Non solo le Generali studiano acquisizioni. Mifid e tecnologia potrebbero innescare un’ondata di m&a nell’asset management europeo Le mire su Amundi. L’opzione Anima per Poste. L’asse Intesa-BlackRock
di Luca Gualtieri

Nel piano industriale presentato ai mercati mercoledì 21 Generali ha previsto acquisizioni e non c’è dubbio che il settore dell’asset management sia nel mirino. Se infatti nel 2016 Trieste scelse di non scendere in campo a difesa dell’italianità di Pioneer, l’appetito per il settore resta alto come dimostra il recente investimento nella polacca Union Investement Tfi. Il risparmio gestito del resto è oggi l’area più interessante nei servizi finanziari e le banche d’affari stanno monitorando molti dossier.
L’attenzione nasce dalla buona redditività e dalla crescita delle masse intermediate dovuta soprattutto all’evoluzione delle abitudini di risparmio: «una fetta sempre più consistente di retail si sta spostando da prodotti tradizionali come il risparmio postale, i conti deposito e i bond bancari a soluzioni più evolute, come quelle messe in campo dall’industria del gestito», spiega a MF-Milano Finanza il partner di Kpmg Silvano Lenoci. «A questi fattori si aggiunge poi l’effetto della direttiva CRD 4 che ha allontanato molti investitori avversi al rischio dall’obbligazionario bancario». Gli asset manager internazionali hanno approfittato di questi trend di lungo periodo per guadagnare quote di mercato: nel 2017 le masse amministrate in Europa sono cresciute del 10% a 25.200 miliardi, pari al 147% del pil continentale, come segnalano i dati della European Financial Management Association.

Malgrado la Brexit, il Regno Unito gioca ancora un ruolo decisivo con il 35,4% del mercato, seguito dalla Francia (17,4%) e dalla Germania (9,2%), mentre l’Italia pesa ancora soltanto per il 5,4%. A prescindere dalle performance il settore potrebbe insomma continuare a crescere per linee interne. All’orizzonte però i ceo vedono due problemi: da un lato sui bilanci 2018 si sentiranno gli effetti di Mifid 2 con una prima, significativa contrazione delle commissioni di gestione. Dall’altro lato la concorrenza sulle nuove tecnologie sta diventando sempre più serrata, obbligando gli asset manager a investire parecchio su piattaforme digitali e insurtech.

L’effetto combinato di questi due fenomeni rimetterà in moto il consolidamento del settore, spingendo numerosi gruppi di dimensioni medio-piccole nell’orbita dei grandi. In Nord Europa qualche processo di m&a potrebbe partire a breve: nelle banche d’affari starebbero ad esempio circolando i dossier di Nordea Asset Management e Abn Amro Asset Management, mentre a inizio anno è finita sul mercato Dws, la divisione di risparmio gestito di Deutsche Bank dalla quale la banca tedesca ha raccolto 1,8 miliardi. Passando in Francia, Sycomore Asset Management è appena finita nel mirino di Banca Generali che ultimamente ha comprato anche Nextam Partners, boutique finanziaria fondata nel 2001 da Carlo Gentili, ex Euromobiliare. Dopo l’acquisizione di Pioneer da Unicredit invece Amundi (controllata da Crédit Agricole) è diventata il primo gruppo europeo con masse per oltre 1.400 miliardi.

Secondo diversi banker, le dimensioni assunte dall’asset manager francese guidato da Yves Perrier ne fanno il target ideale per un grande gruppo americano, un’operazione che lo proietterebbe ai primissimi posti della classifica globale. È vero infatti che i maggiori attori del mercato europeo restano gli asset manager Usa come BlackRock, State Street, Pimco e Goldman Sachs Asset Management. Soggetti che potrebbero aumentare ulteriormente le proprie quote di mercato attraverso acquisizioni mirate o partnership come quella che BlackRock sta negoziando con Intesa Sanpaolo su Eurizon. In Svizzera invece si guarda a Julius Baer in attesa di novità. La più importante banca di pura gestione patrimoniale che potrebbe mettere sul mercato qualche asset di pregio.

E l’Italia? La forte instabilità di questi ultimi mesi ha paralizzato l’attività di m&a e il mondo dell’asset management non ha fatto eccezione. Eppure nelle merchant bank sono diverse le realtà sotto osservazione. I banker si attendono ad esempio novità su Anima Holding . Finito nel cassetto il progetto di un polo nazionale del risparmio gestito con Poste e Cdp, la società milanese potrebbe finire nel mirino di un operatore industriale oppure entrare definitivamente nell’orbita del gruppo guidato da Matteo Del Fante.
Saranno comunque decisive le scelte di Banco Bpm , azionista al 14,6% ma oggi alle prese con importanti progetti di capital manegement. Sicuramente la società più interessante dell’asset management italiano resta però Banca Generali . I futuri assetti proprietari del gruppo guidato da Gian Maria Mossa dipenderanno dalle scelte di Trieste ma, nel caso di una vendita, i pretendenti non mancherebbero. A partire forse da quello che gli analisti reputano il partner più naturale per affinità e strategia industriale, Mediobanca . (riproduzione riservata)

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