di Stefania Peveraro
È arrivata con una ricca lista di richieste la delegazione della neonata Assofintech ieri a Roma all’audizione alla commissione Finanze della Camera nell’ambito della serie di incontri con i rappresentanti del settore iniziata lo scorso settembre. Alessandro Lerro, presidente di Assofintech, ha portato l’attenzione dei deputati su temi molto operativi. In primo luogo è stato chiesto che le piattaforme di equity crowdfunding possano intermediare anche strumenti di debito e non solo quote azionarie, con l’accortezza però che nel caso del debito gli investitori ammessi a operare siano quelli professionali, al pari di quelli abilitati a investire in minibond sull’ExtraMot Pro.

Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, questa ipotesi è già stata discussa informalmente anche con Consob. Sul tema dei prestiti di privati alle imprese, poi, Lerro ha sottolineato che non ha senso che interessi e capital gain derivanti da investimenti in prestiti siano tassati come reddito personale in aliquota marginale e non come reddito da capitale con l’aliquota del 26%. Così come non si capisce perché gli interessi passivi pagati dalle imprese a fronte di finanziamenti ottenuti da banche e fondi o tramite emissione di bond possano essere dedotti sino al 30% dell’ebitda, mentre se questi finanziamenti sono stati erogati da privati gli interessi passivi non possono essere dedotti. Sempre in tema di lending, Assofintech ha chiesto che anche per i prestiti erogati da privati possa essere fatto ricorso al Fondo di Garanzia delle pmi, come previsto per banche e fondi di private debt.

Particolare attenzione è stata data poi al concetto di sandbox, visto che nel Regno Unito e in molti altri Paesi sono previste deroghe normative per le startup che ne facciano richiesta per testare per un periodo limitato i prodotti e servizi in un ambiente protetto, senza dover effettuare preventivamente importanti investimenti solo per adeguarsi alle norme. Infine l’associazione di categoria ha tenuto a sottolineare il suo appoggio alla risoluzione votata di recente dalla commissione Finanze della Camera e che impegna il governo a modificare la normativa in modo tale che i fondi Pir possano essere tali solo se investiranno il 3% dei loro asset in fondi che finanziano startup e pmi innovative e quindi, tipicamente, in fondi di venture capital. Tuttavia Assofintech ha proposto di eliminare la parola «innovative» in modo da convogliare su tutte le pmi non quotate più risorse dei Pir. (riproduzione riservata)
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