di Emanuela Micucci
Il virus corre tra i banchi. Nell’ultimo mese 73.489 ragazzi tra 0 e 18 anni di età sono risultati positivi al covid-19. Questa fascia di età, la stessa della popolazione scolastica, infatti, rappresenta il 14,4% dei 510.347 nuovi casi in Italia negli ultimi 30 giorni. È quanto emerge dai dati epidemiologici dell’istituto superiore di sanità (Iss). In particolare, analizzando i report settimanali dell’Iss sulla situazione in Italia, si nota come l’aumento dei contagi tra i minorenni sia costante. Con un balzo ben del 496,6% tra il 25 agosto e il 27 ottobre, 4 volte superiore all’incremento medio di tutte le età. In particolare, nell’ultimo rapporto disponibile al momento in cui chiudiamo questo numero di ItaliaOggi, relativo ai casi diagnosticati tra il 12 e il 25 ottobre, ben 27.131 positivi sono bambini e ragazzi di età scolare, il 16,1% di tutti i 168.518 casi del periodo. Percentuale che era il 12,8% tra il 17 e il 30 agosto, cioè 1.826 casi dei 14.268 contagi totali. Per aumentare al 13,5% nel periodo 7-20 settembre, quando le scuole hanno iniziato a riaprire, pari a 2.553 casi dei 18.915 totali. Mentre era salita al 17,3% nel periodo 5-18 ottobre, cioè 15.235 positivi nella fascia di età scolare dei totali 88.066 casi. Tanto che ormai Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria e membro del Cts, ammette che, aumentata da metà settembre, «adesso la percentuale dei contagi tra bambini e ragazzi in età evolutiva (0-18 anni) è in linea con quella dell’età generale della popolazione». Non solo. Secondo le elaborazioni di ItaliaOggi sui dati di Epicentro.iss.it nell’ultima settimana i contagiati tra 0 e 18 anni sarebbero ben 25.741, pari a ben il 35,03% di tutti i casi in quella fascia di età negli ultimi 30 giorni: in media 18.372 contagiati a settimana nell’ultimo mese, +6.435 rispetto alla media settimanale negli ultimi 3 giorni del 2 novembre.I report dell’Iss contengono anche una tabella con la distribuzione dei casi e dei decessi per fascia di età e sesso.

I ragazzi di età scolare sono divisi in due gruppi. 0-9 anni, corrispondente agli alunni di nidi, materna e (quasi tutta la) primaria, e 10-19 anni, la popolazione studentesca di medie e superiori. A fine agosto i bambini tra 0 e 9 anni positivi dall’inizio della pandemia erano 3.434, a fine ottobre 17.115: +13.681, pari a un aumento del 398,4%.

I ragazzi contagiati tra 10 e 19 anni a fine agosto erano 7.495, a fine ottobre 39.862: ben +32.367, pari al +431,8%. Rispettivamente, quindi, risultano positivi al covid-19 lo 0.35% dei 4.952.716 bambini fino a 9 anni, e il 0,69% dei 5.766.988 ragazzi tra i 10 e i 19 anni. In totale, quindi, dall’inizio dell’emergenza sanitaria in Italia sono risultati positivi 56.977 minorenni, lo 0.53% dei ragazzi tra 0 e 19 anni. A cui andrebbero aggiunti quelli stimati dell’ultima settimana, raggiungendo così quota 82.718 ragazzi in età scolare, lo 0,77% dei minorenni italiani.

Non tutti frequenteranno la scuola, ma la netta maggioranza è costituita da alunni, considerando l’obbligo scolastico fino 16 anni (dalla primaria alle II superiore) e la totalità di bambini che frequenta la materna (3-5 anni). Non tutti saranno stati infettati dentro la scuola, ma i ragazzi sono vettori di contagio. Spesso inconsapevoli, perché sono per lo più asintomatici o con pochissimi sintomi. Tuttavia, ricorda Villani, si contagiano tra di loro e diffondo il virus in famiglia. «La scuola non è affatto il posto più sicuro. In questo momento è un luogo come un altro», insiste il biologo molecolare Franco Bucci, professore presso la Temple University di Filadelfia, smentendo la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina e il commissario all’emergenza Domenico Arcuri. Forte di uno studio sui contagi nelle prime 5 settimane di avvio dell’anno scolastico, recentemente pubblicato con l’immunologa dell’Università di Padova Antonella Viola per il Patto Trasversale per la Scienza. Uno studio che ha dovuto difficoltà nel reperire i dati necessari, tanto che si sono potuti utilizzare solo quelli sui positivi nel tempo riscontrati nelle scuole delle province di Milano e Bergamo e della regione Lazio. «I dati considerati, se non supportano un ruolo delle scuole come “moltiplicatore” di infezioni», spiega Viola, «mostrano che le scuole non sono più protette del resto della comunità». Il tasso di infezione scolastica, infatti, appare seguire quello della comunità circostante. In pratica, osserva Bucci, «la probabilità di infezione in una scuola non è significativamente diversa da quella della società nel suo complesso». Contagi a scuola come quelli di un’azienda o una banca, in cui si passano ore al chiuso, si va a mensa dove si incontrano colleghi di altri uffici o reparti. «Nella scuola si è fatto né più né meno di quello che si è fatto all’esterno della scuola. Nulla di più», prosegue Bucci.

Gli scienziati indicano, però, come proteggere la scuola dal diffondersi del contagio. Innanzitutto, abbandonare la disparità di indicazioni da regione a regione, in favore di una procedura unica. Poi, la diagnostica in ambio scolastico deve essere anche essa uniformata e potenziata, attraverso l’introduzione di test rapidi antigenici e la procedura di pooling. Infine, utilizzare sempre tutti le mascherine.

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