di Stefano Loconte e Daria Pastorizia

Più ampio e diversificato il portafoglio offerto agli investitori Pir (Piani individuali di risparmio) per favorire la crescita delle pmi. La bozza del disegno di legge di Bilancio 2018 estende il novero degli strumenti finanziari qualificati su cui può investire il fondo anche ai titoli emessi da società immobiliari. L’art. 11 del ddl interviene sull’articolo 1, comma 102, della legge n. 232/2016 (legge di Bilancio 2017) che, fino ad oggi, esclude tra gli investimenti qualificati rilevanti ai fini Pir quelli nelle società che si occupano di real estate.

Influendo sulla composizione degli strumenti finanziari e modificando il vincoli di composizione del portafoglio e delle tipologie di investimento previsti dalla norma che lo scorso anno ha introdotto i Pir, la novella prevederebbe che a formare l’investimento qualificato concorrano gli strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese residenti, ai fini delle imposte sui redditi, nel territorio dello Stato oppure, nel caso in cui siano residenti, ai fini delle imposte sui redditi, in Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo, hanno una stabile organizzazione nel territorio medesimo, senza più alcuna esclusione per le imprese che svolgano attività immobiliare.

L’intento della manovra emerge chiaro dalla relazione tecnica al decreto: ampliare il raggio d’azione dello speciale regime fiscale agevolativo previsto per i Pir per offrire nuove opportunità di crescita per l’Italia; e non è un caso che la norma sia contenuta proprio nel pacchetto dedicato alle misure di finanza per la crescita.

In caso di approvazione della misura, i nuovi contenitori di strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi, polizze, conto corrente), introdotti dal legislatore per offrire maggiori opportunità di rendimento alle famiglie, accrescere le opportunità delle imprese di acquisire risorse finanziarie per investimenti a lungo termine e favorire lo sviluppo dei mercati finanziari nazionali, diventerebbero anche strumenti di agevolazione e attrazione degli investimenti sul comparto real estate, offrendo così un importante contributo alla liquidità del settore quotato (le società immobiliari aderenti al regime Siiq sono attualmente quattro).

Secondo le prime stime, in questo modo il real estate potrebbe raccogliere 500-800 milioni di euro già il primo anno e la diversificazione del portafoglio degli strumenti d’investimento potrebbe servire anche a ridurre il rischio di una bolla finanziaria, dovuta alla lunga vita dei Pir (almeno cinque anni) e al ridotto numero di società su cui investire.

Come noto, gli investimenti Pir effettuati da persone fisiche residenti in Italia, se detenuti per almeno 5 anni, sono esenti dalle imposte sugli eventuali redditi di natura finanziaria. Tuttavia, non sono pochi i vincoli qualitativi e quantitativi imposti dal legislatore per fruire di tale agevolazione fiscale.

Il ministero dell’economia, con le linee guida pubblicate lo scorso 4 ottobre, aveva tentato di sciogliere le questioni sollevate dalle associazioni di categoria. Uno sguardo particolare era stato riservato proprio al delicato tema dell’identificazione degli investimenti qualificati da parte dei fondi.

Le Finanze avevano chiarito che l’investimento è qualificato quando è composto da un insieme di strumenti finanziari qualificati che rispetta alcuni vincoli di investimento e di composizione.

In particolare, illustrando l’attuale formulazione della norma, veniva precisato che per beneficiare dello speciale regime fiscale previsto per i Piani individuali di risparmio, in ciascun anno solare di durata del piano e per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine dovessero essere investiti per almeno il 70% del valore complessivo in strumenti finanziari qualificati ovvero in titoli, azionari e obbligazionari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, residenti nel territorio dello Stato, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni in Italia.

Veniva chiarito, inoltre, che solo su questa parte d’investimento qualificato, ossia quella del 70% dell’investimento complessivo, vige uno speciale vincolo di composizione: almeno il 30% del portafoglio (ovvero il 21% dell’investimento complessivo) deve essere costituito da titoli emessi da imprese non inserite nell’indice Ftse Mib o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, in altri termini emessi da società a media e bassa capitalizzazione

Ebbene, la bozza della legge di Bilancio 2018 mescola le carte, prevedendo che nel 70% delle risorse destinate al Pir, su cui grava il vincolo di composizione, sarà possibile anche immettere strumenti finanziari di imprese che svolgono attività immobiliare, ovvero quelle il cui patrimonio risulti costituito prevalentemente da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio di impresa.

In caso di mancata approvazione della misura contenuta nella bozza del ddl, gli strumenti finanziari emessi o stipulati dalle imprese di real estate potranno comunque continuare a concorrere alla formazione del cd. investimento Pir compliant solo per la restante parte del 30%, in quanto considerati dalla legge 232/2016 privi dei requisiti per poter essere identificati come qualificati, al pari di quelli emessi o stipulati con imprese non radicate in Italia e, quindi, quelle che sono residenti nell’Unione europea o nello Spazio economico europeo ma senza una stabile organizzazione in Italia e quelle residenti in un Paese che consente lo scambio di informazioni.
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