Asili nido, corsi e assicurazioni tra i voucher a scelta
di Enrico Sbandi

Il 2018 si presenta come un anno promettente per lo sviluppo dei servizi di welfare innovativo e complementare. La previsione nasce dalla scelta del governo di detassare i premi di produttività fino al tetto di 4 mila euro, a condizione che il dipendente scelga di ricevere la somma sotto forma di voucher da convertire in servizi di welfare: per esempio asili nido, assistenza per i bambini più piccoli o per gli anziani, scuola materna, assistenza medica, servizi di smart working, previdenza integrativi o servizi complementari all’assistenza sanitaria.

Ma anche agevolazioni per il tempo libero, borse di studio per i figli a carico, oppure corsi di formazione. È una delle disposizioni previste nel disegno di legge di Bilancio 2018, che va nella direzione di limare, anche se solo parzialmente, il cuneo fiscale, andando a incidere positivamente proprio sul parametro della produttività, considerato uno dei principali gap del nostro paese. Per il dipendente che volesse il bonus in tasca come denaro sonante, l’alternativa c’è ed è comunque vantaggiosa: sull’ammontare è previsto il prelievo fiscale secco del 10% (non seguendo quindi il meccanismo tradizionale degli scaglioni di reddito da applicare al calcolo dell’Irpef), sempre entro il tetto massimo dei 4 mila euro.

La soluzione completamente detassata, quella che tramuta il denaro in servizi di welfare, oltre che un vantaggio concreto, nel dare maggiore valore alla somma guadagnata attraverso l’azzeramento del prelievo fiscale, presenta un approccio innovativo sotto il profilo culturale, e su un duplice piano: da un lato si va in direzione di affidare a organizzazioni private servizi tradizionalmente sempre erogati, con altalenante efficienza, dallo Stato; il secondo aspetto riguarda il passaggio dall’attenzione generalista connessa ad un welfare non pensato per categorie specifiche, alla possibilità, incentivando il welfare aziendale, di puntare in maniera più diretta ed efficace al benessere del lavoratore e del suo nucleo familiare.

La scelta per il prossimo anno è operata in continuità con le due più recenti leggi di bilancio, che vanno a completare un triennio finanziato con 483 milioni di euro per il 2016, e 520 l’anno per 2017 e 2018. All’agevolazione sul premio di produttività andrà ad affiancarsi il cosiddetto «bonus trasporti», per i lavoratori dipendenti, misura di nuova introduzione che, intervenendo sugli articoli 12 e 51 del Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), esclude dall’imponibile le spese sostenute dal dipendente per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, estendibile ai familiari (purché abbiano reddito al di sotto del limite stabilito dal comma 2 dell’art. 2 Tuir). Il tetto, in questo caso, è di 250 euro.

Gli obiettivi da raggiungere affinché scatti il bonus vengono definiti nell’ambito della contrattazione aziendale o territoriale. E su questa materia è interessante l’esempio di quanto maturato, per il premio di risultato 2017, per i lavoratori della rete di grande distribuzione Esselunga, che è andata ad aprire una nuova strada in un comparto, come la gdo, segnato da conflittualità, crisi aziendali e con il rinnovo del contratto collettivo di lavoro al palo da svariati anni.

Significativo nell’accordo raggiunto la scorsa primavera fra Esselunga e le sigle di categoria dei lavoratori Cgil, Cisl e Uil (rispettivamente Filcams, Fisascat e Uiltucs) è il numero di dipendenti coinvolti nell’operazione, circa 22.500, che costituisce una massa critica importante per la contrattazione di servizi di welfare. L’azienda, tradizionalmente caratterizzata da un buon livello di attenzione verso la propria forza lavoro, ha realizzato un paniere di servizi che può fare da esempio: dalla mensa aziendale al contributo alle spese per l’educazione dei figli (come rette, libri di testo, trasporti scolastici e borse di studio), oltre a un ventaglio di soluzioni rivolte a chi non ha prole.
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