Non è incostituzionale la mancata previsione della procedibilità a querela di parte del reato di lesioni stradali gravi e gravissime; ma è opportuno che il legislatore rimediti la congruità della disciplina vigente. Il suggerimento è contenuto nella sentenza n. 248 depositata ieri, con cui la Consulta ha giudicato non fondate le questioni di legittimità sollevate dal tribunale di Pisa sull’attuale disciplina che, per il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, stabilisce si debba procedere d’ufficio (art. 590-bis cp, introdotto dalla legge 41/2016). La Corte ha osservato che le ipotesi di lesioni stradali previste dal comma 1 dell’art. 590-bis, pur potendo determinare gravi danni, sono spesso l’esito di condotte assai meno rimproverabili di quelle descritte nei commi successivi, caratterizzate «dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli»: guidare avendo assunto sostanze stupefacenti o significative quantità di alcool, o superare del doppio la velocità massima consentita, circolare contromano o invertire il senso di marcia in prossimità di curve o dossi. Nei casi, invece, di occasionali disattenzioni si potrebbe invece dubitare della necessità di celebrare il processo penale, quando la persona offesa sia stata integralmente risarcita del danno subito. E ciò anche per evitare inutili oneri a carico di una giustizia penale già notoriamente sovraccaricata. La Corte ha rivolto al legislatore l’invito a un complessivo ripensamento della disciplina sulla procedibilità delle diverse ipotesi di lesioni stradali.

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