La crisi pandemica ci ha costretto a un bagno di umiltà e tutti i giorni abbiamo modo di constatare quante cose non sappiamo e a quanti rischi siamo esposti. Insomma, in una situazione di estrema fragilità dovuta alle incertezze di una crisi sanitaria capace di mettere a repentaglio la sopravvivenza e il benessere di milioni di persone, ci si aspetterebbe un maggiore ricorso agli strumenti di protezione assicurativa. Invece, solo una piccola percentuale di italiani pensa di affrontare le difficoltà o gli eventuali imprevisti del futuro stipulando una polizza danni (12,7%) o sottoscrivendo fondi di investimento (6,3%).

La maggioranza di cittadini (50,3%) cercherà di risparmiare al fine di aumentare la propria sicurezza e quella dei propri familiari, oppure assumerà comportamenti cauti (47,9%). E’ quanto emerge da una ricerca del Censis presentata durante l’evento digitale organizzato da Banca Mediolanum, “Il futuro è adesso”.

La sottoassicurazione nel ramo Danni è un fenomeno di vecchia data. “Nel rapporto tra premi assicurazioni danni e Pil, il livello dell’Italia, con 34 miliardi di euro (1.9% del Pil nel 2018) è inferiore alla metà dei Paesi OCSE, molto distanti dalla stessa media OCSE (4.5) e risulta persino in riduzione rispetto al 2.4% di 10 anni prima”, ha spiegato Riccardo Cesari, consigliere Ivass.

Le determinanti di questa strutturale sottoassicurazione sono numerose e solo in parte individuabili.

Tra questi fattori, ha sottolineato Cesari ci sono “La scarsa educazione finanziaria e assicurativa della popolazione, comprovata da numerose indagini Nel confronto coi paesi del G20 occupiamo la penultima posizione. Altro fattore determinante è il livello del reddito disponibile pro capite che risulta, anche in questo caso, sotto la media europea e sotto il livello dei principali paesi occidentali”. Cesari ha poi ricordato anche l’esistenza di “una sistematica “misallocation” della fiducia: troppa sfiducia nelle assicurazioni in termini di chiarezza dei contratti nei costi e nella trasparenza, e troppa fiducia nell’intervento pubblico, considerato un assicuratore di prima istanza. E infine c’è troppa fiducia verso se stessi: si ritiene o di non essere sottoposti a certi rischi o in caso di rischi di sapersela cavare. Di qui l’eccesso di liquidità nel conto corrente”. Secondo Cesari, ad esempio, “la copertura in presenza di rischi di non autosufficienza fisica è paragonabile alla catastrofe naturale. Con gli indici di invecchiamento che l’Italia sta mostrando, siamo di fronte a un problema che diventerà sempre più urgenze. Ci stiamo lavorando anche noi, auspicherei un piano nazionale universalistico e mutualistico di copertura di questo tema”.

Da sempre, i risparmiatori italiani, nei periodi di crisi tengono molta liquidità sul conto corrente per le eventuali problematiche cui possono andare incontro. Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum ha detto che come tutte le crisi, anche questa verrà superata. “Chi ha investito in questi momenti, mantenendo sempre una buona diversificazione di portafoglio potrà beneficiare in futuro di una buona remunerazione. Se si tengono i risparmi fermi in conto corrente si perdono grosse opportunità senza contare che non si aiuta l’economia”.

Dario Focarelli, direttore generale Ania, ha ribadito come gli italiani continuino a sottoscrivere meno polizze rispetto ai cittadini europei. “La spesa assicurativa media europea è di circa 1.000 euro all’anno mentre gli italiani investono 300 euro in protezione assicurativa. È necessario uno sforzo per aumentare la spesa privata per la protezione secondo una logica di integrazione dei servizi e non di sovrapposizione. In questo senso le assicurazioni sono in grado di integrare digitalizzazione e protezione. È questa la strada per garantire tutela ai cittadini e alle imprese, avvicinando l’Italia al grado di protezione degli altri Paesi”.

Massimo Grandis, amministratore delegato di Mediolanum Assicurazioni ha ricordato ancora una vola quanto sia importante lo strumento assicurativo per la protezione da eventi esogeni non prevedibili. “Il cash non può fungere da sistema di sicurezza. La tipica idea del “Ci penso io”, può comportare sottovalutazione del rischio e quindi un’incapacità futura di rispondere al fabbisogno finanziario”.

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