Per la cassazione se non rifiuta le attività è responsabile
di Michele Damiani

Il medico specializzando è responsabile delle sue attività ed è quindi perseguibile per legge. Il neo laureato non è un mero esecutore di ordini e risponde delle sue azioni anche se non è in grado di portare a termine il compito; se lo specializzando non rifiuta lo svolgimento del compito se ne assume la piena responsabilità. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione, terza sezione civile, con la sentenza 26311/2019 dello scorso 17 ottobre. La vicenda riguarda una donna ricoverata in una casa di cura che era stata affidata a uno specializzando perché il medico di riferimento era in missione all’estero. Il giovane medico le aveva prescritto delle iniezioni di gestone che hanno portato al ricovero d’urgenza della paziente e al conseguente aborto. Inoltre, la donna ha perso la capacità di procreare. La Corte ha confermato la condanna per la casa di cura, per il medico e anche per lo specializzando che «non può essere considerato un mero esecutore d’ordini del tutore anche se gode di piena autonomia; si tratta di un’autonomia che non può essere disconosciuta, trattandosi di persone che hanno conseguito la laurea in medicina e chirurgia. Se lo specializzando non è o non si ritiene in grado di compiete le attività, deve rifiutarne lo svolgimento perché diversamente se ne assume le responsabilità». La vicenda assume particolare rilievo anche a seguito delle azioni poste in essere dalle regioni per scongiurare la carenza di camici bianchi, un problema manifestato più volte negli ultimi anni da ordini professionali e governatori. Tra i vari provvedimenti regionali approvati (si veda ItaliaOggi del 15 agosto scorso), infatti, alcuni riguardano l’opportunità di assumere specializzandi negli ospedali. Il Veneto, ad esempio, ha approvato due delibere in questo senso ad agosto. Ultimamente, invece, è stato accolto dalla Consulta il ricorso presentato dalla regione Lombardia che portava all’assunzione di 2 mila specializzandi negli ospedali.
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