di Anna Messia

In Italia le assicurazioni superano le banche come possessori di Btp con 414 miliardi di euro investiti in titoli di Stato. Nei giorni scorsi il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi) Antonio Patuelli, lanciando l’allarme contro la riforma del fondo salva-Stati europeo e minacciando una frenata negli acquisti in Btp, ha ricordato che gli istituti italiani detengono titoli di Stato per circa 400 miliardi di euro. Bene, le compagnie assicurative non sono da meno e i loro investimenti in Btp stanno ulteriormente crescendo. Le cifre aggiornate sono contenute nell’ultimo rapporto di Banca d’Italia sulla stabilità finanziaria, che include il settore assicurativo, dal quale emerge che i titoli del debito pubblico detenuti dalle compagnie a fine settembre hanno raggiunto appunto 414 miliardi. Un aumento significativo rispetto ai 360 miliardi di un anno prima, dovuto sia all’acquisto di nuovi titoli sia alla rivalutazione di quelli in portafoglio. Sta di fatto che i titoli pubblici, in prevalenza italiani, rappresentano il 52% del
totale degli investimenti con rischio a carico delle compagnie, un livello ampiamente superiore alla media europea. Pertanto anche le assicurazioni italiane potrebbero essere pesantemente penalizzate dall’eventuale stretta sui titoli di Stato chiesta a più ripresa dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz per le banche. Per ora si tratta solo di ragionamenti. Come visto, le assicurazioni in questi mesi hanno continuato a compare Btp e, come emerge dal rapporto sulla stabilità finanziaria di Banca d’Italia, sembrano avere bilanci più resistenti di altri concorrenti europei, grazie a un maggior allineamento tra le durate finanziarie delle attività (gli investimenti effettuati) e delle passività (gli impegni verso gli assicurati). Per questo motivo «sono meno esposte ai rischi derivanti da un periodo prolungato di tassi d’interesse molto bassi», osservano da Via Nazionale. Non solo; l’indice di solvibilità medio delle compagnie italiane è cresciuto «per effetto della forte riduzione dei premi per il rischio sui titoli pubblici e nel mese di settembre ha raggiunto il 228%», si legge nel rapporto. Ossia 2,28 volte il minimo richiesto e c’è da considerare che per le assicurazioni italiane le misure di aggiustamento previste da Solvency II a differenza per esempio di quelle tedesche, per le quali le misure transitorie hanno spinto in alto il Solvency II anche di 100 punti percentuali. In Italia il rialzo dei corsi dei titoli pubblici si è riflesso invece positivamente anche sul rendimento di capitale e delle riserve delle assicurazioni, con il roe (return on equity) della gestione Vita salito all’11% nel primo semestre del 2019 rispetto al 4% dello stesso periodo delle scorso anno. Resta però aperto il tema degli investimenti alternativi ai titoli di Stato. Banca d’Italia rileva che le compagnie che effettuano investimenti pari a oltre il 5% del totale in strumenti finanziari con un profilo di rischio-rendimento elevato rappresentano appena il 4% del totale degli attivi del settore e la quota di titoli delle pmi sul totale delle attività rimane su livelli estremamente contenuti. «Un incentivo ad ampliare questi investimenti potrà arrivare dalle recenti modifiche alla normativa comunitaria sui requisiti patrimoniali che prevedono una riduzione dell’assorbimento di capitale per le obbligazioni prive di rating per gli strumenti di capitale non quotati e per gli investimenti a lungo termine», osservano da Banca d’Italia. Di certo gli assicuratori globali stanno guardando sempre di più agli investimenti alternativi per colmare il vuoto creato degli scarsi ritorni obbligazionari dell’ultimo decennio a causa dei tassi di interesse estremamente bassi, come rivela un’indagine globale di Natixis Investment Managers che ha coinvolto 200 responsabili investimenti e membri del team di investimento di assicurazioni. Gli ostacoli normativi restano, ma, come visto, le usure di aggiustamento di Solvency II hanno alleggerito il peso. «Nell’ultimo decennio gli operatori assicurativi sono stati condizionati dal contesto di bassi tassi di rendimento», ha spiegato Antonio Bottillo, country head ed executive managing director di Natixis Investment Managers per l’Italia. «Il private debt, il private equity e altri investimenti alternativi forniscono una soluzione potenziale alla riduzione dei ritorni sul mercato obbligazionario. L’industria assicurativa è sempre più disposta ad assumersi il rischio di liquidità per andare alla ricerca di rendimenti più elevati al fine di trovare un equilibrio tra generazione di alfa e costo del capitale, proteggendo al contempo gli asset dai ribassi». (riproduzione riservata)

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