Busta paga leggerissima per i pensionati a partire dal prossimo gennaio: la minima aumenta di 2,06 euro. Il modesto incremento (0,4%) previsto per il 2020 è dovuto alla cosiddetta perequazione automatica, quella che una volta si chiamava scala mobile. Nel 2019 si doveva tornare alle regole originarie risalenti al 2001, non solo più favorevoli ai pensionati, ma che vedono anche applicare la rivalutazione con regole più vantaggiose. Non per un singolo scaglione in base all’importo complessivo della rendita, ma per diversi scaglioni in base alle fasce d’importo della stessa. Ma così non è stato per via dell’ultima Legge di Bilancio. Nel frattempo l’Inps si prepara al rinnovo dei mandati di pagamento per il nuovo anno, sulla base di un dato provvisorio indicato da un apposito decreto del Mef, di concerto con il Ministro del Lavoro (si veda G.U. del 27 novembre). Pensioni minime. Con l’incremento dello 0,4%, l’importo del trattamento minimo sale da 513,01 a 515,07 euro al mese. In seguito all’aggiornamento, sale anche l’assegno sociale, la rendita assistenziale corrisposta agli ultrasessantacinquenni privi di altri redditi, introdotta dalla riforma Dini del 1995 in sostituzione della «vecchia» pensione sociale: passa da 457,99 a 459,83 euro al mese. Mentre la pensione sociale, ancora prevista per i titolari della stessa al 31 dicembre 1995, raggiunge 378,95 euro al mese. Oltre il minimo. Come accennato, per il triennio 2019- 2021, la Legge di Bilancio 2019 (art. 1, comma 260, legge 145/2018), ha ulteriormente rivisto il meccanismo di perequazione nella seguente misura: – per le pensioni di importo fi no a 3 volte il trattamento minimo l’adeguamento avviene in misura piena (100%); – per le pensioni di importo superiore e sino a 4 volte il minimo, viene riconosciuto il 97% dell’adeguamento; – per quelle di importo superiore e sino a 5 volte il minimo, l’adeguamento è pari al 77%; – adeguamento che scende al 52% per i trattamenti pensionistici tra 5 e 6 volte il minimo; – al 47% per i trattamenti superiori a 6 volte e sino ad 8 volte il trattamento minimo; – al 45% per i trattamenti pensionistici tra le 8 e le 9 volte il minimo; – e al 40% per quelli di importo superiore a 9 volte il minimo. A quanto pare, un contentino sarà offerto dalla manovra economica 2020 agli assegni più bassi: la misura piena della perequazione passerà infatti da 3 a 4 volte il minimo. Di fatto, il «contentino» andrà ad incidere positivamente solo sugli assegni che vanno dai 1.593 euro lordi (1.485 netti) a 2.052 lordi (1.650 netti). Pertanto, l’aumento per l’anno prossimo sarà così articolato: • 100% (ossia più 0,40%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 4 volte il trattamento minimo; • 77% (ossia 0,308%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo; • 52% (ovvero 0,208%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo; • 47% (0,188%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 6 volte e pari o inferiore a 8 volte il trattamento minimo; • 45% (e cioè 0,18%) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 8 volte e pari o inferiore a 9 volte il trattamento minimo • e 40% (ossia 0,16%) per i trattamenti di importo complessivo superiore a quest’ultimo limite. Le pensioni d’oro. Anche le cosiddette pensioni d’oro, chiamate dalla Legge di Bilancio 2019 al contributo di solidarietà, sono soggette alla perequazione automatica. Questo signifi ca che i pensionati che nel 2020 intascheranno più di 100.000 euro lordi, anche cumulando più di una pensione, dovranno lasciare all’Inps una quota del proprio assegno il cui importo varia tra il 15 e il 40%. Più precisamente, la riduzione sarà stabilita in misura pari al: – 15% per la parte eccedente l’importo di 101.160 euro fi no a 130.208 euro; – 25% per la parte eccedente 130.208 euro fi no a 200.320 euro; – 30% per la parte eccedente 200.320 euro fi no a 350.560 euro; – 35% per la parte eccedente 350.560 euro fi no a 500.800 euro; – 40% per la parte eccedente 500.800 euro. Complessivamente la misura è simile a quella del Governo Letta in vigore per il triennio 2014-2016 anche se l’effetto è più intenso. Il vecchio contributo di solidarietà prevedeva, infatti, una decurtazione del 6% per la fascia tra le 14 e le 20 volte il trattamento minimo, del 12% per la fascia tra le 20 e le 30 volte il trattamento minimo e del 18% per la fascia eccedente le 30 volte il minimo.

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