RISK MANAGEMENT DELLA FAMIGLIA
Autore: A. Cauzzi e M. E. Scipioni
ASSINEWS 324 – novembre 2020
L’indagine e l’analisi del bisogno come strumento di individuazione e quantificazione del rischio Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, i dati comparativi sulla conoscenza finanziaria degli individui continuano a non essere soddisfacenti per l’Italia.
Anche le edizioni più recenti delle indagini internazionali sull’alfabetizzazione finanziaria confermano il ritardo italiano. Delineano un Paese con solchi profondi che marcano divari geografici, di genere e di condizione socio-economica, in cui il Sud, le donne, i giovani, le fasce più deboli risultano penalizzati”. Chiosa il Presidente dell’IVASS Daniele Franco nel saluto di benvenuto alla seconda edizione della Giornata dell’Educazione assicurativa svoltasi a Roma il 5 ottobre 2020.
L’Italia per conoscenza e cultura sul tema delle tutele dello stato sociale, delle garanzie assicurative e di tutto ciò che compete l’analisi dei rischi dell’individuo e della famiglia si colloca tra gli ultimi posti tra i paesi sviluppati. Eppure nel paese natale dell’assicurazione1 il tessuto culturale dovrebbe essere favorevole a una corretta comprensione, anche intuitiva, del risk management della persona e della famiglia.
In questo contesto, il processo normativo intrapreso dal 2018 a livello europeo con la direttiva IDD (Insurance Distribution Directive) e a livello nazionale a recepimento della stessa, ha introdotto maggiori tutele per il cliente finale e di conseguenza una serie di obblighi per i distributori. In particolare si è inteso rafforzare la tutela del cliente portando il mondo della distribuzione assicurativa da una logica prodotto-centrica (fondata sul ciclo di vita del prodotto) a una logica cliente-centrica (basata su bisogni e ciclo di vita della persona).
Gli obiettivi della nuova normativa, entrata in vigore a livello nazionale a partire dal 1° ottobre 2018, scaturiscono dal bisogno di garantire coerenza tra il prodotto acquistato e l’evoluzione delle esigenze del consumatore, rafforzando in questo modo la tutela dello stesso indipendentemente dal canale da cui acquista il prodotto assicurativo. Da ultimo, i regolamenti IVASS e Consob, pubblicati il 4 agosto 2020, completano l’aggiornamento delle norme in merito alla distribuzione dei prodotti assicurativi, con la stessa finalità: rafforzare la tutela del consumatore anticipandola già alla fase di ideazione del prodotto.
La nuova disciplina IVASS entrerà in vigore il 31 marzo 2021 e nel modificare il regolamento 40/2018 ha inserito importanti cambiamenti per quanto riguarda il comportamento degli intermediari nella fase precontrattuale con il contraente.
Ma perché il cittadino medio non conosce i suoi diritti e ha con la burocrazia dello stato sociale un rapporto “fideistico”? Quali devono essere i metodi efficaci per elevare la consulenza nella pianificazione assicurativa della famiglia? Questi vogliono essere i temi sui quali porre il nostro interesse in questa serie di articoli – questo è il primo di esordio – al fine di chiarire come il processo consulenziale assicurativo sia in grado di individuare le effettive esigenze e richieste del contraente al fine di portarlo a una scelta consapevole e informata secondo il principio deontologico di “adeguatezza del contratto”, imposto dall’IVASS.
Il momento eccezionale che il mondo intero sta vivendo ha senz’altro accresciuto la consapevolezza della precarietà dell’esistenza, dell’importanza degli affetti più cari, della necessità spiacevole ma purtroppo utile di pensare l’impensabile. In questi casi ci si domanda se è necessario affidarsi solo alla provvidenza oppure se è giusto fare qualcosa in anticipo. In un mondo percorso da eventi imprevisti di portata colossale (attentati, crack finanziari, crisi economiche devastanti e anche la crisi pandemica che stiamo attraversando, ecc.), matura naturalmente la convinzione che la nostra esistenza, il nostro futuro, è intrinsecamente condizionato da avvenimenti la cui dimensione non può essere nota e controllata a priori.
