CONCORRENZA/Per la Cassazione possibile espungere le pattuizioni contra legem
La riproduzione delle clausole Abi non basta alla nullità
di Maurizio Finocchio e Fabio Antonio Ferrara

Le fideiussioni bancarie che riproducono le clausole del cosiddetto modello Abi, già dichiarate anticoncorrenziali dall’Autorità garante alla stregua della legge 287/90, non sono, per ciò solo, in toto nulle, ben potendosene accertare la più lieve invalidità cosiddetta parziale, con espunzione delle pattuizioni contrarie alla legge. L’Antitrust, infatti, ha accertato l’illegittimità solo di alcune delle clausole delle Norme bancarie uniformi predisposte dall’Abi in materia di fideiussione. Per tale ragione i tribunali possono (o, meglio, devono) procedere all’eventuale scrutinio (e sanzione) delle sole condizioni contrattuali rivenienti dalle intese illecite, valutando se del caso se sussistono i presupposti per l’accertamento della nullità parziale (e non totale) del contratto di fideiussione. È quanto affermato dalla I sezione della Cassazione con la sentenza 24044 del 26/9/2019. La questione tiene banco dalla pronuncia, da parte della Corte, dell’ordinanza 29810/2017, da cui si è voluto, inferire la nullità ovvero l’illiceità delle fideiussioni in quanto asseritamente infettate da norme anticoncorrenziali. Secondo alcune interpretazioni, l’anzidetto provvedimento infatti avrebbe consacrato la nullità delle fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussioni omnibus) conformi allo schema di contratto predisposto dall’Abi, trattandosi, appunto, di contratti partoriti da un’intesa anticoncorrenziale posta in essere dalle banche per il tramite della propria associazione di riferimento (Abi), vietata dall’art. 2 della legge 287/90. Dalla pronuncia è scesa vera e propria pioggia di contenziosi, finalizzati ad ottenere la liberazione dei fideiussori dalle rispettive posizioni di garanzia assunte verso le banche. Nell’ambito di questo dibattito la pronuncia in parola fa chiarezza, precisando che, dalla motivazione dell’ordinanza del 2017 non può farsi discendere la nullità dell’intero contratto di fideiussione: tale assunto, secondo i giudici di Piazza Cavour, non appare né preliminare, né logicamente conseguenziale al tema trattato nell’ordinanza stessa, la quale deve essere letta nell’ambito della fattispecie da cui è scaturita, pur potendo assurgere a precedente giurisprudenziale (ma mai, di per sé, a mezzo di prova). Pertanto, quando è contestata l’invalidità della fideiussione conforme allo schema Abi, può «trovare applicazione l’art. 1419 c.c. (secondo cui la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità, ndr) laddove l’assetto degli interessi in gioco non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale, limitata alle clausole rivenienti dalle intese illecite». Per gli Ermellini a nulla rileva la presunta impossibilità dei fideiussori di provare la decisività delle clausole in parola ai fini della conclusione del contratto, e che le clausole contrarie alla legge possono essere eliminate, impregiudicata la restante pattuizione, e con essa, gli obblighi connessi (per esempio, il rimborso delle somme erogate). Ciò perché la presenza di norme frutto di intese anticoncorrenziali a ingiusto vantaggio delle banche, espunte dal giudice che ne abbia accertato la citata nullità parziale, lascia ordinariamente inalterata la struttura causale del negozio, senza quindi pregiudicare la posizione dei garanti, anzi meglio tutelati proprio in ragione della declaratoria di nullità parziale.
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