Deloitte Private ha presentato la prima edizione di “Lo stato dell’Arte. Una fotografia del settore Art & Finance ai tempi del Covid-19”, ricerca condotta negli ultimi 2 mesi fra oltre 1.000 stakeholder (artisti, collezionisti, operatori, esponenti del mondo accademico e appassionati d’arte) per indagare i mutamenti dell’attuale contesto di fruizione del patrimonio culturale e artistico.

“Anche il mondo dell’arte, della cultura e dei beni da collezione ha subito gli effetti negativi della crisi. In questo contesto i dati quantitativi relativi al mercato dell’arte sono insufficienti per guardare allo sviluppo e al futuro del settore. La ridotta o assente possibilità di fruire l’arte dal vivo resta l’elemento più critico”, ha commentato Ernesto Lanzillo, Deloitte Private Leader.

Secondo i risultati dello studio il Covid continua a farsi sentire sui consumi culturali e sull’acquisto di opere d’arte. Per il 71% degli intervistati la crisi pandemica continua ad avere un’elevata influenza sulle abitudini di fruizione dell’arte, mentre solo il 10% sostiene che i propri consumi culturali siano poco influenzati dal Covid-19. Risultato che rispecchia i dati Istat sulla mancata affluenza nei luoghi pubblici della cultura italiana di quasi 19 milioni di visitatori e un mancato incasso di circa 78 milioni di euro. Tra le principali variabili, a impattare negativamente sulla propensione alla fruizione dell’arte, prevalgono la necessità di prenotare e organizzarsi con anticipo (42%), il timore di contagio (34%) e la ridotta disponibilità economica (14%); a ciò si aggiungono anche la difficoltà nel viaggiare e l’incertezza dello svolgersi o meno di mostre e eventi.

Tutto questo ha favorito l’incremento del digitale nel settore artistico culturale con iniziative e strategie di comunicazione virtuali. Permane la volontà degli appassionati di prendere parte fisicamente a mostre ed esposizioni: soltanto il 28% dei rispondenti ha attribuito un punteggio elevato all’efficacia degli strumenti online nel sostituire la fruizione dell’arte dal vivo, con il 31% che ne ha invece confermato la scarsa efficacia. Tuttavia, gli strumenti digitali sono stati utilizzati dal 65% degli stakeholder per la fruizione dell’arte mentre il 21% sia per la fruizione che per l’acquisto di opere d’arte ed infine il 3,5% solo per l’acquisto. Circa un rispondente su quattro ha utilizzato il digitale per acquistare opere d’arte nel periodo del lockdown ma, nonostante questo, solo l’8% sostiene che l’online sostituirà i servizi dal vivo per una quota superiore al 50%.

Guardando alle aspettative per il futuro, il 34% confida in nuovi strumenti normativi volti a favorire il supporto dei privati al settore artistico-culturale come le agevolazioni fiscali. Altra possibile leva per la ripartenza può essere la creazione di nuovi market-place (27%): grazie alla collaborazione, si può infatti favorire l’ottimizzazione dei costi e l’ampliamento di pubblico.

La grande maggioranza degli operatori del settore (81%) ha confermato che l’arte non ha perso appeal rispetto al periodo pre-pandemia, nonostante il forte impatto generato dalla crisi sulla compravendita di opere d’arte. Guardando ai dati, per quanto riguarda le case d’asta, il calo dei fatturati è stato mediamente del 60% nel primo semestre 2020, includendo anche le aste online.

Per le gallerie d’arte, secondo un recente report rilasciato da Art Basel in collaborazione con UBS, il calo delle vendite nei primi sei mesi dell’anno è stato mediamente del 36% rispetto allo stesso periodo del 2019, con picchi al ribasso per le gallerie minori. Dalle opinioni degli stakeholder coinvolti nell’indagine, si evince un generale calo nei volumi d’affari dei primi mesi del 2020, con il 52% degli operatori che ha registrato un calo tra il 25% e il 50% (prevalentemente dealer e gallerie d’arte). Preoccupante anche la quota di quasi 1 rispondente su 5 che ha registrato un calo superiore al 50% rispetto al 2019. Di contro, non si rileva una particolare riduzione nel valore della singola transazione, rimasto invariato per il 21% degli operatori e variato in quota minore (tra 0% e 25%) per quasi la metà dei rispondenti (46%).

Figure e competenze professionali per il mercato dell’arte di domani

La quasi totalità degli intervistati (94%) conferma che al fine di accelerare la ripresa siano necessarie nuove competenze professionali, il 56% che sono necessarie nuove figure. Tra le competenze maggiormente utili stanno quelle manageriali (42%) e tecnologiche (40%), che se presenti possono favorire anche in periodo di crisi lo sviluppo di strategie adeguate a tenere vivo il mercato. Sono infatti sempre più necessarie figure ibride; soltanto poco più della metà del campione, tuttavia, afferma che tali figure “ibride” fossero già presenti prima dell’avvento del COVID 19, mentre per il 22% non sono ancora presenti ma lo saranno a breve termine.

Risultati e trend nel mercato dell’arte

Il primo semestre 2020 ha confermato il trend già iniziato l’anno precedente contraddistinto da ridotta disponibilità di opere top quality e crescente e contestuale cautela dei collezionisti nella fase di acquisto, con un conseguente calo del fatturato per le case d’asta. Il numero di aste live dedicate al comparto della pittura che hanno superato il milione di dollari da Christie’s, Sotheby’s e Phillips, secondo il nostro campione d’analisi, si è ridotto del 64,9% rispetto allo stesso periodo del 2019, con un conseguente e deciso crollo del fatturato complessivo (72,1%). Le aste online sono state un’alternativa ma principalmente per la compravendita di beni da collezione con valori contenuti (prezzo medio dei lotti al di sotto dei 13.000 dollari). A partire da giugno le nuove aste in formato “ibrido”, ossia metà live e metà in streaming, si sono da subito affermate come nuovo possibile strumento chiave per mantenere vivo il mercato anche nel secondo semestre di questo anno così particolare, consentendo alle principali case d’asta di tirare un respiro di sollievo.

Affrontare la crisi: le scelte strategiche di Sotheby’s, Christie’s e Phillips

Sotheby’s è la casa d’aste che si è dimostrata maggiormente in grado di sopportare la crisi, grazie alla forte presenza digitale costruita nel tempo, con un fatturato nei primi 7 mesi di $2,5 Mld. Diversa invece la strategia di Christie’s, che ha puntato meno sull’online e ha utilizzato questi mesi per riorganizzare la propria struttura. Ha inoltre rinsaldato collaborazioni in Asia e diverse iniziative a sostegno della lotta alla pandemia, anche attraverso la valorizzazione di artisti emergenti. Anche per Philips il periodo non è stato facile, ma ha lavorato per attirare bidder e collezionisti giovani, grazie ad una strategia dinamica che da qualche anno si focalizza sull’online di qualità, soprattutto per l’arte contemporanea e per il design.

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