L’apparire di questi eventi altamente improbabili2 sconvolge le nostre conoscenze, rivoluziona tutta la nostra esistenza. Pertanto, più che una scomoda eccezione che mette in disordine le nostre certezze, essi vanno considerati come la vera essenza e natura della nostra vita. La forza dell’uomo è la capacità di adattarsi, di trarne lezioni, di aggirarli, di evitarli nel futuro. Il recente intensificarsi di fenomeni di questa natura, purtroppo, non genera sempre atteggiamenti di confidenza, anzi, a volte stimola atteggiamenti tutt’altro che positivi nel mercato dei prodotti assicurativi.
C’è chi persegue una visione catastrofica, apocalittica che strumentalmente punta a spostare l’attenzione della persona da ciò che è veramente pericoloso a ciò che fa semplicemente più paura. Oppure, c’è chi agli antipodi promuove una visione cinicamente speculativa, che accorcia l’orizzonte temporale a pochi istanti dal presente e ha un obiettivo di mero guadagno.
Qual è la via da percorrere tra questi estremi? Come conciliare le esigenze di vita con gli strumenti del mercato assicurativo, garantendo una soluzione solida e che si adatti anche ai tempi difficili come quelli odierni? Sulla scorta dell’esperienze maturate, il metodo più efficace e più solido continua a essere quello che esamina a tutto tondo le esposizioni ai rischi nella vita della famiglia, con la stessa metodologia e meticolosità quantitativa che applica il risk management nel caso delle attività economiche più complesse.
Disporre di quantificazioni oggettive e omogenee al fine di consentire dei corretti raffronti, consente di adottare efficacemente tutti i principi di gestione ottimizzata dei rischi, collaudati nella gestione dei rischi aziendali. La pianificazione assicurativa che ne consegue può sicuramente minimizzare con sufficiente efficacia l’impatto negativo di natura economica sui bilanci della famiglia. Questo metodo si adatta bene anche al modificarsi delle situazioni al contorno, dato che tutti gli elementi che lo compongono sono sempre quantificabili e aggiornabili, che risulta essere di particolare importanza per la sostenibilità della pianificazione negli anni.
Ciò risponde anche all’esigenza dettata dalla normativa IDD in materia di POG (Product Oversight Governance) di verificare che ogni proposta sia in linea con le esigenze e richieste del cliente finale, come visto pocanzi, ma anche di monitorare che il prodotto continui a essere coerente per tutta la durata del contratto agli interessi dei clienti per cui è stato realizzato. È, pertanto, necessario improntare metodi quantitativi omogenei per valutare le esigenze e le propensioni dei contraenti, a cui potranno essere proposti solo prodotti coerenti con le proprie caratteristiche, concetto ancor più rafforzato con il provvedimento IVASS a modifica del regolamento 40/2018.
Di particolare efficacia è l’ausilio di strumenti informatici per l’analisi oggettiva e personale dei bisogni degli assicurati, nonché per il monitoraggio della coerenza dei loro profili al target market di riferimento, in risposta agli obblighi imposti dalla regolamentazione normativa. Pertanto, mutuando le metodologie applicate al mondo aziendale, si può sostenere che il risk management rivolto alla persona e alla famiglia è un processo che si articola in diverse fasi, legate in una successione logica e temporale di analisi e decisioni, finalizzata ad implementare concretamente un piano di azione.
L’obiettivo è: immunizzare (neutralizzare) al massimo livello di efficienza i rischi individuati, tenendo sempre presente la percezione soggettiva delle priorità tra i bisogni da parte dei diretti interessati. Esaminiamo le principali fasi:
1. Definizione del contesto
In primo luogo va determinato il dominio della pianificazione assicurativa: a chi è rivolta, quali sono gli attori, cosa si andrà a produrre. Nel risk management della persona l’oggetto dell’analisi è il nucleo familiare, i rapporti che intercorrono tra i componenti, le modalità di condivisione delle risorse reddituali e i legami patrimoniali.
La normativa IDD ha introdotto una serie di obblighi informativi basati essenzialmente su un’analisi oggettiva: per i clienti è fondamentale sapere se l’intermediario con cui stanno trattando fornisca consulenze sulla base di un’analisi imparziale e personale. Pertanto, questa fase mira a ottenere dal contraente tutte le informazioni necessarie per valutare le sue richieste ed esigenze, nonché il grado di conoscenza ed esperienza del cliente rispetto al prodotto venduto. Oggi l’attività di consulenza è coadiuvata da strumenti informatici che facilmente implementano archivi e strutture nelle quali tenere traccia e aggregare informazioni relative a tutti i componenti del nucleo familiare, dei parametri anagrafici, reddituali e patrimoniali, dei ruoli e delle priorità nell’analisi dei bisogni.
