Per l’ubp la platea è di 475mila persone, con tagli all’assegno fino al 30%
Oggi la risposta dell’Italia alla Ue. Anche Istat e Corte dei Conti bocciano le previsioni del governo
di Andrea Pira

Smontare la riforma Forneno può costare al governo il doppio di quanto previsto. Qualora l’intera platea potenziale dovesse utilizzare quota 100 per l’uscita anticipata da lavoro, ossia con 62 anni di età e 38 di contributi, l’aumento della spesa pensionistica nel 2019 schizzerebbe a 13 miliardi e rimarrebbe sostanzialmente stabile negli anni successivi. Il prossimo anno, però, il Fondo per la revisione del sistema pensionistico istituito con la manovra di bilancio avrà a disposizione soltanto 6,7 miliardi, che diventeranno 7 miliardi dal 2020. La simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, presieduto da Giuseppe Pisauro, calcola che i potenziali beneficiari del provvedimento possano essere il prossimo anno 475 mila.
In soccorso del governo ci sono comunque fattori capaci di fare da disincentivo alla voglia di lasciare prima il lavoro, come un taglio all’assegno previdenziale. Optare per quota 100, emerge dalle tabelle dell’Upb presentate in audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, comporterà infatti una riduzione rispetto al regime attuale del 5% in caso di anticipo di un solo anno, che salirà mano a mano, fino a superare il 30% con un anticipo di oltre 4 anni.

Entro oggi il governo deve presentare le modifiche alla bozza di legge di bilancio richieste dalla Commissione europea, che giudica il quadro programmatico del governo troppo ottimistico, accompagnate da una relazione sui fattori rilevanti che incidono sull’andamento del debito pubblico. La giornata si intreccia anche con la pubblicazione del rapporto sull’Italia degli ispettori del Fondo monetario internazionale che già ha messo in guardia sul debito e sul rischio contagio verso i Paesi più deboli dell’Eurozona.
Alla vigilia ulteriori dubbi sull’andamento dei conti sono stati sollevati dall’Istat. «Uno scenario economico mutato può influire sui saldi della manovra», avverte l’Istituto. Le stime potrebbero saltare già nel 2018, almeno che nel quarto trimestre la crescita non sia dello 0,4%. Di stagnazione nel terzo trimestre ed effetto trascinamento modesto sul 2019, ha parlato anche la Corte dei Conti, mentre per Pisauro, alla luce del rallentamento congiunturale, la previsione di crescita dell’1,5% nel 2019 appare ancora più ambiziosa rispetto all’ultima valutazione di un mese fa (l’Upb stima inoltre il deficit al 2,6% contro il 2,4% del governo). La maggioranza giallo-verde non intende in ogni caso toccare i saldi.

L’ha chiarito ieri il vicepremier Matteo Salvini. Per oggi è previsto un vertice a Palazzo Chigi per mettere a punto la risposta alla Ue. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, studia soluzioni per un possibile compromesso con Bruxelles. Si parla di un obiettivo di crescita più basso o di un meccanismo di salvaguardia con tagli di spesa per far quadrare i conti. Tale soluzione lascia scettico l’Upb. «La sostituzione delle clausole appare, perlomeno, problematica» si legge nella relazione. La riduzione della spesa non potrebbe riguardare né investimenti né le prestazioni sociali. La spesa aggredibile è soprattuto quella sanitaria (che rischia riduzioni consistenti). In alternativa si dovrà mettere mano alle tax expenditure, alcune però prorogate in manovra. (riproduzione riservata)

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