Occorre che evolvano di conseguenza i sistemi di assistenza
Al termine dell’emergenza Covid, lo smart working diventerà la nuova normalità per quasi un terzo dei lavoratori dipendenti in Italia. Nonostante i ritardi tecnologici e le criticità emerse durante il lockdown, si stima infatti che in futuro il lavoro agile coinvolgerà 5,35 milioni di persone, di cui 1,72 milioni impiegate nelle grandi imprese, 1,48 milioni nella Pubblica amministrazione, 1,23 milioni nelle microimprese e 920 mila nelle Pmi È questo lo scenario delineato dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano in una ricerca presentata lo scorso 3 novembre durante il convegno online «Smart Working il futuro del lavoro oltre l’emergenza». Secondo i dati dell’Osservatorio, dunque, al di là delle prime risposte dettate dall’urgenza del momento, l’effetto della pandemia è destinato a innescare in futuro un processo di trasformazione di lunga durata sui ritmi e sulle modalità di lavoro.

Quel che è certo, come dimostrano i numeri, è che durante la fase più acuta dell’emergenza lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle Pmi, per un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, ovvero circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani: oltre dieci volte più dei 570 mila censiti nel 2019. A settembre 2020, invece, tra rientri consigliati e obbligatori, difficoltà e incertezze nell’apertura delle sedi di lavoro, gli smart worker (che hanno lavorato anche da remoto) sono scesi a 5,06 milioni, suddivisi in 1,67 milioni nelle grandi imprese, 890 mila nelle Pmi, 1,18 milioni nelle microimprese, 1,32 milioni nella PA.

Ma, rileva ancora l’Osservatorio, le modalità di lavoro sperimentate durante l’emergenza sono state per certi versi più vicine al telelavoro che a un vero e proprio smart working. Il 29% dei lavoratori ha infatti incontrato difficoltà a separare il tempo del lavoro da quello privato (29%) e a mantenere un equilibrio fra i due aspetti (28%), oltre a sperimentare una sensazione di isolamento nei confronti dell’organizzazione nel suo insieme (29%). Il difficile work-life balance è stato anche il primo ostacolo da superare per le grandi imprese (58%), mentre nelle PA le difficoltà maggiori hanno riguardato l’inadeguatezza delle tecnologie a disposizione (46%).

Tuttavia, nonostante i limiti e le difficoltà riscontrati, le aziende e i lavoratori potranno trarre anche evidenti benefici dalla diffusione su così larga scala dello smart working. Se ne è parlato, per esempio, al Welfare Forum – Digital Edition organizzato da Edenred lo scorso 29 ottobre: gli esperti di welfare aziendale vedono infatti affacciarsi una «nuova normalità» che caratterizzerà sempre più il mondo del lavoro. Perché la pandemia ha accelerato la ricerca di un maggior equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, ma ha anche generato esigenze nuove alle quali imprese, lavoratori e istituzioni dovranno rispondere con l’obiettivo di far crescere il benessere di tutti. (riproduzione riservata)

Claudia Cassino
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