di Elena Dallaglio e Marco Brandirali – partner Mbs Consulting

La spesa degli italiani per proteggere le loro case con sistemi di sicurezza è aumentata nel 2017 del 7,2%. Nello stesso tempo è cresciuta la spesa delle famiglie per la salute (+2,9%) e per l’assistenza ad anziani e figli (+3,9%). Mbs Consulting, con la ricerca «Il bilancio di welfare delle famiglie italiane», ha misurato in 4.328 euro annui la spesa familiare media per i bisogni di welfare (dalla salute all’assistenza, dal lavoro all’istruzione), pari al 14,6% del reddito netto.
Che cosa indicano questi dati? Innanzitutto che sicurezza e benessere non sono solamente temi centrali nel dibattito sociale e politico, sono anche divenuti potenti driver di evoluzione dei consumi. Non dovremmo stupirci di questo: siamo una società matura, non solo per l’invecchiamento della popolazione ma anche perché il desiderio di mantenere la qualità della vita è un valore guida delle nostre scelte. Proprio sicurezza e continuità del benessere sono la missione specifica delle assicurazioni, eppure l’offerta assicurativa non si mostra in grado di intercettare questa domanda.

La raccolta delle polizze di protezione (danni non auto) negli ultimi anni ha avuto un andamento positivo, con una crescita lievemente superiore al 2%; ma è stata trainata da un solo ramo, l’assicurazione malattie, grazie all’espansione dei fondi sanitari istituiti dai contratti di categoria. Mentre l’assicurazione malattie è cresciuta del 9% l’anno, gli altri rami hanno avuto un trend piatto, di poco superiore all’1%. Ciò evidenzia una lontananza dell’offerta assicurativa dalle attese delle famiglie e delle imprese, ed è un segnale di quanto sia urgente una sua profonda innovazione.
La bancassurance di protezione è la componente di gran lunga più dinamica del mercato assicurativo, con un ritmo di crescita annua vicino al 15%. È un business tuttora piccolo, pari a circa 2 miliardi di euro, che si divide in due segmenti: le polizze legate al credito (Cpi) e quelle stand alone, offerte dagli sportelli alle famiglie e alle imprese per la copertura dei loro rischi. Quest’ultimo è il mercato destinato a crescere più di ogni altro. Il suo volume attuale è di 900 milioni: veramente poca cosa se pensiamo al valore potenziale della domanda e alla capacità distributiva delle banche. Le banche hanno l’esigenza di lasciarsi alle spalle una lunga fase di difficoltà.

Non si tratta soltanto delle difficoltà patrimoniali evidenziate dalle crisi finanziarie. È anche un problema di maturità dei business tradizionali (credito, risparmio, gestione dei pagamenti): bassa crescita, forte concorrenza, margini decrescenti. Ben conosciamo la ricetta classica di ricerca della redditività nelle industrie mature: concentrazioni per aumentare i volumi e taglio delle risorse in eccesso. Molti istituti stanno andando in questa direzione e ciò provoca da diversi anni una continua riduzione degli sportelli. Ma è una strada pericolosa, poiché comporta la rarefazione della presenza nel territorio e un ulteriore indebolimento delle capacità di offerta. Il difetto principale di questa strategia è che non risolve il problema: non permette di uscire dal ciclo di maturità, non individua aree di crescita.

Può la bancassurance di protezione offrire una prospettiva alternativa, aprendo una nuova fase di sviluppo? Intendiamoci, da molti anni le banche vendono polizze danni, ma si è sempre trattato di un business laterale, per non dire marginale, rispetto a quelli centrali della banca. Ora piuttosto ci chiediamo se l’assicurazione per la copertura dei rischi possa entrare a far parte del core business, e crescere sino a generare un valore determinante per i risultati di bilancio. Quel che vediamo è un rinnovato interesse delle banche verso la protezione assicurativa: business plan ambiziosi, come quello di Intesa Sanpaolo , investimenti per inserire in rete nuove figure professionali, rinnovamento dell’offerta con prodotti modulari per supportare la consulenza allo sportello e disegnare soluzioni personalizzate. Non si tratta di chiedersi se queste iniziative avranno successo, ma se riusciranno a imprimere un salto di qualità alla bancassurance nei rami danni, tale da colmare la distanza esistente tra il valore attuale del business e quello potenziale.

