Simona D’Alessio
Assegni pensionistici dei giovani dottori commercialisti (un po’) più sostanziosi: è la prospettiva che prende forma, dopo che la Cassa previdenziale ed assistenziale di categoria (la Cnpadc) ha incassato il via libera dei ministeri del Lavoro e dell’Economia alla delibera (che era stata varata nello scorso febbraio) che, fissando la «proroga per il decennio 2023-2032 del meccanismo di accredito di quota parte della contribuzione integrativa sui montanti degli iscritti, ne aumenta anche la percentuale relativa». Si tratta, illustra l’Ente presieduto da Walter Anedda, di una iniziativa che era stata «temporaneamente riconosciuta per il periodo dal 2013 al 2022, e prevedeva che una percentuale pari all’1% del volume d’affari Iva del professionista venisse accantonata sui montanti individuali, in misura inversamente proporzionale all’anzianità contributiva»; il semaforo verde che è stato acceso dai dicasteri vigilanti sul testo aggiunge spessore allo strumento individuato poiché, viene spiegato, adesso, oltre a essere ampliato il periodo di beneficio, si va a elevare la quota riconosciuta sul risparmio previdenziale degli associati alla Cnpadc, che passa all’1,5%, con l’effetto di incrementare l’adeguatezza delle prestazioni nella parte calcolata con il sistema contributivo che, com’è noto, può risultare penalizzante, soprattutto per le giovani generazioni (in questa stagione, peraltro, alle prese con gli effetti del Coronavirus), perché si percepirà un trattamento computato su quanto si è riusciti a versare, nell’arco dell’attività lavorativa. La «stella polare» seguita, all’atto di decidere l’intervento, riferisce Anedda, è quella della «maggiore equità intergenerazionale» nel bacino dei dottori commercialisti, obiettivo che si va a raggiungere soltanto «assicurando pensioni più adeguate agli iscritti più giovani che, per i meccanismi previsti dal calcolo contributivo, rischiano di percepire pensioni molto più contenute, rispetto ai loro colleghi più anziani. A ciò si aggiunga», incalza, che «valorizzando ulteriormente, sul piano previdenziale, la componente di contribuzione calcolata sul volume di affari, si disincentiva la prassi di fatturare parte delle prestazioni tramite società di servizi», chiosa il presidente della Cassa.

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