Se dal punto di vista tecnico non è proponibile l’abolizione dell’adeguamento automatico dei requisiti di pensionamento alla speranza di vita, dal punto di vista più strettamente sociale, pur restando assolutamente valido il principio del perseguimento di un equilibrio attuariale, appare ragionevole trovare meccanismi più sostenibili e sopportabili.

Con queste considerazioni l’Ordine degli Attuari ha ritenuto di intervenire nel dibattito sull’adeguamento dei requisiti pensionistici al variare dell’aspettativa di vita, e sull’eventuale individuazione delle categorie di lavoratori cui riservare un particolare trattamento in relazione all’attività svolta, perché vengono toccati aspetti che coinvolgono da sempre la professione attuariale.

La pensione di base è determinata con un sistema di tipo contributivo: viene calcolata su una somma definita in funzione dei contributi versati dal lavoratore, rivalutati sulla base del Pil (variazione media quinquennale) e quindi trasformati in rendita attraverso un coefficiente di trasformazione che tiene conto sia del numero medio di rate di pensione che si ipotizza saranno pagate in relazione all’aspettativa di vita sia di un tasso di sconto. Secondo le attuali regole, entrambi gli elementi che intervengono nel calcolo della pensione e che coinvolgono l’aspettativa di vita (coefficiente di trasformazione ed età pensionabile) sono aggiornati sulla base delle modifiche dell’aspettativa di vita stessa: ogni tre anni fino al 2019 e successivamente ogni due. L’aggiornamento viene fatto sulla base dei miglioramenti registrati sulla mortalità della popolazione italiana nel triennio/biennio precedente.

Aggiornare il coefficiente è necessario, sottolinea l’Ordine degli Attuari, per  garantire un equilibrio tra i contributi versati e la pensione erogata in capo al singolo lavoratore; aggiornare l’età pensionabile è altrettanto necessario per non aggravare l’equilibrio del sistema finanziario a ripartizione su cui si basa la previdenza pubblica, nel quale i contributi raccolti risultano insufficienti al pagamento delle pensioni, tanto che per coprire la differenza deve intervenire lo Stato.

Sul piano meramente tecnico-economico non appare quindi percorribile una strada che elimini questo sistema di adeguamento in un Paese che è uno dei più longevi al mondo. Si possono tuttavia ragionevolmente ricercare, secondo l’Ordine degli Attuari, dei meccanismi che rendano l’adeguamento stesso più graduale e lineare. Una delle ipotesi è il recupero, attualmente non previsto, delle diminuzioni che si dovessero riscontrare nell’aspettativa di vita, eventualmente inserendo un correlato plafond per l’aumento dell’età pensionabile, argomenti in discussione peraltro proprio in questi giorni. Così come per gli Attuari, appare auspicabile ragionare, oltre che sui criteri che consentano di individuare i lavori usuranti, anche su eventuali ulteriori parametri oggettivi che coinvolgano altri aspetti in grado di influenzare seriamente sia l’anticipazione del trattamento pensionistico sia eventuali agevolazioni sotto il profilo dell’adeguamento all’aspettativa di vita.

Circa l’analisi dell’aspettativa di vita per particolari categorie di lavoratori, possibile solo se si dispone di dati  sufficienti in qualità e quantità, l’Ordine degli Attuari condivide la proposta di istituire un’apposita Commissione, di cui ritiene che i rappresentanti della professione attuariale debbano far parte, visto che da anni si occupano di questi temi. In particolare gli Attuari pubblicano periodicamente lo “Studio sulla sopravvivenza media dei percettori di rendita”. Nell’edizione 2016, l’ultima, si faceva riferimento a un uomo e una donna che abbiano raggiunto i 65 anni, con una proiezione fino al 2040: la stima ha previsto che a quella data l’aspettativa di vita sarà di 88 anni per gli uomini e 92 per le donne. Lo studio è basato su rigorosi e certificati metodi attuariali deterministici e stocastici (l’integrale pubblicazione con i relativi risultati è disponibile sul sito www.ordineattuari.it) ed è coordinato da un gruppo di lavoro dell’Ordine degli Attuari, cui partecipano peraltro tutti gli interlocutori istituzionali e privati, nonché le Autorità di Vigilanza, interessati a una materia tanto importante. Nell’ultima edizione gli Attuari hanno già applicato i modelli simulativi a specifici gruppi: grazie alla disponibilità di dati in alcuni settori, è stata infatti stimata l’aspettativa di vita fino al 2040 di alcune gestioni pensionistiche. Lo studio è stato messo a disposizione di tutti ed è stato elaborato con il preciso e prioritario scopo di fornire un servizio al Paese, in piena sintonia con il valore sociale delle professioni regolamentate. Quella attuariale, nata nel 1942, prevede un esame di Stato, un Albo e precise linee guida in tutti i settori di attività professionale, incluso quello previdenziale.

Per tali ragioni l’Ordine degli Attuari ha già espresso formalmente la richiesta di far parte a pieno titolo della Commissione, qualora venga istituita; e comunque che gli Attuari vengano consultati come “esperti della materia”, in quanto unici professionisti che dispongono delle conoscenze, dell’esperienza e degli strumenti matematici necessari per valutare l’incertezza quando essa è quantificabile: proprio il caso del dibattito in corso sull’età pensionabile.