di Simona D’Alessio
L’eredità della pandemia potrebbe esser desolante per gli avvocati, che hanno subito il blocco (quasi totale) dell’attività giudiziaria: nel 2021 se ne ipotizza «una diminuzione di reddito e di fatturato di circa il 20%, rispetto all’anno precedente». Ma la loro «fragilità strutturale» si è già palesata distintamente in primavera, all’atto dell’erogazione del «bonus» da 600/1.000 euro, introdotto dal decreto «Cura Italia» (18/2020), con la presentazione di «oltre 144.000 domande», di cui «quasi 138.000 di professionisti con redditi sotto i 35.000 euro». È quel che si apprende dalla lettura della relazione al Bilancio di previsione per il prossimo anno approvato dalla Cassa di previdenza forense, documento che annuncia l’escalation delle risorse investite nell’assistenza (dai circa 55,5 milioni del 2020 ai quasi 67,9 del 2021) ed evidenzia come la platea degli associati sconti «una eccessiva numerosità», al confronto con «le necessità del mercato, soprattutto in alcune aree geografiche», poiché ogni mille abitanti vi sono 6,9 legali in Calabria, 6,1 in Campania, 5,8 in Toscana e, a scendere, 3,4 in Lombardia e, in ultimo, 1,3 in Valle d’Aosta. Eppure, andrebbero cavalcati quei «margini di ripresa, nel medio e lungo periodo, legati a settori in cui è prevedibile una crescita del contenzioso», a partire dall’area «della contrattualistica, delle ristrutturazioni aziendali, del diritto societario, delle locazioni commerciali, della finanza, dei contratti di forniture, della sicurezza alimentare, della privacy, del diritto del lavoro e dell’immigrazione»; un percorso di risalita che, si osserva, non potrà prescinder dalla «riqualificazione dell’avvocatura». Il 2021, però, non sarà contraddistinto solamente dalle stime sulla discesa di una ventina di punti percentuali dei guadagni e del giro d’affari della categoria (si tratta di valutazioni «prudenziali», ha indicato a ItaliaOggi il presidente della Cassa forense Nunzio Luciano, che si augura che, «malgrado il futuro permanga denso d’incertezze, il calo dei redditi non sia così accentuato»), perché dal 1° gennaio, si rammenta, entrerà a regime la riforma previdenziale varata nel 2012, col conseguente aumento a 70 anni dell’età pensionabile; sempre nella prossima annualità s’intende «riprendere l’attività di recupero crediti (specie nei riguardi dei soggetti già pensionati) che ha subito una battuta d’arresto nel 2020» con l’infuriare del Covid, una calamità che, secondo il numero uno dell’Ente, «non ha fatto che da acceleratore di una crisi che era già in atto, tra i nostri colleghi». Infine, la Cassa ricorda quanto versato allo Stato, dal 2012 al 2019, nel quadro della «spending review» (prelievo giudicato illegittimo dalla sentenza della Consulta 7/2017): oltre 8,2 milioni, mentre l’intero comparto degli Enti professionali è giunto a complessivi 78 milioni, di cui continua a chiedere, finora senza risposta (malgrado un recente pronunciamento favorevole ottenuto dalla Cassa geometri), il rimborso al ministero dell’Economia (si veda anche ItaliaOggi del 26 giugno 2020).

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