di Maurizio Bufi*
A ogni Giornata del Risparmio si celebrano le capacità degli italiani di mettere da parte risorse finanziarie e di come queste dovrebbero essere meglio utilizzate. In particolare, l’accumulazione, proseguita anche nell’ultima crisi che ha colpito l’Italia, si accompagna alla difficoltà di tramutare i risparmi in investimenti a condizioni vantaggiose e competitive. In proposito si sono di recente alzate autorevoli critiche sull’alto costo di gestione sostenuto dal risparmiatore. I primi a essere chiamati in causa sono banche, sportelli postali, compagnie di assicurazione, tutti accomunati da politiche dell’offerta assai onerose per la clientela. Tra i gestori professionali del risparmio ci sono anche i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, ex promotori, ai quali, tramite le società di investimento, le famiglie italiane affidano quasi il 15% del patrimonio. Nei confronti della promozione e della consulenza finanziaria occorre però sfatare e contrastare antichi pregiudizi. È plausibile che in un mercato ancora in forte sviluppo i costi siano in media alti, ma tendono a ridursi con il tempo a causa della concorrenza, della spinta alla trasparenza e alla restrizione dei margini, tipica di un settore che comincia a entrare nella maturità. Intendiamoci, se a fronte degli elevati costi che il sistema fa gravare sulla clientela non c’è un servizio professionale la critica è condivisibile. Ma sbaglia bersaglio quando include la consulenza.

Il costo della consulenza, alto o basso rispetto agli standard nazionali e internazionali, si misura dall’efficacia del servizio reso, in termini di raccomandazioni personalizzate su singoli strumenti o prodotti finanziari. Tutela e conservazione del patrimonio, diversificazione e asset allocation, rendimento atteso coerente con la tollerabilità delle perdite, ricognizione dei rischi compresi quelli estremi, assistenza e monitoraggio sono le caratteristiche principali di un’attività di consulenza. Quest’ultima è stata garanzia e tutela del risparmio da azioni di mera vendita, il più delle volte in conflitto di interessi, fino alle azioni di mis-selling che hanno bruciato ingenti volumi di risparmio e ridotto il contribuente al ruolo di bancomat.
Un po’ di storia recente può essere utile. A partire dagli anni 80 si è affermata anche in Italia una cornice normativa di stampo europeo, che ha favorito prima la nascita e poi lo sviluppo sul mercato di nuovi strumenti finanziari, tipici di una finanza moderna, nonché di operatori specializzati nella gestione di quell’imponente stock di risparmio. Le stesse banche, soprattutto le grandi, abbracciando il modello di banca universale, oltre a concedere crediti hanno cominciato a canalizzare verso strumenti più redditizi per la banca stessa il risparmio depositato nelle rispettive filiali.

La crisi scoppiata nel 2008, di cui tutt’ora si scontano le conseguenze, è stata uno spartiacque, un prima ed un dopo: alcuni operatori a maggior vocazione commerciale hanno sviluppato presidi di assistenza alla clientela, però in un’ottica di prodotto e non di servizio. Altre hanno tosato il cliente, molte volte a sua insaputa. C’è un conclamato problema di redditività delle banche, accentuato da sofferenze, tassi a zero e prolungarsi della crisi, che rischia di scaricarsi soprattutto sulla clientela al dettaglio.

Quanti correntisti, depositanti, obbligazionisti, azionisti non avrebbero subito perdite rilevanti nei rispettivi patrimoni se avessero avuto al loro fianco o si fossero rivolti a un consulente finanziario? Una soluzione sarebbe l’adozione di modelli di business orientati alla gestione professionale del risparmio, che però il sistema bancario nel suo insieme non può garantire. Viceversa, nelle migliori best practice di mercato, è proprio il consulente che adotta un approccio improntato al ciclo di vita del risparmiatore e della famiglia, o dell’imprenditore e dell’azienda, abbracciando tutte le sfere in cui si dipana una consulenza, non disgiunta dal collocamento di prodotti finanziari.

Gestione ottimale del debito, protezione del reddito, di cose e persone, accensione di riserve per gli imprevisti, investimenti veri e propri, previdenza, passaggi generazionali, fiscalità sono i capisaldi su cui si basa una sana ed efficiente gestione del risparmio. Sarà sempre più su queste attività che il consulente sarà pagato. Proviamo a rendere merito a professionisti che nella consulenza hanno investito, almeno da quando esiste l’Albo pubblico, e non hanno mai smesso di crederci. (riproduzione riservata)
*presidente, Anasf
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