di Sonia Ciccolella

L’8 novembre è stato presentato a Roma il V Report Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane. L’Osservatorio della Commissione su «L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane» ha raccolto i dati relativi a un campione di 3.058 individui, rappresentativo dei decisori finanziari italiani, di cui 1.311 intervistati già nel 2018. Il Rapporto fornisce evidenze in merito alle scelte di portafoglio degli investitori retail valutandone i modelli decisionali, il livello di conoscenze finanziarie e le attitudini comportamentali. Rispetto agli anni precedenti è stato inoltre proposto un focus su investimenti socialmente responsabili. La ricchezza netta delle famiglie italiane, anche se in diminuzione rispetto al 2018, rapportata al reddito disponibile, rimane superiore ai dati Ue. Lo stesso non vale per il risparmio, pur in lieve crescita per la prima volta dal 2014, che continua a essere inferiore al valore registrato nell’area euro. La composizione delle attività finanziarie delle famiglie italiane si avvicina sempre di più a quella delle europee, soprattutto a causa della riduzione delle obbligazioni e alla crescita costante delle attività assicurative e previdenziali nel portafoglio delle famiglie italiane. L’uomo si conferma essere, per i tre quarti del campione esaminato, il decisore finanziario della famiglia, anche se per le proprie scelte si confronta nel 60% dei casi con il proprio partner e nell’80% dei casi anche con altri membri del nucleo familiare. Si tratta insomma di una scelta di famiglia, di cui l’uomo si fa portavoce. Condividere le scelte con la propria famiglia aiuta inoltre il decisore a non avere eccessiva confidenza sulle proprie conoscenze finanziarie.
L’indagine censisce alcune attitudini psicologiche che possono orientare la percezione e l’assunzione di rischio finanziario da parte degli individui. La maggioranza degli italiani si conferma avversa al rischio e alle perdite, due terzi degli intervistati affermano infatti di non essere disposti a investire in un prodotto che presenti anche una minima possibilità di perdita del capitale. Occorre poi considerare che oltre il 60% delle famiglie dichiara di non potere investire perché non ha risparmi sufficienti oppure dichiara di non avere più fiducia nei confronti degli intermediari finanziari. Se si guarda invece ai dati sulla fonte delle scelte di investimento ne emerge che i cittadini prediligono una sola fonte informativa, preferendo di gran lunga il supporto di un consulente finanziario. E una volta scelto il proprio consulente, il 51% del campione dichiara di non cambiarlo da tempo, instaurando rapporti che durano anche oltre 15 anni. Il 31% del panel invece sceglie un nuovo consulente solo perché quello storico non è più disponibile, ad esempio perché andato in pensione. La fiducia nel proprio interlocutore nelle scelte di investimento resta quindi fondamentale. Rispetto agli anni passati in cui l’empatia nella relazione tra consulente e cliente era particolarmente rilevante, la scelta del consulente è ora guidata prevalentemente dalle competenze del professionista, seguita dalla fiducia che questi riesce a ispirare nel cliente e dalla
segnalazione proveniente da un soggetto ritenuto affidabile, ad esempio familiari, amici o l’istituto bancario di riferimento. Le competenze assumono un ruolo chiave sia nella fase di avvio sia nel corso della relazione con il cliente. Il report indaga inoltre come gli investitori accolgono il servizio di consulenza. Il 40% del campione ricorre alla cosiddetta consulenza informale, ossia ai consigli di amici e parenti, e altrettanti decidono in autonomia. Solo il 20% degli intervistati dichiara di rivolgersi a un esperto. La remunerazione della consulenza rimane un elemento poco considerato, sia perché la maggioranza degli individui ritiene che il servizio sia prestato a titolo gratuito, sia perché la disponibilità a pagare è molto bassa anche tra gli investitori assistiti da un professionista.
Si conferma scarsa la cultura finanziaria degli italiani. Interrogati su nozioni base quali inflazione, relazione rischio-rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto, il 21% degli intervistati non ne conosce nemmeno una e solo il 2% è in grado di definire correttamente tutte le nozioni. Gli italiani non sono inoltre ben consapevoli del proprio livello di conoscenze finanziarie ed è frequente un disallineamento fra conoscenze reali e conoscenze percepite. Nel 20% dei casi i rispondenti sottostimano le proprie conoscenze rispetto a un 14% che invece le sovrastima. Gli italiani identificano la fonte della propria conoscenza nell’educazione ricevuta dalla famiglia di origine unitamente alla propria esperienza e al proprio interesse personale. Consob ha voluto approfondire questo dettaglio e ne è emerso che, durante l’adolescenza, i partecipanti alla survey sono stati stimolati dai propri genitori a tenere comportamenti oculati in tema di risparmio e controllo delle spese. Il focus sugli investimenti sostenibili e socialmente responsabili (Sri) dimostra che essi sono ancora poco noti: solo il 40% degli intervistati dichiara di averne almeno sentito parlare. Le fonti informative prevalenti sono i media e il web, mentre il ruolo dei consulenti finanziari resta ancora secondario in questo settore. Ci sono quindi ampi margini di miglioramento che dovranno essere colmati nei prossimi anni, anche attraverso percorsi di educazione finanziaria specifica. (riproduzione riservata)

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