Sono i nuovi dati «a rischio dormienza» segnalati all’Ivass dalle Assicurazioni. Si tratta di contratti scaduti nel quinquennio 2001-2006. In ballo 10 milioni di codici fiscali. Già emersi 3,5 mld. Le compagnie chiedono un accesso diretto all’Anagrafe
di Anna Messia

Altri 3 milioni di codici fiscali, che corrispondono almeno ad altrettanti contratti assicurativi, sono venuti alla luce. Dati su cui l’Ivass lavorerà ora per scovare nuove polizze vita dormienti. Le informazioni sono state recapitate nei giorni scorsi all’authority guidata dal direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, dalle compagnie di assicurazioni e sono il frutto dell’indagine che punta a restituire ai legittimi beneficiari risparmi bloccati da oltre 10 anni nelle polizze, mai stati richiesti dagli eredi. Denari spesso dimenticati o mai richiesti dai proprietari perché inconsapevoli dell’esistenza di quelle polizze e si tratta di cifre enormi considerando che, in poco più di un anno e mezzo, sono già stati restituiti ai legittimi proprietari circa 3,5 miliardi di euro, che riguardano più di 187 mila polizze. In particolare, come puntualizzato ieri durante in convegno sul tema organizzato dall’Ivass presentato dal consigliere Riccardo Cesari, da una prima indagine, che riguardava contratti scaduti tra il 2012 e il 2016, sono emersi 7 milioni di codici fiscali di clienti «a rischio dormienza».

Lavorando su quelle informazioni, grazie alla collaborazione dell’Agenzia delle Entrate e delle compagnie, sono stati risvegliate appunto circa 190 mila polizze, per un totale di 3,5 miliardi. Ma su quella prima tranche resta ancora molto da fare perché da passare al setaccio ci sono ancora poco più di 900 mila polizze cui fanno capo quasi 29 miliardi di euro. Nel frattempo però l’autorità guidata da Rossi ha richiesto alle imprese di inviare anche ulteriori codici fiscali relativi ad una seconda tranche, quella di polizze scadute nel quinquennio 2001-2006 e il risultato è arrivato appunto nei giorni scorsi con la consegna di altri 3 milioni di codici fiscali che sono a rischio di essere coinvolti in casi di polizze dormenti. In questo modo l’indagine avviata dall’istituto di controllo è arrivata a coprire quasi 16 anni di possibile dormienza, filtrando i dati di circa 10 milioni di codici fiscali (escluse ovviamente eventuali sovrapposizioni tra la prima e la seconda tranche). Finora delle 187 mila polizze risvegliate circa il 62% sono relative a prodotti di risparmio giunti a scadenza, per un importo complessivo di 1,5 miliardi, che gli stessi contraenti hanno trascurato di riscuotere e che le imprese, impropriamente, hanno lasciato in stato di dormienza.

Il restante 38% è invece relativo ad assicurati deceduti, per un ammontare di circa 2 miliardi, che non sono mai stati reclamati dai legittimi proprietari. Tra queste ultime più di 30 mila polizze, per un totale di circa 1,7 miliardi, sono relative a contratti a vita intera, ovvero polizze che non hanno una scadenza definita e si concludono con il riscatto o la liquidazione della prestazione per il decesso dell’assicurato. Ora si riparte con questa nuova indagine e del resto anche le compagnie di assicurazione hanno interesse a far emerge quei capitali che sono potenzialmente reinvestitibili in altre polizze vita. In assenza di richieste da parte dei legittimi proprietari le risorse confluiscono automaticamente nel fondo rapporti dormienti istituito presso la Consap. Meglio quindi tentare di mantenere quei risparmi all’interno del sistema assicurativo e l’Ivass e le imprese, come ribadito ieri dal responsabile Vita dell’Ania, Luigi Di Falco, chiedono da tempo un intervento al legislatore che possa consentire alle assicurazioni di consultare l’anagrafe pubblica, velocizzando i tempi e le procedure per tentare di risvegliare le polizze dormienti. In Francia una campagna simile a quella italiana ha consentito di far riemergere capitale per circa 5 miliardi di euro. Cifra che sembra decisamente a portata di mano anche per l’Italia. (riproduzione riservata)

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