di Giuliano Cazzola

Agli italiani «umiliati e offesi» raccontano che se i valenti «difensori della fede» non riusciranno a bloccare il perverso meccanismo di adeguamento periodico dell’età pensionabile all’attesa di vita, tutti saranno costretti ad andare in quiescenza a 67 anni a partire dal 2019.

Contro la demagogia in cui, sotto elezioni, gareggiano, senza eccezione alcuna, le forze politiche è intervenuto il presidente dell’Inps Tito Boeri, saldamente impegnato in una battaglia contro il cupio dissolvi del sistema previdenziale. In un’intervista rilasciata a Roberto Mania su la Repubblica del 27 ottobre, Boeri afferma chiaramente che «c’è una sola ragione per non adeguare l’età pensionabile alla speranza di vita: la prossima campagna elettorale». E aggiunge, inascoltato, che «se non si facesse l’adeguamento a 67 anni adesso e lo si facesse nel 2021, come prevede la clausola di salvaguardia della legge Fornero, senza più aggiornamenti successivi, da qui al 2040 la somma degli aggravi arriverebbe a 140 miliardi di euro».

Da persona competente il presidente dell’Inps infilza anche il luogo comune, da Bar Sport, secondo il quale il blocco dell’aggancio automatico andrebbe tutto a vantaggio dei giovani. «Ciò potrebbe provocare», sostiene Boeri, «un forte aggravio dei costi del servizio del debito pubblico e un conseguente aumento dello spread». E un punto in più di tasso d’interesse sui nostri titoli di Stato», prosegue Boeri , «costa circa 2 miliardi di euro all’anno ovvero «cinque volte le risorse destinate alla decontribuzione l’anno prossimo in una manovra che dovrebbe finalmente guardare ai giovani».

Quanto ai fatidici 67 anni di età per il pensionamento, Tito Boeri conferma ex cathedra che si tratta di una leggenda metropolitana (la definizione è nostra): «Oggi la vita lavorativa media in Italia è di 31 anni, contro i 37 della media europea. L’età effettiva di pensionamento», aggiunge, «è da noi poco superiore ai 62 anni. Quindi di fatto stiamo alzando l’età a 62 anni e cinque mesi». Se non lo si facesse «saranno i giovani a dover andare in pensione a 75 anni o ancor più in là». Con buona pace di chi si prodiga a difenderli. A parole.

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