Questa opportunità consente l’efficace coinvolgimento degli interessati nell’impostazione dell’analisi e nella condivisione dell’obiettivo finale, consente di accertare e consolidare i ruoli del rapporto cliente – consulente, per garantire l’adeguata neutralità e oggettività nelle fasi di analisi e di proposizione delle soluzioni. Tutto ciò rende l’identificazione e valutazione dei rischi un’attività molto più omogenea sia nella fase di impostazione che in quella di rendicontazione, agevola la gestione dei diversi momenti di evoluzione del rapporto, la proposizione di alternative di immunizzazione dei rischi e via di seguito.
2. Identificazione dei rischi
I rischi cosiddetti puri, che possiamo genericamente definire come i “bisogni di oggi” (rischi attuali dei soggetti e di beni) della vita del nucleo familiare sono molteplici. Quelli di competenza del risk management della famiglia devono obbligatoriamente avere un riscontro monetizzabile e devono rientrare nelle tipologie gestite nell’ambito assicurativo. Ad esempio, anche se il rischio divorzio ha un danno economico non indifferente, non è tipico includerlo nei rischi identificati ai fini del risk management perché difficilmente gestibili con trasferimento assicurativo.
I rischi che solitamente saranno considerati sono:
• rischio di premorienza dei componenti portatori di reddito
• rischio di invalidità / inabilità permanente di tutti i componenti
• rischio salute ai fini degli interventi medici necessari
• rischio di inabilità temporanea
• rischio di non autosufficienza
• rischio furto della proprietà e delle abitazioni
• rischio danni da incendio e calamità naturali delle abitazioni
• la responsabilità civile verso terzi
• il “rischio” permanenza in vita in vecchiaia e l’integrazione pensionistica
La fase dell’identificazione dei rischi rappresenta uno dei momenti di principale interazione tra consulente e cliente. È durante questa esposizione che va recepita la sensibilità del cliente, è il momento giusto per sensibilizzare, spiegare e dimostrare sul piano qualitativo il bisogno inespresso. Di particolare efficacia è il supporto di sistemi informatici esperti, che tramite le informazioni salienti del nucleo familiare, filtrano le aree di bisogno per restituire automaticamente una proposta personalizzata.
3. Valutazione dei rischi
L’obiettivo della fase di valutazione dei rischi è quello di misurare in modo omogeneo e confrontare i rischi per giungere a una scala ordinata di priorità. Per realizzare correttamente, in ottica quantitativa, questo raffronto è necessario determinare i due elementi principali di ogni rischio: l’ammontare del danno potenziale e la probabilità di manifestazione del rischio.
La quantificazione del danno parte dalla situazione patrimoniale e reddituale e in molti casi è fortemente anche dalle tutele garantite dal sistema pubblico di protezione sociale (pensioni ed assicurazioni obbligatorie). La disamina della probabilità di manifestazione invece solitamente misura la frequenza propria del profilo rispetto alla frequenza media dell’intera popolazione.
Questo è l’ambito dove strumenti informatici di calcolo e proiezione di stime trovano la maggiore applicazioni offrendo valore aggiunto alla consulenza fornita. A titolo di esemplificazione possiamo brevemente citare le caratteristiche di alcuni modelli di stima del danno potenziale:
1. caso di invalidità permanente – la caratteristica di questa area è che l’evento può compromettere totalmente la capacità di lavoro del soggetto in esame oppure la può ridurre solo parzialmente. Pertanto, avremmo a che fare non con un singolo evento potenzialmente dannoso, ma con un ventaglio di eventi di severità progressiva, che andranno attentamente raffrontati per individuare la situazione più critica.
Ad esempio le pensioni pubbliche di invalidità o le rendite INAIL dipendono da molti fattori (retribuzione, anzianità maturata, ente previdenziale, etc.), ma sicuramente sono in prima istanza condizionate dall’effettiva invalidità riconosciuta. Analogo ragionamento va fatto per i potenziali redditi residui da lavoro. Pertanto, una volta individuato lo scenario di maggiore interesse è necessario stimare correttamente il bisogno concreto di integrazione, che servirà a coprire esigenze di tipo una tantum come le esposizioni debitorie, oppure a garantire le rendite integrative delle pensioni pubbliche, che hanno natura ricorrente e sono finalizzate a raggiungere il livello desiderato di tenore di vita del nucleo familiare in presenza dell’invalido.