È una domanda, questa, alla quale è possibile rispondere solamente con un’altra domanda: quali condizioni possono permettere di attuare una evoluzione di così grande portata? Per dare un’idea di un’operazione analoga non abbiamo bisogno di guardare lontano: il caso più significativo è la trasformazione che accompagnò, negli anni 90, l’incontro tra banca e assicurazione nel ramo vita, importando il modello che aveva avuto successo in altri mercati europei, in particolar modo quello francese. Ricordiamo quel contesto: la crescita economica aveva generato una vasta domanda di gestione degli investimenti; contemporaneamente, la legge bancaria aveva abbattuto gli ostacoli alla concorrenza e le barriere di specializzazione, generando la banca universale.
Le banche seppero cogliere quelle opportunità trasformando il proprio ruolo, sino ad allora limitato alla raccolta del risparmio e alla erogazione del credito, per proporsi come gestori attivi del risparmio dei clienti. Senza questa trasformazione non sarebbe stato possibile il successo della bancassurance, e a sua volta la bancassurance si propose come strumento della trasformazione. La polizza vita fu riconfigurata come prodotto di investimento, perfettamente integrato nella gamma dei prodotti finanziari della banca, al pari dei fondi comuni.
Sotto il profilo culturale non si trattò di acquisire una competenza esterna, quella assicurativa, ma di evolvere verso una nuova competenza fondamentale per la banca stessa, la gestione del patrimonio finanziario dei clienti. E per fare questo gli istituti cambiarono radicalmente il modello di servizio, segmentando i clienti secondo criteri di consistenza patrimoniale (private, affluent, family) e creando i nuovi profili professionali dei gestori della relazione. Per dare una casa a queste nuove figure, le banche trasformarono anche struttura, contenuti e aspetto delle filiali, trasformandole attraverso profonde trasformazioni in luoghi aperti, ospitali, fatti per la conversazione. Oggi le banche fronteggiano una sfida simile.
C’è un vento nuovo che spira nel mercato, con intensità paragonabile all’evoluzione dei comportamenti finanziari negli anni 90, pur in una diversa direzione: verso i bisogni di sicurezza e benessere. Occorre saper rispondere a questa domanda se si vuole riconquistare centralità nella vita delle famiglie e delle imprese. In questo contesto la bancassurance di protezione può contribuire in modo determinante ad aprire una nuova fase di sviluppo delle banche.

Ma ciò comporta una triplice trasformazione. Anzitutto nell’idea di business della banca: dall’impresa che gestisce il risparmio ed eroga credito a quella che offre sicurezza e benessere ai clienti. Per le persone: occupandosi dei valori fondamentali dell’economia familiare come la salute, la continuità del reddito, la successione, la protezione del patrimonio, oltre alla gestione del risparmio. Per le aziende: garantendo la continuità del business con il credito e con la copertura assicurativa dei rischi, e aiutandole a valorizzare il capitale umano con i servizi di welfare aziendale. La seconda trasformazione riguarda l’offerta. I prodotti modulari sono solo l’inizio.
Per superare la distanza tra le esigenze dei clienti e le soluzioni assicurative occorre che le piattaforme di product management si basino sulla classificazione analitica dei bisogni e sulla correlazione dei bisogni con i profili e con gli stili di vita dei clienti. Ma la trasformazione più importante riguarda il modello distributivo. Come integrare in rete le nuove competenze? Alcuni istituti hanno scelto di sviluppare nuove figure di specialisti della protezione assicurativa da inserire nelle filiali. Certamente è una scelta efficace a breve termine, poiché permette di potenziare l’offerta senza cambiare il modello generale.
Ma per valorizzare pienamente le capacità di offerta delle banche ci attendiamo ulteriori evoluzioni: una segmentazione che superi la logica meramente patrimoniale degli anni 90 per abbracciare viste compiutamente comportamentali e una organizzazione del servizio per aree di bisogno dei clienti piuttosto che per filiere di prodotto. (riproduzione riservata)

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