Nel caso di lesioni di non lieve entità e, dunque, al di fuori dell’ambito applicativo delle lesioni micro permanenti, il danno morale costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale da tenere distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico relazionali di cui all’art. 138 d.lgs. n. 209 del 2005, con la conseguenza che va risarcito autonomamente.

La terza sezione civile della Corte di Cassazione,  con riferimento al risarcimento del danno da sofferenza per un soggetto che a seguito di un sinistro stradale resta ferito ma che in seguito muoia per altre cause, ha affermato il seguente principio di diritto: “Nell’adeguamento personalizzato del risarcimento per il danno non patrimoniale, il Giudice di merito non potrà limitarsi a liquidare la  componente “sofferenza soggettiva”, cumulativamente al danno cd. biologico, mediante applicazione automatica di una quota proporzionale (di regola pari ad 1/3) del valore del danno biologico; né tanto meno risulta congrua la applicazione, anche questa automatica, di una riduzione dell’importo, come sopra calcolato, corrispondente a quella del danno biologico commisurato alla durata della vita effettiva del danneggiato (anziché alla aspettativa di vita rilevata in base agli indicatori demografici elaborati dall’ISTAT ed assunti nel calcolo tabellare del danno biologico), ma dovrà preliminarmente verificare se e come tale specifica componente del danno non patrimoniale sia stata allegata e provata dal soggetto che ha azionato la pretesa risarcitoria, provvedendo successivamente -in caso di esito positivo della verifica – ad adeguare la misura della reintegrazione del danno non patrimoniale, indicando il criterio di “personalizzazione” nella specie adottato, che dovrà risultare coerente logicamente con gli elementi circostanziali ritenuti rilevanti ad esprimere la intensità e la durata della sofferenza psichica”. 

Cassazione civile sez. III, 13/10/2017 n. 24075