Solitamente le integrazioni ricorrenti sono riportate al cosiddetto capitale equivalente che tiene in considerazione l’evoluzione di questi bisogni nel tempo incrociandoli con la speranza di vita del soggetto.3
2. Premorienza – analogamente a invalidità, il danno in caso di premorienza (sempre che ci siano eredi da tutelare) viene stimato tenendo in conto i bisogni immediati (ad esempio l’estinzione dei mutui) e i bisogni ricorrenti (tenore di vita dei superstiti) sempre da rapportare all’orizzonte della speranza di vita degli eredi. Anche in questo caso è di particolare importanza la stima accurata delle prestazioni dello stato sociale che consente di impostare correttamente i bisogni di integrazione necessaria e il corrispondente capitale equivalente.
3. Valore di ricostruzione di immobili – nella tutela del patrimonio immobiliare contro il rischio incendio, inondazione, ecc. è di particolare rilevanza calcolare correttamente il valore di ricostruzione per commisurare l’esigenza assicurativa all’effettivo indennizzo necessario per la messa a nuovo dell’abitazione danneggiata. Spesso in queste stime si cela il rischio di disporre di massimali di copertura eccessivi rispetto al valore che verrà rimborsato effettivamente dall’assicurazione.
Una stima corretta deve tenere conto dei prezzi medi praticati nella provincia di residenza, dell’effettivo volume dell’abitazione da ricostruire, delle caratteristiche costruttive, ecc. La complessità di questi conteggi viene risolta dagli strumenti informatici di calcolo che consentono di ridurre tutta la valutazione del danno a un singolo importo precisamente quantificato, facilmente replicato in tutti gli scenari necessari.
4. Gestione del rischio
La fase finale nel processo di analisi di risk management è l’analisi decisionale. Sulla scorta delle informazioni quantitative sui rischi i termini di danno e probabilità di manifestazione, è necessario decidere quale comportamento o combinazione di comportamenti adottare tra le seguenti scelte a disposizione:
1. Evitare i rischi – Ciò comporta la decisione di evitare una determinata attività perché collegata a rischi eccessivi non immunizzabili, come può essere l’acquisto di una seconda casa per le vacanze se il livello di indebitamento eccede le capacità di risparmio.
2. Ridurre i rischi – eliminare fattori di rischio con adeguati investimenti come la messa a norma degli impianti o il cambiamento dello stile di vita che comporti una riduzione considerevole dell’esposizione al rischio di incidenti, ecc.
3. Trasferire i rischi – sottoscrivere polizze assicurative (ove disponibili) per usufruire del vantaggio del risk pooling (il premio al rischio è sempre inferiore all’immobilizzazione necessaria per una autoassicurazione).
4. Ritenzione del rischio – predisporre una parte del proprio patrimonio alla tutela di eventuali rischi che non si intende trasferire. Rientrano in questa accezione anche le eventuali franchigie o i massimali inferiori alla stima del danno potenziale. Il quadro completo delle coperture in essere, di quelle che si è intenzionati ad acquisire, delle riduzioni e delle ritenzioni di rischio rappresentano il punto di partenza della pianificazione assicurativa.
Per rappresentare le priorità in questo quadro complessivo solitamente si fa affidamento al raffronto delle distanze relative di ogni bisogno sul piano danno – probabilità, dal punto con danno massimo e frequenza minima (che risulta essere il più conveniente da trasferire alle assicurazioni). Sulla base della condivisione delle singole analisi e del quadro sintetico che ne risulta si procederà alla effettiva implementazione della pianificazione assicurativa.
In conclusione, affrontare efficacemente i rischi della vita significa creare una visione il più possibile chiara e quantificata dei danni potenziali e di conseguenza, in funzione delle risorse economiche a disposizione, immunizzarli il più possibile con una efficace combinazione di trasferimento del rischio, ritenzione e riduzione, basandosi su questa oggettiva scala quantitativa di priorità individuata.