione), verifica delle ricevute di pagamento dell’Imu e delle abilitazioni amministrative necessarie per l’inizio dei lavori con relative ricevute di deposito. Sono alcuni dei controlli, elencati nella «check list» per il 110%, che il professionista deve porre in essere per il rilascio del visto di conformità, come indicato nel documento predisposto dalla Fondazione nazionale dei commercialisti e Cndcec, pubblicato la scorsa settimana («le check list per il visto di conformità sugli interventi per l’efficienza energetica e la riduzione del rischio sismico»).
Assicurarsi contro la perdita degli uomini chiave dell’impresa non solo tutela l’attività aziendale, ma conviene anche fiscalmente. Nella prassi, è frequente che le compagnie assicuratrici propongano alla società la stipula delle cosiddette polizze key man (uomo chiave), ossia contratti che assicurano il rischio morte dell’amministratore (o degli amministratori), ritenuto fondamentale per l’azienda (vale a dire soggetto senza il quale l’attività faticherebbe a proseguire), in quanto la perdita del key man rappresenta un fattore di rischio da tenere in adeguata considerazione. Ma da dove arriva la convenienza? Portando in deduzione il relativo costo e beneficiando, dunque, della conseguente riduzione fiscale. Per conservare la deducibilità, tuttavia, devono essere osservati degli accorgimenti nella strutturazione della polizza. Vediamo come.
L’impossibilità di far carriera, a causa del demansionamento subito da parte del datore di lavoro, non prevede sempre il diritto al risarcimento danni. Infatti, per ottenere l’indennizzo non è sufficiente dimostrare la potenzialità lesiva del comportamento del datore nei confronti del lavoratore, ma è necessaria, oltre all’allegazione del demansionamento, anche la prova del «danno non patrimoniale». In altri termini, è necessario accertare con elementi dettagliati situazioni specifiche, come per esempio: quali sono le concrete possibilità di carriera e di avanzamento che l’interessato non avrebbe potuto conseguire, quali altri colleghi con esperienze lavorative analoghe alle sue avessero conseguito promozioni, quali fossero state le occasioni di avanzamento professionale perse, ecc. A stabilirlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 22144 del 22 ottobre 2020.
Non è risarcibile il danno da perdita immediata della vita: lo ha confermato la sesta sezione della Corte di cassazione nella recente ordinanza n. 21508 del 6 ottobre 2020. Stiamo parlando, naturalmente, del c.d. «danno tanatologico» (dal greco thànatos: «morte.), ovverosia del danno che soffrirebbe il soggetto deceduto per il fatto stesso di essere privato della vita. Nulla a che vedere, dunque, col cd. «danno parentale», che è invece quello subito dai familiari per la perdita del rapporto con il defunto, e che è pacificamente risarcibile secondo i criteri tabellari in uso. Ora, non pochi interpreti, anche autorevoli, sostengono che, poiché la vita è un diritto, la sua soppressione deve costituire un danno.

corsera

  • Perché le Rsa sono diventate focolai
Partiamo da una domanda: porteresti tua madre in una casa di riposo dopo aver visto che in soli quattro mesi il 40% dei decessi avvenuto nelle Rsa è attribuibile al Covid? E adesso ci risiamo. L’elenco di cosa è andato storto durante la prima ondata è lungo: mancanza di dispositivi di protezione individuale, impreparazione sulle procedure da svolgere per contenere l’infezione, assenza di personale sanitario qualificato, difficoltà nel trasferire i residenti infetti in strutture ospedaliere, impossibilità di far eseguire i tamponi. Ma questo non basta a spiegare il perché le Rsa sono diventate cimiteri. Il problema è che uno dei pilastri del nostro sistema di welfare non ha le fondamenta.

 

C’è un piano che vede Generali salire al 30 percento nel capitale di Cattolica assicurazioni. La compagnia del Leone potrebbe infatti approfittare delle condizioni che si sono venute a creare con l’aumento di capitale della compagnia veronese ed alzare la propria quota di partecipazione dall’attuale 24,46 per cento. L’operazione parte dalla trasformazione sociale di Cattolica, avviata con l’assemblea del 31 luglio e destinata a concludersi il primo aprile 2021, quando la compagnia veronese smetterà di essere cooperativa e sarà società per azioni. Se da un lato (aumento di capitale da aro milioni di euro dedicato a Generali ha messola società veronese al sicuro sul fronte patrimoniale, dall’altra l’abbandono della forma cooperativa, prerequisito essenziale per l’entrata delle Generali nell’operazione, ha evidenziato il malcontento di molti soci storicidella mutua veneta, che hanno preferito esercitare il diritto di recesso piuttosto che avvallare una soluzione che, nei fatti, snatura oltre un secolo di storia sociale.

  • Gli assicuratori si dichiarano mobilitati
Agenzie che rimarranno aperte, tolleranza sul pagamento tardivo dei premi, aiuti alle imprese chiuse amministrativamente, piano di investimento.
Dopo essere stato violentemente criticato durante il primo contenimento, per il secondo il settore assicurativo vuole evitare un altro fiasco.
“Gli assicuratori saranno pienamente mobilitati sul campo nei prossimi mesi per i loro assicurati e continueranno a offrire soluzioni ai loro clienti per sostenerli”, ha detto Florence Lustman, Presidente della Federazione Francese assicurazione (AFF).
Come donatori, i suoi 280 membri si sono impegnati a rinunciare ad almeno un mese affitto per le società chiuse amministrativamente con meno di 250 dipendenti e per alberghi, caffè e ristoranti, durante i mesi di ottobre, Novembre e dicembre 2020.

Handelsblatt

 

  • Perché Getsafe entra nel settore assicurativo auto altamente competitivo
Quasi nessun’altra start-up assicurativa ha suscitato così tante discussioni nelle ultime settimane come l’insurtech Getsafe. Alla fine dell’estate, il portale “Deutsche Startups” ha riferito che Swiss Re si era salita in Getsafe e che l’investimento era la prima parte di un round di finanziamento fino a 50 milioni di dollari. Da allora, gli osservatori del settore attendono informazioni più concrete. Getsafe stessa non si è ancora pronunciata in merito – e si limita a sottolineare che ha annunciato già da tempo che l’azienda intende concludere un ciclo di finanziamento quest’anno. Ma ora sembra che la giovane azienda di Heidelberg stia intensificando la collaborazione con Swiss Re. Il riassicuratore svizzero è un partner di cooperazione nella nuova assicurazione auto che Getsafe lancerà sul mercato a partire da novembre. Con quasi 30 miliardi di euro, l’assicurazione auto è uno dei segmenti più competitivi in Germania. Ma per Getsafe, uno dei più importanti assicuratori immobiliari, è una pietra miliare importante, ha detto il fondatore dell’azienda Christian Wiens in un’intervista all’Handelsblatt. Il nuovo prodotto Getsafe è inteso principalmente come un’offerta per i clienti esistenti: “Dai sondaggi sappiamo che l’assicurazione auto è il prodotto che i nostri clienti esistenti desiderano di più al momento”, spiega Wiens. Il prodotto non sarà rappresentato su portali di confronto, dove c’è una forte concorrenza per i nuovi clienti.